Crotone, la Procura chiede 4 anni per l’ex direttrice regionale dell’Inps

  • Postato il 22 novembre 2024
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Crotone, la Procura chiede 4 anni per l’ex direttrice regionale dell’Inps

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La Procura di Crotone chiede 4 anni per truffa per l’ex direttrice regionale Inps assunta senza concorso. La difesa: «Iter legittimo»


CROTONE – Quattro anni di reclusione. Questa la richiesta di condanna avanzata dalla pm Rosaria Multari nei confronti di Alessandra Infante, l’ex direttrice regionale dell’Inps imputata di truffa, clamorosamente licenziata quattro anni fa e già dirigente della sede provinciale di Crotone. Insieme a lei, con le accuse, a vario titolo, di truffa, falso e abuso d’ufficio, nel registro degli indagati era finito l’intero ex cda del Copross (consorzio provinciale per i servizi sociali), da cui Infante proviene, per tutta una serie di atti che la Guardia di finanza, che svolse le indagini, riteneva ideologicamente falsi in quanto “attestanti l’inesistente qualifica dirigenziale a tempo indeterminato” e volti a “trarre in inganno il ministero delle Finanze e l’Inps”.

Sotto la lente della Procura anche il regolamento sull’ordinamento degli uffici del Copross, approvato nel 2001, che, stando al capo d’accusa, non prevedeva figure dirigenziali nell’ente. Sulla base delle false attestazioni, Infante, con domande di trasferimento inoltrate all’Inps nel 2005 e al Mef nel 2007, avrebbe dichiarato, sempre secondo l’accusa, di essere in possesso della qualifica di dirigente.

CROTONE, IL DANNO PATRIMONIALE, L’INCHIESTA E LA REQUISITORIA CON LE ACCUSE ALL’EX DIRETTRICE REGIONALE DELL’INPS

Il danno patrimoniale contestato è di oltre un milione e 700mila euro, pari a emolumenti e contributi percepiti dal 2005, tant’è che la pm ha chiesto anche un sequestro per equivalente della stessa somma a carico di Infante. Ma c’è da dire che la Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti, ritenendo legittimo il percorso professionale di Infante, ha già archiviato il presunto danno erariale.

La questione ruota tutta intorno alla natura di ente pubblico (non economico) del Copross, soggetto alle norme delle Aziende speciali e dal quale non sarebbe possibile la mobilità. I reati di falso e abuso d’ufficio, originariamente contestati, sono ormai prescritti. Il gup di Crotone, che respinse una richiesta di archiviazione della stessa Procura, condannò, a 1 anno e 9 mesi di reclusione (pena sospesa), l’unico imputato che ha scelto il rito abbreviato, Sandro Bernardini, ex presidente del Copross, e prosciolse tre ex membri del cda, disponendo il rinvio a giudizio, oltre che per Infante, anche per l’ex responsabile del procedimento, Michele Scappatura, per il solo reato di truffa.

La pm ha chiesto per quest’ultimo, ritenuto estraneo alla procedura di assunzione, l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”. Il concorso nel reato, secondo la pm, è di Infante con il solo Bernardini. Nella sua requisitoria, la pm ha parlato, a proposito dell’assenza di concorso pubblico, di “peccato originale” che si è riverberato sui successivi passaggi “illegittimi e artificiosi”. Peccato originale che consisterebbe nella trasformazione di un rapporto di consulenza in rapporto dipendente attraverso una selezione mediante colloquio e titoli e nell’assunzione di incarichi dirigenziali grazie un “concorso per fotografia”, nel senso che era riservato a chi aveva avuto incarichi a tempo nel Copross.

PARTE CIVILE

Alle richieste si è associata l’ex funzionaria Maria Teresa Arcuri, oggi in pensione, che con le sue denunce ha innescato questo e altri procedimenti (già archiviati) a carico di Infante. L’avvocato Luciano Sgrizzi, che rappresenta Arcuri, ha evidenziato, tra l’altro, che il Mef non ha verificato i requisiti per la mobilità e ha chiesto un risarcimento di 500mila euro per la sua assistita, destinataria di procedimenti disciplinari, da parte di Infante, che ne hanno bloccato la progressione di carriera. Alle richieste del pm si sono associati anche Mef e Inps (difeso dall’avvocata Ilda Spadafora).

LA DIFESA

La parola è quindi andata ai difensori di Infante. L’avvocato Vincenzo Ioppoli ha innanzitutto rilevato la prescrizione ventennale del reato di truffa citando una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione su un caso analogo di assunzione nel pubblico impiego in quanto il reato non è prolungato ma istantaneo e la percezione degli emolumenti post factum non ha rilevanza penale e non è punibile. Ma, soprattutto, ha ripercorso documenti e norme che, interpretati correttamente, secondo la difesa, portano all’affermazione di non colpevolezza.

La legittimità dell’iter, ha ricordato il legale, è stata peraltro riconosciuta dal ministero della Funzione pubblica sollecitato con un’interrogazione parlamentare. E gli altri ex dipendenti del Copross lavorano nella pubblica amministrazione. Una è addirittura dipendente del ministero della Giustizia. «Lei è l’unica a casa, la sua pena l’ha già pagata sulla sua carne con l’esposizione mediatica e il procedimento disciplinare». L’avvocato respinge l’”enfasi” con cui è stato chiesto il sequestro di somme che «non sono provento di truffa o di una vincita in una bisca ma l’insieme degli stipendi percepiti nel corso della carriera con onore e diligenza, senza mai reclami disciplinari e frutto di anni di lavoro e sacrifici».

CROTONE, EX DIRETTRICE REGIONALE DELL’INPS ACCUSATA DI TRUFFA: DECISIONE PREVISTA A DICEMBRE

L’avvocato Aldo Truncè ha evidenziato «L’assenza di un ruolo attivo di Infante nella presunta truffa. L’imputata sarebbe stata solo la beneficiaria di un sistema che funzionava in quel modo per tutti». Il legale ha rilevato «la legittimità delle procedure di assunzione e promozione e la natura giuridica del Consorzio, ente pubblico non economico». Da qui la conformità delle mobilità adottate, dal Copross al Mef e poi all’Inps. Inoltre, l’avvocato ha osservato che «L’intera carriera professionale di Infante è stata oggetto di indagini approfondite, senza che mai sia emersa alcuna prova di illeciti». Ma si è soffermato anche sul «carattere politico e mediatico della vicenda» che ha portato a «un accanimento giudiziario ingiustificato».
L’avvocato Francesco Laratta, difensore del rup, ha detto che la prova dell’innocenza del suo assistito è «documentale, come rileva lo stesso pm».
La decisione della giudice Assunta Palumbo è prevista per il 12 dicembre.

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