Crotone, il pestaggio di Davide fu tentato omicidio: sale a 12 anni la pena per l’istigatrice

  • Postato il 11 marzo 2025
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Crotone, il pestaggio di Davide fu tentato omicidio: sale a 12 anni la pena per l’istigatrice

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La Corte d’Appello si uniforma alla Cassazione sul caso di Davide. Pena più alta per l’istigatrice della spedizione punitiva di Crotone


CROTONE – Il reato di lesioni gravissime è stato riqualificato in quello di tentato omicidio. E la condanna sale da 8 a 12 anni di reclusione per Anna Perugino, presunta istigatrice della spedizione punitiva nei confronti di Davide Ferrerio, il ventenne bolognese che versa ancora in gravissime condizioni dopo il brutale pestaggio subito l’11 agosto 2022 a Crotone per un clamoroso errore di persona. La Corte d’Appello di Catanzaro, accogliendo la richiesta della Procura generale, si è uniformata al responso della Cassazione, che nei giorni scorsi, nel troncone processuale del rito abbreviato, ha condannato Nicolò Passalacqua per tentato omicidio, in via definitiva, a 12 anni e 8 mesi.

 Nel filone del rito ordinario, in primo grado il Tribunale penale di Crotone aveva ritenuto che non si fosse trattato di un tentato omicidio perché gli imputati non avevano «previsto» né «voluto» un’«evoluzione così grave della vicenda». La donna, infatti, fu condannata a 8 anni e l’accusa di concorso anomalo in tentato omicidio venne derubricata in lesioni gravissime. La Corte d’Appello ha, inoltre, condannato a 5 anni e 4 mesi Andrej Gaju, assolto in primo grado.

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LA VICENDA

È la vicenda per cui fu arrestato, nell’immediatezza dei fatti, il picchiatore Passalacqua, immortalato dagli impianti della videosorveglianza installati nei pressi del luogo dell’aggressione. Le indagini della Squadra Mobile della Questura avevano fatto luce anche sul ruolo degli altri due imputati. La donna, in particolare, per l’accusa avrebbe organizzato l’incontro con il titolare dell’account Instagram con le false generalità dell’ex fidanzato della figlia, minorenne all’epoca dei fatti, al fine di dare una “lezione” a un 31enne che chattava con la ragazza (giudicata separatamente, è stata affidata ai Servizi sociali dal Tribunale minorile di Catanzaro).

La ragazza, leggendo ad alta voce un messaggio, avrebbe così riferito il dato della presenza del suo interlocutore a Passalacqua che, dopo aver notato il malcapitato Ferrerio con una camicia bianca, lo raggiunse, inseguendolo e colpendolo durante la corsa con un pugno al cranio e lasciando la vittima in gravissime condizioni sull’asfalto della centralissima via Vittorio Veneto.

LA PERIZIA

Il professor Francesco Introna, il consulente nominato dal Tribunale penale di Crotone, ha sostenuto che grazie a un video “migliorato” si può desumere che la vittima non fu colpita con due pugni, come si riteneva prima, di cui uno al cranio, ma con uno solo. Un pugno sferrato alla regione frontale. Inoltre, sarebbe stato l’impatto col cranio al suolo ad essere letale a causa della fragilità ossea della vittima per una osteogenesi imperfetta. La stessa consulenza è stata versata nel processo d’appello. Ma la decisione dei giudici è stata diversa in secondo grado.

GLI AVVOCATI

I difensori, gli avvocati Aldo Truncè e Michele Loprete, hanno sostenuto l’estraneità dei loro assistiti al raid, individuando contraddizioni, a loro avviso, in testimonianze e intercettazioni e facendo leva sulla perizia Introna. Gli avvocati di parte civile Fabrizio Gallo e Gabriele Bordoni si erano associati alle richieste del pg. I giudici di primo grado avevano condannato l’imputata anche a una provvisionale immediatamente esecutiva di 500mila euro in favore di Davide e di altri 450mila euro in favore dei familiari, più il risarcimento da liquidare in sede civile; altri 10mila euro l’imputata è stata condannata a versarli a Comune e Provincia di Crotone. Questa parte della sentenza è stata confermata su richiesta delle parti civili.

REAZIONI

«Finalmente un giudice a Catanzaro – ha detto l’avvocato Gallo, legale della famiglia Ferrerio – ha riportato serenità ai congiunti di Davide. Era evidente fin dal primo momento che si era di fronte a un tentato omicidio e non a un caso di lesioni, come del resto hanno stabilito i supremi giudici. La Corte d’Appello ha fatto giustizia».

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