Dazi al 500% ai Paesi che acquistano energia da Mosca: Trump verso la firma, ma senza “mani legate”
- Postato il 11 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Né big, né beautiful come l’ultimo bill fortemente voluto dal repubblicano della Casa Bianca. Il probabile, prossimo disegno di legge sulle sanzioni alla Russia – di cui dibattono da mesi, infervorati, al Congresso statunitense – porta la firma del senatore Lindsey Graham e prevede di imporre il 500% dei dazi sulle importazioni da Paesi che acquistano gas, petrolio e uranio dalla Russia. Nel mirino della bozza ci sono amici e acquirenti del Cremlino: in quella lista, la prima è la Cina.
Una svolta, seppure non definitiva. Da giorni, sui media americani, si susseguono indiscrezioni su luci verdi e aperture: più fonti assicurano che Trump sembra sempre più vicino alla firma, perché sempre più frustrato dal comportamento del Cremlino, soprattutto da quando ha tacciato l’omologo russo di sparare “bullshit”, cazzate. Ma Trump accetterà solo se all’architettura della bozza verranno apportate modifiche che gli assicurano “più flessibilità” – hanno riferito funzionari della sua amministrazione. Il presidente vuole una leva, una deroga che gli assicuri maggiore controllo in politica estera, soprattutto nei confronti del Cremlino, anche qualora decidesse di porre fine alle sanzioni.
Si tratta di un profondo cambiamento rispetto al disegno di legge sulle sanzioni anti-russe varato durante il primo mandato del repubblicano che “includeva una clausola che istituiva un processo di revisione del Congresso”, scrivono i media statunitensi, le cui fonti a conoscenza del dibattito tra funzionari, riferiscono che nel desiderio di assicurarsi questa “leva”, Trump vuole “mantenere la porta aperta per una potenziale svolta con Putin”, non vuole avere le mani legate in caso di negoziato. “Vogliamo essere una squadra. Vogliamo aiutare il presidente. Questo è un tentativo di dare al presidente una leva che oggi non ha” ha detto Graham che non teme di rimanere incastrato nel suo stesso disegno di legge.
Già a giugno scorso, Zelensky aveva chiesto all’Ue di colpire di nuovo il settore energetico russo. Kiev ha chiesto di nuovo agli alleati di fare pressioni sul Cremlino in seguito agli ultimi, massicci attacchi di Mosca, “un’altra prova che le sanzioni sono necessarie: sanzioni dolorose contro il petrolio, che ha pompato denaro nella macchina bellica di Mosca”. Anche il presidente ucraino vuole colpire gli alleati dei russi con “sanzioni secondarie contro coloro che acquistano petrolio e sponsorizzano le uccisioni”.
Dalle sanzioni, dal supporto e sostegno dei partner, ma soprattutto dagli armamenti dipenderà la capacità difensiva gialloblu nei prossimi mesi mesi. Non ha favorito l’esercito lo zig zag Usa sugli invii prima sospesi, poi ripristinati. Ora a Kiev sono in arrivo gli ultimi carichi di armamenti approvati dal presidente Biden, poi “gran parte degli aiuti del Dipartimento della Difesa si esaurirà entro la fine dell’estate, mentre gli acquisti da parte degli appaltatori della difesa statunitensi probabilmente diminuiranno all’inizio del prossimo anno” scrive il Washington Post. Si dovrebbe dunque approvare una nuova legge al Congresso “per finanziare qualsiasi nuovo pacchetto di misure di rilievo, il che potrebbe essere difficile da accettare data la politica di Washington nell’era Trump”.
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