Da vedere, ma con le mani. Il divano progettato con persone cieche dai designer Debonademeo

  • Postato il 21 dicembre 2025
  • Design
  • Di Artribune
  • 2 Visualizzazioni

Far disegnare un arredo, in questo caso un divano, a chi non può vederlo ma solo toccarlo potrebbe sembrare un ossimoro o una provocazione. Per Luca De Bona e Dario De Meo, fondatori dello studio Debonademeo e art director di Adrenalina che lo hanno fatto davvero, è stato al tempo stesso un percorso alla scoperta di una forma di visione diversa da quella alla quale siamo abituati, fatta con le mani da una distanza molto ravvicinata, e un ritorno ai fondamentali del design e al binomio forma-funzione.

Progettazione e disabilità, una questione centrale

Il divano Aedo – un nome che è già una precisa dichiarazione d’intenti, visto che nel mondo greco gli aedi erano i cantastorie, spesso ciechi, ispirati direttamente dagli dèi – presentato dai designer all’ultima edizione del Fuorisalone è il frutto di un processo di co-progettazione con persone cieche e ipovedenti cominciato un anno prima. Una “nicchia” di utenti che poi così nicchia non è, se pensiamo che solo in Italia le persone con una qualche forma di disabilità visiva sono stimate 1,8 e due milioni, e che l’invecchiamento della popolazione contribuirà a rendere la disabilità un tema ancora più centrale nel prossimo futuro.

Da vedere, ma con le mani. Il divano progettato con persone cieche dai designer Debonademeo
Debonademeo portrait by @Lorandre Photography

Il racconto di Debonademeo: un viaggio nella luce e nel colore

Quando abbiamo assunto la direzione artistica di Adrenalina, ormai quattro anni fa, abbiamo voluto affiancare all’analisi del mercato e alla proposta di nuovi prodotti una ricerca sociale ed estetica legata all’incontro con diverse forme di conoscenza e di creatività”, racconta Luca De Bona. “La società in cui viviamo antepone la vista a qualunque altro senso, per questo abbiamo voluto cercare di capire che cosa sarebbe accaduto mettendola un po’ tra parentesi. Noi avevamo già avuto a che fare con la disabilità sia nel nostro vissuto personale che a livello accademico, io per esempio avevo seguito un master all’Università Ca’ Foscari sul tema della progettazione di spazi museali per ciechi, però rimanevamo tutto sommato estranei a quel mondo. Doveva essere un viaggio nel buio, invece è stato un viaggio nella luce e nel colore”. 

Il progetto tra l’Istituto Cavazza e l’azienda

In questa avventura i due designer hanno potuto contare su due istituzioni impegnate nello scardinamento degli stereotipi legati alla cecità e nella lotta all’“imperialismo del vedere”: l’Istituto Francesco Cavazza di Bologna e il Museo Omero di Ancona, il primo museo tattile  pubblico del mondo che da alcuni anni ha anche una sua collezione di design. Il primo passo è stato andare nelle aule della scuola bolognese con una serie di materiali – legno, diversi tipi di gomma più o meno densi, tessuti – e chiedere agli allievi di costruire dei modellini di divani. “È stata un’esperienza molto forte sul piano emotivo”, ricorda Dario De Meo. “Abbiamo lavorato con persone di tutte le età, di diversa estrazione culturale e sociale e con deficit visivi differenti. C’era chi è cieco dalla nascita e chi lo è diventato, chi non vede nulla e chi invece percepisce macchie di colore o un contrasto tra ombra e luce. Ognuno di loro aveva i suoi gusti e la sua mentalità”. “Abbiamo ascoltato le loro idee. Qualcuno ha espresso il desiderio di progettare un divano che somigliasse a una nuvola: una cosa che sfugge all’esperienza di un cieco perché non può essere toccata”, aggiunge De Bona. A questo workshop ha fatto seguito un incontro in azienda, dove gli art director hanno analizzato il modo in cui le persone coinvolte nel progetto interagivano con alcuni divani messi a loro disposizione e analizzato la loro gestualità cercando di estrapolare dati utili alla progettazione. “Abbiamo tracciato i loro movimenti nello spazio, ricostruendo una sorta di «uomo vitruviano cieco» per capire dove avrebbero potuto trovarsi eventuali ostacoli”, spiegano i designer. “Poi abbiamo chiesto loro di disegnare un divano, guidati da noi, e ci siamo accorti che anche il disegno ha un’espressività diversa, con un tratto che diventa quasi tridimensionale per poter essere letto con le dita”. L’ultimo step è stata una visita al Museo Omero con una delegazione di persone cieche o ipovedenti per capire meglio che cosa significassero per loro bellezza e armonia.

Il divano “Aedo”, avvolgente e dotato di vani strategici

Le informazioni raccolte sono state rielaborate e trasformate in segno per dare vita a un divano modulare dall’estetica tutto sommato tradizionale ma fatto su misura per rispondere alle esigenze particolari di chi non può vedere. Le sue forme sono arrotondate, per rispondere al bisogno di sentirsi avvolte delle persone per cui il relax sul divano rappresenta uno dei pochissimi momenti nei quali possono permettersi di abbassare la guardia e smettere di “mappare” lo spazio intorno a loro. La base è leggermente rientrante rispetto ai cuscini per favorire un avvicinamento senza inciampi. Questi ultimi, decorati con una scritta in braille, possono scorrere orizzontalmente liberando l’accesso a tasche e contenitori dove riporre libri o device per averli, letteralmente, a portata di mano. “Ritrovare gli oggetti in punti chiave è una necessità vitale per le persone cieche. C’è anche un cuscino circolare pensato per l’animale domestico, con un piccolo trucco: un cratere che può essere usato come punto di appoggio, per esempio per un bicchiere o una tazza”.

Giulia Marani

L’articolo "Da vedere, ma con le mani. Il divano progettato con persone cieche dai designer Debonademeo" è apparso per la prima volta su Artribune®.

Autore
Artribune

Potrebbero anche piacerti