Da prigioniero a esule, il diario dimenticato

  • Postato il 10 febbraio 2025
  • Di Agi.it
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Da prigioniero a esule, il diario dimenticato

AGI - L'inchiostro della macchina da scrivere riempie i fogli rimasti oltre 20 anni nel cassetto di una scrivania e restituisce l'asciutta cronaca di un anno senza libertà: la 'caccia' all'italiano, l'orrore delle Foibe, i polsi lacerati dal filo di ferro, le "torture" per mano degli "sgherri" dell'Ozna, l'arresto sull'auto nera (la "bara dei vivi"), le "bucce di patate" a pranzo e a cena, le ore di marcia con i tronchi sulle spalle nel campo di concentramento fino al 'miracolo' della scarcerazione e all'esodo forzato dall'Istria.

A scoprire il "Diario di prigionia" scritto da Ermanno Mattioli, maestro esule, è stato il nipote, Massimiliano Panizzut, oggi deputato della Lega. Il nonno materno, nato a Pola, dove insegnava italiano alle elementari, fu catturato nel 1945 dai partigiani di Tito quando l'Istria venne abbandonata dai presidi militari italiani. "I miei nonni - spiega il parlamentare all'AGI - non ci hanno mai parlato nei dettagli della loro esperienza di italiani esuli. C'era una sorta di pudore nel raccontare queste vicende. Occorre riflettere sul silenzio, anche tra le istituzioni, che c'è stato per 70 anni. I giovani devono sapere cosa accadde anche per rispetto delle vittime".

 

Panizzut racconta che dopo la morte dei nonni materni "andammo, 20 anni fa, nella loro casa di Gorizia per recuperare gli oggetti di famiglia e in un piccolo cassetto della scrivania nella stanza degli ospiti trovammo il diario che poi ho deciso di trascrivere in un libro". "Ci fu una vera e propria pulizia etnica. Anche mia madre che - spiega - allora era una ragazzina, fu costretta a lasciare l'Istria e tutti i suoi amici di scuola per seguire i genitori a Gorizia dove vissero in una soffitta prima di trovare un'altra abitazione e riprendere una vita normale". Il libro (non in commercio) ora è parte del materiale con cui le associazioni si propongono di "mantenere viva la memoria". Ermanno Mattioli scrisse senza fronzoli il diario di quell'anno da prigioniero. Come quando fu imbarcato sulla motocisterna Lina Campanella, carica di "250 uomini e 32 donne". Le guance rigate dalle lacrime per la paura di finire nelle foibe, poi l'esplosione della prua della nave a causa di una mina. "Lo scoppio, lo spavento e il pericolo - si legge nel diario alla data 21 maggio 1945 - fanno perdere la testa a più di un prigioniero che nella speranza di mettersi in salvo, si getta in mare pur avendo le mani legate e annega sotto i nostri occhi". "È importante raccontare anche nelle scuole la tragedia delle foibe e dell'esodo Giuliano Dalmata - è il messaggio di Massimiliano Panizzut - perché quanto accaduto non si ripeta mai più. Basta con i regimi e i totalitarismi". Il deputato leghista, nel Giorno del Ricordo, rilancia poi la proposta di legge a sua prima firma per revocare l'onorificenza italiana concessa nel 1969 al Maresciallo Tito dall'allora Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat. "Il testo - spiega - è fermo in commissione Affari costituzionali della Camera ma occorre che lo Stato italiano dica che quella onorificenza non solo va tolta ma che non la meritava". 

 

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Agi.it

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