Dall’Osservatorio Animalista Savonese: “Basta con la pesca e il consumo di bianchetti”
- Postato il 7 maggio 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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Liguria. La notizia è passata pressoché inosservata, ma le cinque imbarcazioni incaricate dalla Regione Liguria di pescare, tra febbraio e marzo, i “bianchetti” (novellame di acciughe e sardine, storico cibo locale) sono tornate con le reti vuote.
Vietata la pesca dal 2006 dall’Unione Europea – perché, in un mare sempre più svuotato di pesci, è una follia catturare giovani esemplari di pochi grammi, che non diventeranno mai adulti cento o mille volte più grandi e fecondi – l’Italia, con la solita ostinata insistenza, aveva ottenuto di “studiare” la specie per dimostrarne l’eventuale ecosostenibilità delle catture. Una dimostrazione che, però, non è mai arrivata.
I pescatori hanno subito attribuito la colpa di questa scomparsa ai liquami dispersi in mare, alle dighe soffolte e, soprattutto, ai tonni, che si sarebbero riprodotti grazie al provvidenziale divieto di pesca degli anni scorsi, introdotto anche per loro a seguito della forte rarefazione causata dalla pesca eccessiva.
Gli scienziati, invece, puntano il dito sull’eccessivo sforzo di pesca delle marinerie di tutto il Mediterraneo. E sulle meduse, che si cibano proprio di questo novellame e che – come è sotto gli occhi di tutti – sono in costante aumento, a causa della sparizione delle specie marine che se ne nutrivano. Queste ultime sono oggi decimate dalla pesca professionale. I maggiori predatori naturali delle meduse sono infatti, oltre a testuggini e tartarughe marine, i tonni, i pesci spada, i pesci luna, il pesce azzurro e molte altre specie fortemente pescate.
Un circuito infernale che, secondo l’Osservatorio Savonese Animalista (OSA) ed il Partito Animalista Italiano (PAI), può essere interrotto solo con un cambiamento radicale: abbandonare definitivamente la pesca dei bianchetti; ridimensionare sia la pesca professionale che quella sportiva; ampliare le riserve marine protette; finanziare campagne di recupero delle reti perdute o abbandonate; obbligare le marinerie a utilizzarne esclusivamente in materiali biodegradabili. E ancora: promuovere un consumo davvero sostenibile, invitando i consumatori a mangiare meno pesce, in particolare quello proveniente da altri mari o da allevamenti.
Il consumo pro-capite italiano, oggi pari a 32 chili all’anno, è triplicato in vent’anni. Il mare non può più reggerlo. Domani aprirà a Genova Slow Fish, e PAI e OSA sperano che gli organizzatori sappiano cogliere l’occasione per promuovere con forza questi comportamenti alimentari responsabili.