Dalla cerimonia “sfolgorante” di Pio XI alla svolta di Papa Luciani: la messa di incoronazione di Leone XIV tra riti e simboli

  • Postato il 17 maggio 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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In principio si chiamava messa di incoronazione. Il motivo era semplice: il nuovo Papa veniva incoronato con la tiara. Le tre corone sovrapposte del triregno indicavano il triplice potere pontificio: padre dei principi e dei re, rettore del mondo e vicario di Cristo sulla terra. L’ultima incoronazione papale avvenne il 30 giugno 1963 con san Paolo VI. Ma, già l’anno successivo, Montini rinunciò alla tiara, mettendola in vendita in beneficenza per aiutare i poveri. L’allora arcivescovo di New York, il cardinale Francis Joseph Spellman, la acquistò con una sottoscrizione che superò il milione di dollari e da allora è conservata nella Basilica del Santuario nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington. Nel volume appena pubblicato I riti scomparsi dei linguaggi pontifici (Editoriale Romani) di Andrea Gagliarducci, vaticanista di Aci Stampa, e monsignor Stefano Sanchirico, officiale dell’Archivio Apostolico Vaticano, già prelato di anticamera della Prefettura della Casa Pontificia, cerimoniere pontificio e prelato chierico della Camera Apostolica, un capitolo è dedicato proprio alla messa di incoronazione del Papa. I due autori scrivono che “il giornalista americano Thomas Morgan, autore del saggio A reporter at the papal court che aveva fatto conoscere al vasto pubblico americano il mondo pontificio durante il regno di Pio XI, definiva la cerimonia di incoronazione di Achille Ratti ‘ancora più sfolgorante e variopinta di quella dell’incoronazione del re d’Inghilterra’. Il barone Eugène de Beyens, ambasciatore belga presso la Santa Sede dal 1921 al 1925, scriveva nel suo diario: ‘La processione del Papa è simbolo di una tradizione invariabile che si perpetua e si rinnova al riparo dalle rivoluzioni e alla quale nessuna delle corti imperiali, che brillavano di effimero splendore prima del 1914, può essere paragonata”.

La tiara con la quale fu incoronato san Paolo VI era stata donata dai milanesi al loro arcivescovo eletto Papa e fu realizzata dal laboratorio Beato Angelico del capoluogo lombardo. Toccò al cardinale protodiacono Alfredo Ottaviani pronunciare, per l’ultima volta, l’antica formula prima di porre il triregno sul capo di Montini: “Prendi la tiara ornata con tre corone e sappi che tu sei padre dei principi e dei re, rettore del mondo e vicario in terra del Nostro Salvatore Gesù Cristo, a lui gloria e onore nei secoli dei secoli”. Come sottolineano Gagliarducci e Sanchirico, “l’assenza del rito di incoronazione è forse il più evidente dei riti scomparsi”. San Paolo VI, pur abbandonando l’uso della tiara, ne previde ancora l’utilizzo nei riti iniziali del pontificato. Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II decisero di non adoperarla più e così Benedetto XVI, Francesco e oggi Leone XIV. Wojtyla spiegò questa scelta nell’omelia della messa per l’inizio del suo pontificato, il 22 ottobre 1978: “Nei secoli passati, quando il successore di Pietro prendeva possesso della sua Sede, si deponeva sul suo capo il triregno, la tiara. L’ultimo incoronato è stato Papa Paolo VI nel 1963, il quale, però, dopo il solenne rito di incoronazione non ha mai più usato il triregno lasciando ai suoi successori la libertà di decidere al riguardo. Il Papa Giovanni Paolo I, il cui ricordo è così vivo nei nostri cuori, non ha voluto il triregno e oggi non lo vuole il suo successore. Non è il tempo, infatti, di tornare ad un rito e a quello che, forse ingiustamente, è stato considerato come simbolo del potere temporale dei papi”.

I riti per l’inizio del mistero petrino del vescovo di Roma attualmente in uso sono stati approvati da Benedetto XVI il giorno dopo la sua elezione al pontificato, il 20 aprile 2005. A coordinarne la realizzazione è stato l’arcivescovo Piero Marini per venti anni, dal 1987 al 2007, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie. “L’elezione del vescovo di Roma da parte del Collegio dei cardinali – scrive il presule nell’introduzione del rituale – è sempre stata accompagnata da celebrazioni liturgiche che, oltre a celebrare un evento che tocca il cammino del popolo di Dio pellegrinante nel tempo, mettono in risalto il significato del ministero del successore di Pietro come vescovo di Roma e pastore della Chiesa cattolica”. Marini, inoltre, spiega che “l’assunzione di tale ufficio nel momento in cui l’eletto accetta l’elezione canonicamente avvenuta viene sancita da alcune celebrazioni liturgiche a cui partecipano attivamente la comunità cristiana di Roma, i rappresentati delle diverse Chiese e le autorità civili di ogni parte del mondo. Tutti esprimono gratitudine al Signore, che non lascia privo di guida il suo gregge, e insieme invocano il suo aiuto per l’inizio del ministero del Papa e per la missione a lui affidata di annunciare il Vangelo e di confermare nella fede e nell’unità i discepoli di Cristo affidati alla sua sollecitudine pastorale”.

