«Costruire nuovi ospedali? Sì ma serve una sanità per anziani»

  • Postato il 10 marzo 2025
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«Costruire nuovi ospedali? Sì ma serve una sanità per anziani»

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Sanità, Ettore Jorio lavorò nel 2007 nel primo tentativo di costruire ospedali con la ProCiv: «Ma il punto è fare quello di cui i calabresi hanno bisogno»


Ettore Jorio, professore e avvocato, è uno dei grandi protagonisti della sanità calabrese. E proprio con Jorio abbiamo parlato del recentissimo commissariamento di Protezione civile per l’edilizia sanitaria. Una novità? No, proprio Ettore Jorio fu nominato soggetto attuatore diciotto anni fa, durante il primo commissariamento di Protezione civile.


Professore qual è il suo giudizio sulla decisione del Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato di emergenza ospedaliera in Calabria?


«Lo ha ben scritto Il Quotidiano di sabato. Altro non è che affidare alla Protezione civile la costruzione dei tre presidi ospedalieri di Gioia Tauro, di Vibo Valentia e della Sibaritide per far sì che si acceleri la loro realizzazione e la loro messa a terra».

Ma occorreva il ricorso ai poteri della protezione civile? Si tratta di un atto di sfiducia nei confronti della gestione del commissario ad acta Roberto Occhiuto? Una sorta di accusa sul troppo tempo perso?

«Il ricorso ad una siffatta procedura non è nuovo per la Calabria. Avvenne già nel dicembre 2007 con la nomina di Vincenzo Spaziante a commissario di protezione civile, a seguito delle morti per malasanità di Federica Monteleone e Fabio Scutellà nonché dell’impossibilità di arrivare a rendicontare il debito pregresso. Allora fui chiamato, per volontà di Agazio Loiero, a supportare Vincenzo Spaziante nella qualità di soggetto attuatore, incaricato di rendicontare il debito pregresso. In quattro mesi mandammo le relative relazioni a Loiero (dicembre 2008) e Berlusconi (gennaio 2009) e arrivò il riconoscimento del Governo nell’Ordinanza di Protezione civile. La Calabria ricorse al mutuo agevolato a fronte del quale si stanno pagando le rate, mi pare di oltre trenta milioni annui.

Dovevamo anche perfezionare le fusioni tra le 11 Asl calabresi nelle attuali 5 Asp, un adempimento che fu realizzato in meno di quattro mesi. Tali erano i compiti del commissario Spaziante oltre che quelli di provvedere a ripartire, mi pare, 300 milioni in rinnovo delle tecnologie ospedaliere, cosa che lo stesso fece celermente.

E ancora progettare e realizzare gli allora quattro presidi ospedalieri in Catanzaro, Gioia Tauro, Vibo Valentia e nella Sibaritide, se non ricordo male finanziati con 900 milioni. Rispetto a tale incarico sopravvennero, prima, delle perplessità strutturali, in relazione ai suoli prescelti dalla amministrazioni locali (Vibo Valentia), e di tipo giuridico-economiche che consigliarono a Spaziante maggiori approfondimenti.

Sulla lentezza degli interventi di progettazione e inizio lavori sorse addirittura un diverbio che portò ad un contenzioso penale tra il presidente della Regione, Agazio Loiero, e il commissario (che era anche assessore alla sanità), poi finito in un nulla di fatto, dato che l’iniziativa di Spaziante poggiava su una norma che spostava ogni nuovo intervento realizzativo a dopo il risanamento economico.

Così come comunicato con due lettere ai ministri Tremonti e Sacconi dell’agosto 2009».

Tanta roba. Sono però in pochi a ricordarlo. Un ritardo quindi che risale a quasi due decenni.


«Già. Un evento che tutti dimenticano nel fare la conta del commissariamento della Calabria (18 anni e non 15), disposto dal Governo a seguito dei disastri succedutisi nel tempo. Aggiungo, io terminai la rendicontazione del debito pregresso a tutto il 2008, in soli quattro mesi, grazie anche ad un intelligente contributo della burocrazia delle 11 aziende sanitarie e della Regione, che ebbi l’onere di fondere nelle attuali 5 Asp».

E i tre ospedali, messo da parte quello di Catanzaro, che fine fecero?


