Dazi, così l’India è diventata il 2° importatore di petrolio russo dopo la Cina. “E vende il greggio raffinato ai paesi che sanzionano Mosca”
- Postato il 8 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Tacciata da Trump di finanziare la macchina bellica russa attraverso l’acquisto di energia da Mosca, l’India è diventata due giorni fa il primo Paese a essere colpito da dazi addizionali imposti dal presidente americano per la vicinanza commerciale alla Federazione. Dall’avvio del conflitto nel 2022, Mosca ha fornito all’India a prezzi bassissimi il suo greggio; da allora le esportazioni via mare non hanno fatto altro che aumentare fino a che l’India non è diventata, dopo la Cina, la seconda importatrice di oro nero russo.
Ma non è tutta colpa di Mosca. Ancor prima delle transazioni energetiche, tra americani e indiani i rapporti si erano incrinati per la deriva dei colloqui commerciali tra la squadra di New Delhi e quella di Washington che, come richiesto da Trump, aveva il compito di colmare un deficit commerciale di 44 miliardi. Arenati i negoziati, con le sue solite lettere maiuscole sui social a mimare pugni sbattuti sul tavolo, il presidente americano ha annunciato che l’India sarebbe stata colpita da ulteriori dazi al 25% – rispetto a quelli già annunciati per tutti dello stesso calibro. Ora, se Mosca non scenderà a patti con Washington per i negoziati, le sanzioni secondarie Usa contro le sue partner commerciali potrebbero far lievitare le aliquote al 100%.
Prima erano Iraq ed Arabia Saudita a riempire i depositi indiani. Poi le sanzioni anti-russe emesse dall’Occidente hanno fatto crollare il prezzo dell’energia del Cremlino che ha furbescamente offerto i suoi prodotti energetici alla nazione più popolosa al mondo a prezzi ridottissimi. “Poco prima dell’inizio della guerra, il greggio proveniente dalla Russia rappresentava lo 0,2% delle importazioni indiane. A maggio 2023, la Russia vendeva all’India più di due milioni di barili di greggio al giorno, pari a circa il 45% delle sue importazioni” ha calcolato il New York Times.
Oggi da Mosca arriva il 36% delle importazioni totali di petrolio: la Russia è ormai il principale fornitore di energia del Paese ed è un flusso commerciale di cui beneficiano entrambe le capitali. Avvicinarsi al Cremlino mentre il mondo chiudeva i rubinetti della sua energia per il conflitto ucraino è stata una decisione politica di New Delhi che ha scatenato l’ira di Kiev e dei suoi alleati, ma soprattutto una scelta commerciale ed economica che ambiva a soddisfare i bisogni crescenti di un miliardo e mezzo di abitanti del terzo Paese consumatore globale di petrolio (secondo i calcoli Reuters, l’India supererà la Cina nel 2030).
A oggi, per l’India, sarebbe difficile sostituire nel prossimo futuro il prodotto in arrivo dalla Federazione: lascerebbe un vuoto di milioni di barili che non è ancora chiaro chi potrebbe colmare. New Delhi non solo ha beneficiato degli sconti russi, ma anche del nuovo business dei prodotti raffinati che alimentano le casse di aziende mastodontiche. Un esempio è la Reliance Group – la società che gestisce la raffineria più grande al mondo, quella di Jamnagar –, cresciuta del 34% dall’inizio della guerra.
Le compagnie petrolifere indiane raffinano parte del petrolio russo per consumo interno, ma destinano un’altra parte del prodotto (quella che diventa gasolio, per esempio) all’esportazione verso l’Europa. Le sanzioni, infatti, non colpiscono prodotti energetici russi raffinati fuori dalla Russia. Nel 2023 l’India ha esportato quasi 87 miliardi di dollari di prodotti petroliferi raffinati, diventando così il secondo maggior esportatore mondiale, dicono le cifre del National Bureau of Asian Research. E il greggio russo, raffinato dagli indiani, dove va a finire? Secondo il Centre for Research on Energy and Clean Air, proprio nei Paesi che hanno sanzionato Mosca: Europa, Stati Uniti e Regno Unito.
June 2025 — Monthly analysis of Russian fossil fuel exports and sanctions
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