Daniele Capezzone: tasse, giustizia e sicurezza, il governo deve accelerare

  • Postato il 20 novembre 2024
  • Di Libero Quotidiano
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Daniele Capezzone: tasse, giustizia e sicurezza, il governo deve accelerare

Con maggior realismo e buon senso di chi – pure a destra – per ventiquattr'ore aveva avuto la tentazione di chiudere gli occhi davanti a un risultato non buono in Emilia Romagna e soprattutto in Umbria, Giorgia Meloni in persona ha aperto ufficialmente il dibattito postelettorale riconoscendo che «bisogna interrogarsi per capire cosa non abbia funzionato». La nostra tesi è nota e – starei per dire – prescinde largamente dall'esito del voto emiliano-romagnolo (scontato ma pesante per il distacco) e da quello umbro (dove il pronostico era più aperto, nonostante una lunga tradizione – che era stata interrotta solo alle elezioni precedenti – di non contendibilità anche di quella regione). Diciamolo chiaramente: non c'è da strapparsi i capelli per aver perso tra Perugia e Terni. L'eccezione stava semmai nell'aver vinto da quelle parti cinque anni fa.

E alcune considerazioni sarebbero state doverose perfino in caso di vittoria in Umbria. Non a caso, qui su Libero, le abbiamo messe nero su bianco in epoca non sospetta, e cioè dopo un'impressionante serie di vittorie del centrodestra. Giova ricordare che, da quando il centrodestra ha vinto nel voto politico del 2022, si sono tenute in Italia – prima di domenica scorsa – ben undici altre elezioni regionali o di province autonome: e in dieci casi ha vinto l'alleanza formata da Fdi-Lega-Fi (Sicilia, Lazio, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Molise, provincia di Trento, Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Liguria), mentre soltanto in un caso si è affermato il centrosinistra (la Sardegna nella scorsa primavera, come si ricorderà). Il parziale prima di domenica scorsa era dunque un clamoroso 10-1 a favore del centrodestra, che diventava addirittura di 11-1 considerando l'altra competizione regionale che aveva preceduto il voto politico (la Calabria, dove si votò nel 2021). Un discorso serio – dunque – va svolto senza farsi portare fuori strada dal doppio insuccesso di quarantott'ore fa, come pure dalla lunga serie di vittorie precedenti. E allora su cosa occorre concentrarsi? Sulle sfide del governo, come già ieri notava molto opportunamente Mario Sechi. Siamo a meno di metà legislatura, mancano cioè circa tre anni al voto politico, e il centrodestra (buona notizia) ha elevate chances di rivincere nel 2027, e quindi di avere complessivamente a disposizione – da ora – ben otto anni pieni.

Ma la cattiva notizia è che il motore del governo sembra spegnersi di tanto in tanto, o comunque non gira al massimo per varie ragioni. Sulle tasse, un primo passo positivo è stato compiuto, ma solo per i redditi più bassi: tutti gli altri attendono ancora (speriamo in un secondo passetto già nella fase emendativa di questa manovra). Sulla giustizia, le intenzioni sono lodevoli, ma la separazione delle carriere deve ancora iniziare i suoi quattro passaggi parlamentari. Sulla sicurezza, la direzione è ottima, ma le nostre città restano ad alto rischio, e i cittadini – dopo anni di negazione dell'evidenza a sinistra – attendono da destra fatti concreti. Fatti concreti che a onor del vero sono arrivati sull'immigrazione, ma sono stati purtroppo sottoposti a un impressionante fuoco di fila di attacchi e ostacoli giudiziari. Il che ripropone il rischio della paralisi pure su questo versante. Rischio che – per ragioni diverse – già investe due riforme costituzionali come il premierato e l'autonomia. Morale: su troppi fronti, per una serie di ragioni diverse – da qualche incertezza interna agli attacchi esterni – non si procede così speditamente come si sperava. Gli elettori di centrodestra sono persone serie, capiscono bene quanto sia duro contrapporsi alle trappole dei vecchi mandarini e agli ostacoli di chi rema contro, ma occorre parlar loro chiaro, rendendo comprensibile il percorso – anche a più tappe, anche diluito negli anni – che si intende portare a compimento. Ci piacerebbe che un po' dello spirito e dello slancio “trasformativo” del trio Trump-Musk-Milei contagiasse anche la politica italiana, sottraendola al pericolo maggiore: quello di ripiegarsi sulla gestione dello status quo, sull'amministrazione dell'esistente, sul “durare facendo meno” come modo per allungarsi la vita. Da queste parti siamo convinti, anzi certi, che Giorgia Meloni sia la prima ad essere consapevole di questo tipo di pericoli. Che – diciamolo – sono resi ancora più insidiosi dal fatto che il centrodestra un'altra sfida, quella che potremmo chiamare la battaglia delle idee, non ha nemmeno voluto iniziarla, quasi accettando e dando per scontato – nei media e nella cultura – di giocare costantemente in trasferta. La cosa ci pare inspiegabile, tra timidezze assortite e alcune scelte poco comprensibili, ma tant'è. L'essenziale – però – è realizzare che ci sarebbe molto per far bene: le qualità personali di Meloni, una coalizione salda con Lega e Forza Italia, un elettorato largo e maggioritario, un tempo ampio davanti. E però è venuto il momento di correre, non solo di camminare. La sfida politica non è con una sinistra impresentabile, ma con la realtà e con le attese delle persone. Che questa volta non bisogna deludere.

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Libero Quotidiano

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