Dal caso Almasri alle stragi d’Italia, l’atto d’accusa di Li Gotti

  • Postato il 9 dicembre 2025
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Dal caso Almasri alle stragi d’Italia, l’atto d’accusa di Li Gotti

Il libro intervista dell’avvocato crotonese Li Gotti e del giornalista Lodato ripercorre la trama nera dalle stragi d’Italia al caso Almasri


CROTONE –  «A chi crede nella Costituzione e la difende».  Parte da questo impegno civico che si fa azione concreta l’avvocato di origini crotonesi (è nato a Mesoraca 78 anni fa) Luigi Li Gotti, autore, insieme al giornalista Saverio Lodato, del volume “Stragi d’Italia. Il caso Almasri e tutto quello che Giorgia Meloni e il governo non vogliono ammettere”. Un impegno che diventa un dovere «nell’ unico Paese al mondo in cui il potere intercetta giornalisti ma gli intercettatori restano fantasmi introvabili». Parte da lontano, questo impegno, perché Li Gotti è stato protagonista, negli ultimi 50 anni, nei processi sui principali casi della storia giudiziaria italiana, tra misteri e segreti non ancora svelati.

I PROCESSI DI LI GOTTI

Processi che hanno segnato la storia italiana in cui Li Gotti ha svolto il ruolo di parte civile e ha assistito pentiti del calibro di Tommaso Buscetta e Giovanni Brusca. Dalla strage di piazza Bologna all’eccidio di via Fani e al sequestro di Aldo Moro. Dallo stragismo mafioso all’omicidio del commissario Calabresi. Dall’infiltrazione della ‘ndrangheta in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia alla centrale di Gioia Tauro. Dal Banco Ambrosiano-Eni a Mani Pulite. Dall’alleanza tra ‘ndrangheta e cartelli colombiani alla mafia russa, per arrivare al naufragio di Cutro. Tutto si tiene, ripete l’avvocato. Anche la riforma dell’ordinamento giudiziario che costituisce una «deviazione dai binari imposti dalla Costituzione».

​IL CASO ALMASRI

Il volume parte dall’ analisi del caso Almasri.  Dall’arresto del generale libico alla sua rapida liberazione nonostante fosse accusato di crimini contro l’umanità e ricercato dalla Corte penale internazionale. Per gli autori, la gestione di questo caso da parte del governo, che riportò in Libia Almasri con un volo di Stato, simboleggia un voltafaccia dello Stato italiano rispetto ai principi di giustizia e legalità. Ma anche la subalternità a logiche di politica internazionale e “ragion di Stato” che richiamano lo stesso meccanismo di coperture e depistaggi che ha caratterizzato le stragi storiche. Tutto è partito dall’indignazione suscitata nel giurista dalla lettura dei giornali che davano notizia della liberazione di Almasri, responsabile di gravissimi crimini avvenuti durante la gestione dei centri di detenzione per migranti in Libia. Oltre trenta omicidi, torture e mutilazioni, violenza sessuale su un bambino di cinque anni, lavori forzati.

L’ESPOSTO DI LI GOTTI

Li Gotti fu l’autore, nel gennaio scorso, dell’esposto che innescò il meccanismo giudiziario poi avviato dalla Procura di Roma, che aprì un fascicolo sul caso. Due i fatti contestati al governo. Il primo: non aver risposto alla polizia giudiziaria e alla Corte d’Appello di Roma, spingendo così i magistrati a scarcerare il presunto assassino e torturatore libico Najeem Osema Almasri Habish. Il secondo: aver messo a sua disposizione un volo di Stato per tornare a Tripoli prima che i giudici si esprimessero e che il ministero degli Interni firmasse il decreto di espulsione. Li Gotti rifarebbe tutto. Perché la rabbia ancora gli «ribolle dentro».

GLI SVILUPPI

Per la cronaca, il dossier è stato trasmesso al Tribunale dei Ministri che, in particolare, ha archiviato la posizione della premier. Intanto, il procuratore generale della Corte penale internazionale ha smontato le argomentazioni difensive del ministro Nordio in capo al quale, come ricorda Li Gotti, era la convalida dell’arresto. E un mese fa, Almasri è stato arrestato in Libia. Oltre ad essere il capo della polizia giudiziaria del Paese, è considerato un importante funzionario di una delle milizie che governano di fatto la Libia, in cui è in corso una guerra civile dal 2011. Non è chiaro come mai sia stato arrestato a novembre.

