Da grande magazzino a museo: un capolavoro dell’architettura modernista in Germania

  • Postato il 22 novembre 2024
  • Architettura
  • Di Artribune
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Un UFO atterrato al centro di un quartiere guglielmino: dovevano apparire così (lo testimoniano alcune documentazioni fotografiche) i grandi magazzini Schocken quando vennero inaugurati il 15 maggio del 1930. Il grande edificio dalla facciata vetrata curvilinea progettato dal polacco Erich Mendelsohn (Allenstein, oggi Olstztyn, 1887 – San Francisco, 1953) si inseriva come un elemento rivoluzionario nel contesto del centro storico di Chemnitz, a poche decine di metri dall’Altes und Neues Rathaus (la vecchia e la nuova sede comunale) e dalla Roter Turm, simboli della ricchezza e potenza della città nel Medioevo. 

Schocken a Chemnitz: grandi magazzini con firma d’autore

Nei 94 anni trascorsi da quell’inaugurazione, la storia ha lasciato segni profondi a Chemnitz: uscita semidistrutta dalla Seconda Guerra Mondiale, ribattezzata per una quarantina d’anni (1953-1990) Karl Marx Stadt e ricostruita all’insegna di quello che è ormai storicizzato come stile Ostmoderne (modernismo socialista), la città si appresta a lanciare il programma definitivo dell’anno che la vedrà protagonista col titolo di Capitale Europea della Cultura (inaugurazione il 18 gennaio 2025; info chemnitz2025.de).  Il grande magazzino Schocken, uscito miracolosamente intatto dal bombardamento alleato del 5 marzo 1945 e trasformato da una decina d’anni nello splendido Museo nazionale di archeologia (Staatliches Museumfür Archäologie Chemnitz – Smac; smac.sachsen.de), è uno degli edifici più interessanti da scoprire in una città non priva di altri luoghi per approfondire la cultura urbanistica e architettonica contemporanea. I complessi lavori di ristrutturazione dell’edificio per adattarlo alla nuova destinazione museale intrapresi nel 2010 e terminati nel 2014, hanno riservato degli spazi espositivi permanenti su tre piani dedicati alla storia dell’edificio e ai due protagonisti della vicenda costruttiva, l’architetto Erich Mendelsohn e il committente Salman Schocken (Margorin,1877 – Pontresina,1959).

Schocken: una catena commerciale nella Germania degli Anni Venti e Trenta 

Quello di Chemnitz fu il terzo grande magazzino inaugurato dalla società guidata dai fratelli Simon e Salman Schocken, dopo quelli già attivi a Stoccarda e Norimberga. Dalla sede centrale di Zwickau, una cittadina della Sassonia non molto distante da Chemnitz, la società Schocken KG divenne negli Anni Trenta del Novecento la quarta più importante catena commerciale attiva in Germania, arrivando a contare una ventina di punti vendita e seimila dipendenti. Già a partire dal 1933 era però partito l’invito da parte del regime nazista a boicottare le attività gestite da famiglie ebree, con le SA impegnate a bloccare gli ingressi e vandalizzare i locali. Fino a che, nel 1938, Salman Schocken (diventato l’unico proprietario dopo la morte del fratello Simon in un incidente d’auto nel 1929) fu forzato a svendere la catena a un gruppo di banche.

Erich Mendelsohn e i magazzini Schocken a Chemnitz

Fin dagli anni Venti, Erich Mendelsohn, che si era già guadagnato la fama di alfiere dell’architettura modernista dall’inizio del decennio, diventa il progettista di riferimento per Salman Schocken. Fra i lavori che gli avevano dato prestigio internazionale c’erano la cosiddetta Torre Einstein a Potsdam (1920-1924), la fabbrica di cappelli Herrmann, Steinberg & Co. a Luckenwalde (1920–23) e a partire dal 1925 si era già cimentato nella realizzazione dei grandi magazzini di Norimberga e di Stoccarda (entrambi demoliti). Per la commissione di Chemnitz, l’architetto immagina una grande facciata curva, all’intersezione di due strade, con cinque file di finestre orizzontali che si alternano al rivestimento della facciata. La struttura portante risulta altamente innovativa per l’epoca e l’edificio, una volta completato, diviene presto un’icona della Neues Bauen, il movimento modernista in Germania. Il restauro ha lasciato pressoché intatto il layout originale esterno, compreso il grande marchio Schocken che campeggia ancora all’ingresso dell’odierno museo. Tutta l’esposizione permanente del primo piano, nel corridoio curvilineo che segue l’andamento della facciata, è dedicata a Erich Mendelsohn con bozzetti e informazioni anche sulle opere realizzate in Inghilterra, Palestina e Stati Uniti dopo l’esilio forzato dalla Germania nazista.

