Ddl femminicidio, la maggioranza riscrive il reato: punirà solo chi uccide una donna per reazione a un “rifiuto”

  • Postato il 25 giugno 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La maggioranza riscrive il reato di femminicidio. Durante l’esame in Commissione Giustizia al Senato, le relatrici al ddl varato dal governo – la presidente Giulia Bongiorno, della Lega, e Susanna Campione di Fratelli d’Italia – hanno presentato un emendamento che modifica in profondità la nuova fattispecie introdotta nel codice penale, riducendone il campo di applicazione. Nel testo uscito a marzo dal Consiglio dei ministri, infatti, si prevede che l’articolo 577-bis punisca con l’ergastolo chi uccide una donna “come atto di discriminazione o di odio” verso la vittima “in quanto donna”, oppure “per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità“. Con l’emendamento delle relatrici, quest’ultima espressione sparisce e viene sostituita da un riferimento molto più preciso: il nuovo reato si applica quando l’assassinio è “conseguenza del rifiuto” della donna “di stabilire o mantenere una relazione affettiva ovvero di subire una condizione di soggezione o comunque una limitazione delle sue libertà individuali, imposta o pretesa in ragione della sua condizione di donna”. La stessa modifica viene apportata alle varie aggravanti previste dal provvedimento per altri reati (ad esempio maltrattamenti in famiglia, lesioni, stalking).

L’emendamento, voluto dal governo, va incontro alle critiche espresse in audizione dagli addetti ai lavori sull’eccessiva indeterminatezza del reato. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi, pm esperto in violenza di genere, aveva avvertito della difficoltà giuridica di “fornire una prova adeguata” di un aspetto psicologico complesso come la volontà di soffocare la libertà di una donna. Mentre il professor Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale all’Università Statale di Milano, aveva denunciato come “i margini della fattispecie” fossero “eccessivamente ampi e non sufficientemente definiti”, tanto da offrire alle difese “molti appigli per evitare la condanna per femminicidio in favore di quella per omicidio” (che come pena base, senza aggravanti, ha 21 anni). Proprio Gatta aveva suggerito di rendere la norma più specifica aggiungendo riferimenti a “ricorrenti motivi alla base dei femminicidi, frutto dell’osservazione criminologica”. La maggioranza però ha scelto di sostituire quasi completamente il testo, rischiando così di renderlo inapplicabile ai casi in cui il femminicidio non è riconducibile a un “rifiuto” della vittima: un esempio può essere la vicenda di Giulia Tramontano, uccisa nel Milanese dal fidanzato Alessandro Impagnatiello, appena condannato in Appello all’ergastolo per omicidio pluriaggravato.

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Il Fatto Quotidiano

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