Cuore fa rima con… cervello: così si tengono in forma l’un l’altro

  • Postato il 26 giugno 2025
  • Di Panorama
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Non è “solo” fondamentale per la nostra sopravvivenza, e quindi indice di buona salute cardio-vascolare: il battito cardiaco, un cuore che batte regolarmente aiuta il cervello a mantenersi in forma. È il risultato di uno studio appena pubblicato sul Journal of the American Heart Association e curato dagli scienziati dei reparti di Terapia intensiva e Medicina del dolore del General Hospital del Massachusetts e dal Brigham and Women’s Hospital di Boston, coordinati dal professor Peng Li. Secondo i ricercatori, la connessione tra i due organi non risiede solo nella relazione indiretta del flusso sanguigno, ma in un rapporto bi-direzionale, dove il cuore invia segnali neurali che influenzano l’attività cerebrale in tempo reale.

Gli autori dello studio hanno preso in considerazione una caratteristica ben specifica del battito cardiaco, e cioè la variabilità della frequenza cardiaca (complexity of pulse rate): in pratica il modo in cui il ritmo del nostro cuore si adatta a tutti gli stimoli interni ed esterni, variando appunto la sua frequenza. Una buona variabilità è segno di un muscolo cardiaco in buona salute, mentre avere un indice basso indica che il cuore non risponde adeguatamente ai segnali che arrivano dal nostro organismo o dal mondo esterno. Lo studio statunitense, che si è basato sull’osservazione di oltre 500 individui con un’età media di 82 anni che per quasi 5 anni sono stati monitorati ogni notte con i pulsossimetri, ha ora fatto ipotizzare – con test cognitivi ripetuti ogni anno- che la bassa variabilità potrebbe essere anche legata a un maggiore declino cognitivo e quindi potrebbe predisporre alle demenze. Questi studi sul legame cuore-cervello aprono scenari promettenti per la prevenzione e il trattamento di numerose condizioni neurologiche e psichiatriche, come l’ansia, la depressione, l’insonnia. Ma anche le patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer potrebbero essere influenzati da alterazioni nella comunicazione cuore-cervello. “Il nostro lavoro suggerisce che intervenire sul ritmo cardiaco, ad esempio attraverso tecniche di respirazione controllata, esercizi di biofeedback o stimolazione del nervo vago, potrebbe modulare positivamente l’attività cerebrale,” spiega il professor Li. “È un approccio non invasivo e potenzialmente molto efficace per sostenere la salute mentale.”

Autore
Panorama

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