David di Donatello 2025 – Diretta tv interminabile. Sala semivuota e assenti, ma c’erano Chalamet e Baker
- Postato il 8 maggio 2025
- Televisione
- Di Il Fatto Quotidiano
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La serata di premiazione dei David di Donatello iniziata tardi (circa alle 22), e finita tardissimo ben oltre l’1 e 30 in mezzo ad una sala semivuota, è stata condotta come uno di quei trafelati Sanremo anni settanta da Mika ed Elena Sofia Ricci. Tanti gli sbadigli, la fretta, gli assenti (Ornella Muti, Paolo Sorrentino, ma anche meno famosi vincitori di David più tecnici durante la serata), gli stacchi musicali arruffati (quello di Cocciante interrotto per volontà del cantante e ripreso dopo una ventina di secondi) per una diretta tv interminabile e febbrilmente baciosa. A fare capolino in sala ci hanno pensato un redivivo Nanni Moretti, Claudio Santamaria in versione Lucio Dalla e un Fabrizio Gifuni sempre di più Aldo Moro anche quando sta fermo e seduto in platea. Le presenze di due star del calibro di Timothée Chalamet, giunto a Cinecittà non su una bici elettrica ma con un codazzo di parenti scamiciati modello vacanze romane e di Sean Baker, il regista di Anora, vincitore di Oscar a profusione non più di due mesi fa, qui relegato con il suo sincero entusiasmo per il cinema italiano ad orari da Oroscopone fantozziano, non sono state nemmeno notate.
A ravvivare il clima ci hanno però pensato i discorsi politici. A partire da quello di Germano che ha dedicato il suo premio “alle persone che ogni giorno lottano per raggiungere quella parità di dignità che è scritta nella nostra Costituzione” e ha poi accostato diversi opposti: “Una persona povera deve avere la stessa dignità di una persona ricca, un nero la stessa dignità di un bianco, una donna la stessa dignità di un uomo. E un palestinese la stessa dignità di un israeliano”. La sua collega Insolia ha invece dedicato il David come miglior attrice “ai libri dimenticati, alle personalità scomode come Goliarda Sapienza e ai corpi liberi”. Margherita Vicario, quella più birbantella, solare e felice del gruppo femminile di vincitrici, ha chiesto che i governi “spendano di più in sanità, arte e cultura e un poco meno in armi”.
Protagonista invece di un autentico show contro tutti è stato Pupi Avati, David alla carriera. Il regista di Regalo di Natale prima si è tolto un macigno dalla scarpa ironizzando sul fatto che la direttrice artistica dei David, Piera Detassis si fosse dimenticata di lui per anni e che se ne sia ricordata solo oggi, sottintendendo che il premio è arrivato quando al governo ci sono politici vicini al regista bolognese; e poi inscenando un battibecco frontale con la sottosegretaria al cinema, Lucia Borgonzoni (tra i due non scorre buon sangue) invitando ad investire energie più che all’iniziativa Cinema Revolution (i film a 3,5 euro in estate) alla proposta di un ministero per il Cinema che aiuti le produzioni indipendenti. Valeria Bruni Tedeschi non ha ripetuto lo show del 2017, quando vinse per La pazza gioia, ma ha comunque regalato un aneddoto all’antica, autoironico, in mezzo a tante eroine moderne, ricordando il grande lavoro di tal Maurizietto che l’ha seguita sul set di L’arte della gioia truccandola con parrucche, rughe e trucchi prostetici. “Mi hanno invecchiata molto bene e per un’attrice è una prova di coraggio. È stato un gran lavoro tutti i giorni che ogni sera toglievamo così tornavo ad essere un po’ più come sono io”. Poi un giorno – ha continuato – ho detto al truccatore “Maurizietto, struccami così vado a casa”. E lui mi ha risposto “L’ho già fatto”.
di Davide Turrini
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