Davvero abbiamo più paura di un Biden rimbambito che di un Trump criminale?

  • Postato il 10 luglio 2024
  • Di Il Foglio
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Davvero abbiamo più paura di un Biden rimbambito che di un Trump criminale?

Da quando il rimbambimento è peggio del nazismo? Me lo chiedo nel vedere con quanta veemenza i giornali liberal, dal New York Times in giù, fanno campagna contro Joe Biden, chiedendone a gran voce il ritiro dalla competizione elettorale statunitense per sopraggiunti limiti d’età – e suoi innegabili effetti di deterioramento psicofisico; trascurando così l’elefante nella stanza, cioè l’avversario di Biden: Donald Trump.

 

Non dico certo che vada negata l’evidenza: per usare un eufemismo, Joe Biden non è nelle migliori condizioni per fare campagna elettorale; e pensare di poter sostenere una corsa alla Casa Bianca a 81 anni, per giunta contemporaneamente con il peso di una presidenza degli Stati Uniti sulle spalle, è quantomeno ingenuo o, peggio, un grave peccato di hybris. Essere il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti in quelle condizioni è senz’altro un grandissimo errore; ma sobillare la folla per fare un golpe è un crimine, ed è quello che ha fatto Donald Trump nel 2021 non accettando la sconfitta elettorale, nel tentativo di rovesciare il risultato di libere elezioni – cioè andando contro i principi minimi delle democrazia e dello stato di diritto, altro che problemi geriatrici.

 

Capisco e condivido lo scarso entusiasmo dell’elettore americano nel dare il proprio voto a una persona così fragile, rallentata e appannata e sì, persino ridicola e imbarazzante come ormai si è ridotto il presidente Biden; ma se c’è da scegliere fra l’arteriosclerosi e il nazismo, io non ho dubbi e mi chiedo come sia possibile che qualcuno ne abbia. Per quanto si possano sommare fra loro tutti gli inciampi (reali, fisici, sulle scalette dell’Air Force One come su quelle di qualche podio) e le gaffe di Joe Biden, i suoi vuoti e i suoi balbettii, comunque non si otterrebbe nemmeno un quinto del disonore e della gravità che pesano su Donald Trump per i fatti del 6 gennaio a Capitol Hill (e sto citando soltanto quel fatto, il più grave di tutti; poi ci sarebbero quattro anni di presidenza da elencare, i peggiori nella storia degli Stati Uniti nonché uno dei più gravi precedenti nella storia dell’occidente, forse persino punto di non ritorno).

 

Sì, Joe Biden ha senz’altro numerosi vuoti di memoria; ma allora cosa dovremmo dire di noi, che stiamo dimenticando completamente il fatto che (per quanto la retorica statunitense sia molto “presidenzialista” e tenda a nasconderlo) ogni presidente non comanda da solo bensì ha uno staff che lavora per lui – e per il paese; e dati alla mano (andateveli a prendere, non posso fare tutto io) la presidenza Biden ha lavorato piuttosto bene.

 

Biden almeno ha un’età che giustifica le sue amnesie; al New York Times invece dovrebbero essere più lucidi e con meno carenze di fosforo. Più che il rimbambimento di Biden, mi preoccupa il rincoglionimento dell’elettorato “di sinistra”: ormai talmente disabituato a confrontarsi con la realtà – colpa dei social, non c’è dubbio – da non avere più una gerarchia delle priorità, delle gravità (l’altra sera ho assistito personalmente a due persone concordi nel sostenere che “Obama era un guerrafondaio”. Sembrava di stare in un film di Nanni Moretti, di quelli “continuiamo così, facciamoci del male”).

   

In conclusione: credo anche io che Joe Biden non sia idoneo come candidato alla Casa Bianca; ma per il principio di rappresentatività democratica, non mi viene in mente politico più rappresentativo di Biden nell’incarnare lo stato di smarrimento e totale non capirci più niente della sinistra mondiale.

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Autore
Il Foglio

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