Questi riti sono scanditi in quattro momenti diversi. Si parte, ovviamente, da quello principale, ovvero la celebrazione eucaristica per l’inizio del ministero petrino del vescovo di Roma, quella che anticamente era la messa di incoronazione. Leone XIV la presiederà domenica 18 maggio, in piazza San Pietro, alla presenza di numerosi capi di Stato e di governo e monarchi provenienti da tutto il mondo. Il secondo momento è la presa di possesso della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura che Prevost farà il 20 maggio. Ci sarà, poi, la presa di possesso della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, la Cattedrale di Roma, e quella della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore il 25 maggio. La messa per l’inizio del ministero petrino del vescovo di Roma prevede alcuni segni altamente significativi. Innanzitutto, prima dell’inizio della celebrazione eucaristica, il Papa si reca, con i patriarchi delle Chiese orientali, al sepolcro di san Pietro, dove sosta brevemente in preghiera. È in questo momento che i diaconi incaricati prendono il pallio, l’anello del pescatore e l’Evangeliario che sono stati collocati precedentemente proprio nel luogo dove è sepolto il discepolo a cui Gesù ha affidato le “somme chiavi”, per citare Dante Alighieri. Successivamente, la processione iniziale viene accompagnata dal canto delle Laudes Regiae. La celebrazione prosegue normalmente.

Proclamato il Vangelo in latino e in greco, un cardinale dell’ordine dei diaconi recita un’orazione e impone il pallio sulle spalle del Papa: “Il Dio della pace, che ha fatto risorgere dai morti il Pastore grande delle pecore il Signore Nostro Gesù Cristo, ti doni egli stesso il pallio preso dalla Confessione dell’apostolo Pietro. A lui il buon Pastore ha comandato di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle e oggi tu succedi a Pietro nell’episcopato di questa Chiesa che egli ha generata alla fede assieme all’apostolo Paolo. Lo Spirito di verità, che procede dal Padre, doni abbondantemente ispirazione e discernimento al tuo ministero per confermare i fratelli nell’unità della fede”. Il pallio è una stretta fascia di stoffa, di circa cinque centimetri di larghezza, tessuta in lana bianca, incurvata al centro così da poterlo appoggiare sulle spalle sopra la casula e con due lembi neri pendenti davanti e dietro. È decorato con sei croci nere di seta, una su ogni coda e quattro sull’incurvatura, ed è guarnito, davanti e dietro, con tre spille d’oro e gioielli, dette acicule.

Dopo l’imposizione del pallio, un cardinale dell’ordine dei presbiteri recita un’altra orazione: “O Dio che non deludi chi ti invoca con cuore retto e fedele, ascolta le suppliche della tua Chiesa: al tuo servo, il nostro Papa Leone, che hai posto al vertice del ministero apostolico, per mezzo del nostro umile servizio, concedi la tua benedizione e rafforzalo con il dono del tuo Spirito perché il suo alto ministero corrisponda alla grandezza del carisma che tu gli hai conferito”. Infine, un cardinale dell’ordine dei vescovi consegna al Papa l’anello del pescatore: “Beatissimo Padre, lo stesso Cristo, Figlio del Dio vivente, Pastore e Vescovo delle nostre anime, che ha edificato la sua Chiesa sulla roccia, ti doni l’anello, sigillo di Pietro il pescatore che ha vissuto la sua speranza sul mare di Tiberiade e al quale il Signore Gesù ha consegnato le chiavi del Regno dei cieli. Oggi, tu succedi al beato apostolo Pietro nell’episcopato di questa Chiesa che presiede alla comunione dell’unità secondo l’insegnamento del beato apostolo Paolo. Lo Spirito dell’amore effuso nei nostri cuori ti pervada di forza e mitezza per custodire con il tuo ministero i credenti in Cristo nell’unità della comunione”.

Altamente significativo è anche il testo che il vicario generale per la diocesi di Roma, il cardinale Baldassare Reina, rivolgerà a Leone XIV in occasione dell’insediamento sulla sua cattedra, nella Basilica Papale di San Giovanni in Laterano: “Beatissimo Padre, la Chiesa che vive a Roma partecipa con letizia alla presa di possesso della tua cattedra, che è la cattedra di Pietro sopra il quale è fondata la Chiesa. Come il vignaiolo che sorveglia dall’alto la vigna sei posto in posizione elevata per prestare sollecita attenzione al popolo che ti è affidato. Ricorda che occupi la cattedra pastorale per provvedere al gregge di Cristo. Il tuo onore è l’onore di tutta la Chiesa ed è per i tuoi fratelli valido e sicuro sostegno; sarai veramente onorato quando a ciascuno è riconosciuto l’onore che gli spetta. Tu sei ‘servo dei servi di Dio’”. Testi tutti molto significativi che aiutano a comprendere bene quale sia il ruolo del Papa.

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Nella foto in alto | Nell’immagine grande Papa Leone XIV; nella colonna di sinistra tre suoi predecessori: dall’alto, le incoronazioni di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II

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