IL PARADOSSO

Il paradosso è che «sul banco degli accusati» sia finito il procuratore Lo Voi soltanto «per aver fatto il suo dovere». Secondo Li Gotti, ciò è accaduto perché «i mestieranti di regime strisciano ai piedi di un potere compromesso». Gli toccò perfino difendersi dall’”accusa”, rivolta dalla premier in un video, di aver difeso i pentiti. Li Gotti ricorda che erano i mafiosi ad accusarlo di aver difeso gli “infami” e che fu messo sotto tutela per le minacce ricevute. Perfino Riina fece pubblicamente il suo nome, il che equivaleva ad una «condanna a morte». Non ricevette nessuna solidarietà dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati. Il primo pentito che difese fu Marino Mannoia. Glielo chiese Giovanni Falcone perché non si trovava nessuno disposto a difenderlo.

 LA MEMORIA GIOCA BRUTTI SCHERZI

La memoria, si sa, a volte gioca brutti scherzi. Per Meloni, stando a quel video in cui rese noto di aver ricevuto un “avviso di garanzia” (in realtà non lo era, ndr), Li Gotti è un politico “di sinistra” e amico di Prodi. Ma lui non ha consultato nessuno prima di redigere l’esposto. Prodi lo ha incontrato soltanto quando ha giurato come sottosegretario alla Giustizia nel suo secondo governo, ma era un incontro collettivo. E, soprattutto, Li Gotti non ha esattamente una formazione di sinistra. In un’intervista al Quotidiano ricordava di aver da giovane militato nel Msi, di cui fu anche segretario provinciale. Nel ’74 si trasferì a Roma e smise di fare politica attiva. Dopo la trasformazione in An non rinnovò la tessera e nel 2001 aderì a Italia dei valori.

50 ANNI DI MISTERI

Ma il caso Almasri è lo spunto per ricostruire e decostruire 50 anni di storia repubblicana. L’Italia dei ricatti e dei segreti, dei comitati d’affari massonici, dello Stato nello Stato, delle consorterie all’ombra dei potenti. La morte di Aldo Moro, Enrico Mattei, Mauro de Mauro sono tutti avvenimenti che dimostrano come, a partire da Portella della Ginestra nel 1947, sia una storia costellata di stragi. È la storia di una Repubblica malata e di una Costituzione tradita in mezzo a vicende oscure. Piazza Fontana , Gioia Tauro, Piazza della Loggia, Questura di Milano, Italicus, stazione di Bologna, stragi di mafia, tentativi di colpo di stato, magistrati e giornalisti uccisi. Una guerra a bassa intensità, o non ortodossa, portata avanti attraverso rapporti con una destra eversiva per occupare a tutti i livelli le istituzioni. Colpevoli? Tanti. Ma, come diceva Tina Anselmi, sono ancora tutti lì.

​LA TRAMA NERA

Il libro-intervista sostiene così l’esistenza di una “trama nera” che unisce le stragi e gli eventi più oscuri della storia italiana, coinvolgendo terroristi, servizi segreti deviati, e pezzi della politica e criminalità organizzata. Sembra esserci, secondo gli autori, una linea ininterrotta di occultamento di verità scomode. ​Li Gotti e Lodato ribadiscono la tesi secondo cui le stragi in cui morirono Falcone e Borsellino (e le successive del ’93) non furono solo stragi di mafia, ma furono eseguite da Cosa Nostra con la regia di “menti raffinatissime” e per obiettivi politici superiori.

 L’opera denuncia come la battaglia per la verità su questi eventi, inclusa l’inchiesta sulla Trattativa Stato-Mafia (su cui Lodato ha scritto ampiamente), sia costantemente ostacolata o minimizzata. ​Gli autori accusano l’attuale classe dirigente di non voler affrontare, e anzi di voler nascondere, la verità sulla “trama nera” e sulle responsabilità passate legate all’eversione e ai rapporti tra mafia e politica, favorendo un clima di “oblìo” su fatti storici fondamentali per la Repubblica. Un quadro a tinte fosche, in cui domina una nota pessimistica. «Credo che siamo amaramente destinati a convivere con misteri irrisolti. Su di essi è costruita la nostra democrazia, fragile e ricattabile».

DOCUMENTI INEDITI

Non è un caso che il lavoro sia arricchito da un’appendice contenente importanti documenti, anche inediti. Innanzitutto la lettera dell’ex ministro Mancino a Li Gotti con cui nl 2010 ribadiva che negli anni 1992-93 era già a conoscenza del predominio dell’ala stragista in Cosa Nostra. Ma anche un’ampia sintesi della memoria presentata alla Commissione parlamentare dal senatore M5S ed ex magistrato Roberto Scarpinato. Un documento cruciale per comprendere le connessioni tra poteri occulti e stragi.  Il libro è, in sostanza, un’accorata richiesta di “resistenza” civica e di verità completa sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia.

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