Chemnitz, Germania. Smac (ex edificio Schocken). Photo Laszlo Farkas
Chemnitz, Germania. Smac (ex edificio Schocken). Photo Laszlo Farkas

La storia di Salman Schocken, imprenditore e collezionista

L’opera di Mendelsohn non potrebbe essere capita appieno se non messa a confronto con la personalità di Salman Schocken (3° piano dell’esposizione permanente), anche lui nato in una famiglia ebraica di umili origini nella provincia prussiana di Posen (oggi in Polonia), dove la lingua comunemente parlata in famiglia era lo Yiddish. Emigrato a Zwickau, iniziò da qui – assieme al fratello – la sua attività commerciale di successo, senza mai abbandonare una curiosità intellettuale e un’apertura verso le nuove proposte architettoniche e artistiche che ne fecero un appassionato collezionista, bibliofilo e mecenate. Pur essendo un autodidatta, sviluppò una sensibilità verso la modernità testimoniata dalla scelta di affidare la pubblicità, la segnaletica, le brochure, i cartellini dei prezzi delle sue attività commerciali ad artisti legati al movimento Bauhaus, come Laslo Moholy-Nagy Herbert Beyer. Fu poi fondatore di biblioteche e di case editrici, tanto che il rapporto con Mendelsohn non si esaurì con la diaspora. Nel 1934 commissionò all’architetto il progetto per la Schocken Library di Gerusalemme che ancora esiste. 

Le collezioni di Salman Schocken, tra libri e arte

Da appassionato bibliofilo arrivò a raccogliere una collezione di circa 60 mila fra manoscritti e edizioni rare. I suoi interessi spaziavano dagli incunaboli ebraici, ai primi testi stampati dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Gutenberg, dai manoscritti delle opere di Heine e Goethe, fino a testi scientifici come il manoscritto originale di 46 pagine in cui Albert Einstein spiega la teoria della relatività. Parte della sua collezione è dedicata ai documenti prodotti dal movimento operaio, una passione nata fin da quando era un giovane apprendista e acquistava pamphlet a poco prezzo. Fra i pezzi più insoliti dell’archivio ci sono ben ventitré diverse edizioni del Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels. Sul fronte più strettamente artistico i suoi interessi si rivolgono anche alla cosiddetta “arte degenerata” (secondo la definizione nazista), con stampe di Max Liebermann, Oskar Kokoschka, George GroszOtto Dix, oltre a opere di artisti francesi come Van GoghMonet, Chagall, Renoir, Pissarro, Toulouse-Lautrec. Il suo amore per i libri durò fino all’ultimo istante di vita: fu trovato morto in una stanza d’albergo di Pontresina, la località svizzera dei Grigioni dove amava rifugiarsi, con un’edizione del Faust di Goethe ben stretta fra le mani.

Chemnitz, Germania. Immagine storica dei grandi magazzini Schocken
Chemnitz, Germania. Immagine storica dei grandi magazzini Schocken

La Chemnitz contemporanea, altri luoghi di interesse

L’itinerario legato ad architetture e luoghi della contemporaneità non si esaurisce con l’edificio progettato da Erich Mendelsohn. Ecco altri spunti di interesse:

Bagni pubblici (Stadtbad)

Progettati nel 1925 da Fritz Weber e Fred Otto in stile Bauhaus. Si entra liberamente nell’atrio per osservare gli elementi d’arredo rimasti in gran parte intatti e osservare dall’esterno la grande vasca che all’epoca rappresentava quanto di più moderno nel settore.

Mühlenstrasse, 27 

Gunzenhauser Museum

Il museo che raccoglie circa 2500 opere della collezione di Alfred Gunzenhauser trova spazio in un edificio che in precedenza ospitava una banca, esempio di architettura della Nuova Oggettività. Ricchissima la collezione di opere di Otto Dix e Alexej von Jawlensky.

Stollberger Strasse, 2

Villa Esche

L’edificio residenziale costruito nel 1902 da Henry van de Velde per l’imprenditore Herbert Eugen Esche si trova nella parte alta della collina di Kappellenberg. Gli ambienti, arredati con pezzi d’epoca, rimandano al successo dello stile Liberty nella Germania di inizio XX Secolo.

Parkstrasse, 58

Stadthalle

 Il complesso che riunisce una sala eventi multifunzionale (congressi, concerti, spettacoli) e un grande albergo a sviluppo verticale ha compiuto nell’ottobre di quest’anno 50 anni. Rappresenta al meglio l’architettura della Repubblica Democratica Tedesca. Gli architetti, coordinati da Rudolf Weisser, hanno saputo utilizzare e rapportare in modo funzionale il porfido di Rochlitz, le strutture in cemento armato a vista e il vetro.

A pochi metri di distanza il monumento dedicato a Karl Marx – la sua testa in bronzo alta oltre sette metri poggiata su un basamento di granito – continua ad essere una delle principali attrazioni della città sassone.

Theaterstrasse, 3

Dario Bragaglia

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Artribune

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