Dazi Usa-Ue, l’intesa fantasma. Nessun testo congiunto: lo stallo su Big Tech e agroalimentare blocca l’accordo
- Postato il 19 agosto 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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L’Europa e gli Stati Uniti restano impantanati all’ultimo miglio dell’intesa tariffaria annunciata a fine luglio da Ursula von der Leyen e Donald Trump. Il testo della dichiarazione congiunta che dovrebbe formalizzare l’accordo è bloccato, come ricostruito dal Financial Times, da divergenze sulle cosiddette “barriere non tariffarie”: Washington insiste perché le regole digitali del blocco – in particolare il Digital Services Act, che obbliga le Big Tech a un controllo più stringente più severo su contenuti e algoritmi – restino nel perimetro dei negoziati. Bruxelles considera quella materia una linea rossa invalicabile. Risultato: l’intesa non è ancora stata firmata, anche se i dazi del 15% sulle merci Ue vengono regolarmente applicati. E i dati sui flussi commerciali transatlantici nel mese di giugno, quando per tutti era in vigore una tariffa del 10%, mostrano una netta frenata dell’export del Vecchio continente.
Oggi il portavoce della Commissione per il Commercio, Olof Gill, ha annunciato alla stampa che è stata recapitata a Washington con le dovute modifiche la bozza inviata dagli Usa prima di Ferragosto, “i contatti a livello politico tra il commissario Sefcovic e i suoi omologhi sono in corso” e “il lavoro continua”. Intanto sono passate più di tre settimane dall’accordo politico descritto da Trump come “il più grande di tutti i tempi”.
Il braccio di ferro ha effetti diretti sul capitolo più simbolico dell’intesa: la promessa riduzione dei dazi sulle auto europee importate negli Stati Uniti, dall’attuale 27,5% al 15%. La Commissione si attendeva un ordine esecutivo della Casa Bianca entro il 15 agosto, ma fonti statunitensi hanno chiarito al FT che qualsiasi modifica alle tariffe della Sezione 232 sarà rinviata fino alla firma della dichiarazione congiunta.
Restano poi aperti altri dossier delicati: Washington chiede tempi certi per un maggiore accesso al mercato europeo per prodotti agricoli e alimentari americani – dal pesce al ketchup, passando per biscotti, cacao e olio di soia – mentre Bruxelles deve ancora decidere come snellire le proprie procedure interne per ridurre la burocrazia agli importatori statunitensi. Sul tavolo anche il futuro delle tariffe su vino e liquori, che Francia e Italia spingono per eliminare ma su cui non si è ancora trovato un compromesso, e i dazi su acciaio, chip e semiconduttori, che Trump andando in Alaska per il summit con Vladimir Putin sull’Ucraina aveva annunciato per questa settimana.
Intanto, la fotografia dei flussi commerciali mostra un’Europa in difficoltà. Secondo Eurostat, a giugno 2025 il surplus commerciale dell’Ue con gli Stati Uniti si è dimezzato rispetto all’anno precedente: da 18,5 a 9,6 miliardi di euro. Le esportazioni europee verso il mercato americano sono scese del 10,3% a 40,2 miliardi, mentre le importazioni Usa nell’Ue sono balzate del 16,4% a 30,6 miliardi.
I settori più colpiti sono proprio quelli interessati dalle tariffe: il saldo positivo per macchinari e veicoli si è ridotto da 21,3 a 16,4 miliardi, quello della chimica è sceso da 19,1 a 14,3 miliardi e gli altri manufatti hanno registrato addirittura un ribaltamento da +1,9 miliardi a -1,4 miliardi. Nei dati destagionalizzati la tendenza è ancora più marcata: le esportazioni Ue verso i Paesi terzi sono calate del 2,3% rispetto a maggio, mentre le importazioni sono cresciute del 2,9%, con il saldo che è crollato da 12,7 a 1,8 miliardi.
L’accordo di massima con Washington stabilisce un tetto massimo del 15% per i dazi sulla maggior parte delle merci europee importate negli Usa, con alcune esenzioni già previste (parti di aeromobili, determinati farmaci e minerali critici). Ma molti analisti, dentro e fuori l’Ue, hanno notato che il bilancio per il blocco resta sbilanciato: da un lato tariffe più alte da digerire, dall’altro l’impegno ad aumentare le importazioni di energia americana e gli investimenti negli Stati Uniti per centinaia di miliardi.
In questo quadro, la tempistica è cruciale. Bruxelles voleva legare la firma della dichiarazione congiunta al vertice di Washington, dove con la presenza di Volodymyr Zelensky e il dossier Ucraina in primo piano sperava maturasse l’occasione di un’intesa complessiva. Ma non risulta che alla Casa Bianca se ne sia parlato. “L’ultimo miglio è sempre il più difficile”, ha ammesso il portavoce della Commissione Olof Gill. Ma intanto la frattura commerciale si allarga e il rischio è che a pagare il conto siano le imprese europee più esposte al mercato americano.
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