Dazi USA al 30%: stangata da 4,2 miliardi sulle famiglie italiane
- Postato il 14 luglio 2025
- Di Panorama
- 3 Visualizzazioni


Una stangata da 4.2 miliardi di euro sulle famiglie. Ecco cosa potrebbero significare (stima del Condacons) i dazi al 30% americani sui prodotti europei. Un incremento del costo della vita, a partire dai beni di consumo, ma anche sui mutui (che avevano da poco ricominciato a scendere). E l’Europa? Per ora (oggi riunione dei 27) niente pugno di ferro. Con la Francia più agguerrita e la Germania più prudente Bruxelles al momento congela le rappresaglie commerciali e sembra prendere la strada del “doppio binario” (diplomazia e contromisure) e non del bazooka.
Dazi Usa al 30% sull’Europa: rischio stangata da 4,2 miliardi per le famiglie italiane e rischio sui mutui
Secondo il Codacons, i nuovi dazi americani potrebbero innescare un aumento dell’inflazione dello 0,5% in Italia, portando a un aumento della spesa complessiva delle famiglie per 4,23 miliardi di euro a parità di consumi. Particolarmente colpito il settore alimentare: un aumento dei prezzi al dettaglio del +1% su cibi e bevande importati potrebbe gravare sulle famiglie italiane per 1,62 miliardi di euro in più all’anno.
I dazi rischiano inoltre di far lievitare i prezzi di beni simbolo americani: jeans Usa fino a +36 euro al paio, snack e burro d’arachidi con rincari medi del 30%. A fronte di questi aumenti, alcuni settori, come il lusso, potrebbero risentire meno degli effetti dei dazi, ma comparti come meccanica e agroalimentare subirebbero pesanti contraccolpi.
Sul fronte mutui, gli effetti sono più complessi: se l’impatto principale sarà un freno alla crescita economica, la Bce potrebbe ridurre i tassi d’interesse per stimolare l’economia, favorendo una riduzione dell’Euribor e dell’Irs. Per chi ha un mutuo variabile o sta valutando un nuovo mutuo, potrebbe quindi esserci un sollievo sul costo delle rate. Tuttavia, se l’Europa decidesse di rispondere con contromisure tariffarie, l’innesco di inflazione potrebbe costringere la Bce a rivedere la rotta, aumentando i tassi e penalizzando le famiglie di nuovo sui mutui.
Come risponderà l’Europa: tra congelamento dei controdazi e pressioni francesi
Per ora, l’Europa ha scelto di non reagire con il pugno di ferro, congelando le contromisure e lasciando aperto uno spiraglio per il negoziato con Washington. La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha confermato l’estensione della sospensione delle rappresaglie fino a inizio agosto, con l’obiettivo di “usare al meglio il tempo per una soluzione negoziata”. Allo stesso tempo, Bruxelles ha pronto un pacchetto di controdazi da 21 miliardi di euro contro le misure su acciaio e alluminio, e un secondo pacchetto da 72 miliardi in risposta a dazi universali, pronti a colpire un ampio ventaglio di prodotti americani, dal bourbon alle aragoste. Ma l’Unione Europea non è tutta unita, sulla stessa lunghezza d’onda. Francia e Germania mostrano differenze strategiche. Il presidente francese Emmanuel Macron ha invocato l’attivazione del Meccanismo anti-coercizione, strumento che consente all’Ue di reagire con misure rapide e proporzionate a pressioni economiche esterne, compresi dazi e restrizioni su investimenti. Macron spinge per “contromisure credibili”, evocando anche la possibilità di colpire le Big Tech Usa.
La Germania, più esposta all’export verso gli Usa, mantiene una linea più prudente. Berlino invita alla cautela per tutelare comparti strategici come automotive, chimica e farmaceutica, consapevole che una guerra commerciale potrebbe costare posti di lavoro e competitività all’industria tedesca.
La partita resta aperta: nelle prossime settimane, l’Ue dovrà decidere se confermare il congelamento delle contromisure o procedere con una risposta mirata. Da un lato, c’è il rischio di un’escalation che alimenterebbe l’inflazione e danneggerebbe famiglie e imprese europee; dall’altro, la necessità di difendere l’industria continentale da una stretta commerciale che minaccia l’export e la crescita. La guerra dei dazi tra Usa e Ue si prepara a entrare in una fase decisiva, con i consumatori europei che rischiano di pagarne il prezzo più alto.