«Oltre ai problemi di blocco legislativo, insorsero, come dicevo, problemi di sicurezza idrogeologica sul terreno scelto per l’ospedale di Vibo Valentia, che è bene ricordare sono stati risolti all’inizio della legislatura Occhiuto, nei primi mesi del 2022, anche grazie alle sollecitazioni del procuratore delle Repubblica vibonese, Camillo Falvo, con una apposita conferenza dei servizi sulla messa in sicurezza del “fosso Calzona-Rio Bravo”, alla quale partecipai come allora consulente del governatore. Seguirono problemi causati dalla precarietà aziendale delle imprese appaltanti che hanno comportato il ricorso ai rimedi previsti dalla legge fallimentare.

Da parte mia e di Spaziante, prima che tutto ciò accedesse, ogni cosa fu fatta secondo convenienza e nel rispetto esclusivo del diritto pubblico. Tant’è che il governo Berlusconi, riconosciuto il “completamento delle attività relative all’accertamento dei disavanzi finanziari pregressi”, mi assegnò il compito, relativamente agli ospedali programmati, di organizzare e vigilare sui centri di costo e responsabilità.

Iniziai una tale mission, ma le vicende concorsuali che succedettero alle imprese affidatarie dei lavori, non generarono nulla, rendendo vana ogni individuazione di “centri di costo e responsabilità delle attività facenti capo ai diversi soggetti attuatori”».

Quindi, il nominando commissario di protezione civile (Roberto Occhiuto) dovrà nominare soggetti attuatori per tutte le attività?


«Può e, secondo me, non può farne a meno. Ciò sarà, credo, previsto nella Ordinanza della Protezione Civile del 7 marso scorso che non ho avuto modo di leggere. Non solo.

Dovrà farlo con la condivisione governativa e con l’assegnazione degli incarichi uguali a quelli che ebbi io nel 2009 di organizzare e vigilare sui centri di costo e responsabilità dei soggetti attuatori, credo individuati nei Direttori generali delle Asp».

Ma una situazione simile, vale a dire arrivare a commissari sempre e ovunque, che immagine offre alla collettività?


«Che è saltato il banco, in Calabria più che altrove. E ancora, quest’ultima iniziativa del Governo equivale ad un colpo alla schiena del Nuovo codice dei contratti, restaurato da ultimo il 31 dicembre scorso, definito dal governo Draghi e applaudito da tutti».

Veniamo ad oggi, il tema è capire le ragioni che spingono a realizzare strutture previste e pensate vent’anni fa. Lei cosa ne pensa?


«Una regione che scende vertiginosamente come popolazione, a causa della denatalità e dei giovani che scappano, ha il dovere di assicurare alla collettività una cura maggiore di quella che garantiva prima. La comunità che rimane in Calabria è, infatti, composta da anziani. In quanto tali bisognosi di una assistenza diversa da quella ospedaliera. Assistenza che deve parlare ai nonni e non più ai nipoti. In una tale logica occorre revisionare gli obiettivi di ieri, quando la demografia segnava una cifra di oltre due milioni, e ridisegnarli in base a quelli di domani, oramai destinati ad un milione e mezzo di abitanti.

Di cui molti anziani, per la maggior parte malandati, lontani dai siti di cura ospedaliera e da quelle case della comunità (sempre se ci saranno) programmate con i piedi, con un’assistenza territoriale di prossimità coperta dalle ortiche.

Vanno dunque assolutamente rivisti gli investimenti di ieri, figuriamoci se vecchi di vent’anni. Il fabbisogno cambia così velocemente da fare diventare antiquariale ogni previsione anche vecchia di pochi anni. Finalmente, dopo grandi errori di chiamata pregressi, è arrivata in Calabria una dirigente, Kyriakoula Petropulacos, veramente esperta in sanità pubblica».

Viste le premesse, avrebbe dunque sbagliato Roberto Occhiuto ad investire sulle procedure emergenziali di protezione civile per i tre ospedali di Gioia Tauro, Vibo Valentia e della Sibaritide?


«Per quelli che registrano uno stato avanzato di edificazione, ha avuto ragione il commissario ad acta a rivendicare procedure spedite per la realizzazione di quanto programmato. Per il resto, io al posto suo avrei programmato privilegiando più la cura verso la cronicità che verso le acutezze. Avrebbe avuto maggiore ragione dedicando molto di più, tempo e denaro, a rivedere la programmazione. Da rendere più reale e non mirata ad esporre lustrini, e adeguarla alla particolare caduta demografica.

Una Sanità particolare perché disseminata nei costoni preappenninici, sino ad arrivare alle belle montagne, silane, aspromontane e del Pollino, dove gli anziani desiderano morire. Dove sono costretti a farlo senza però un minimo di assistenza. In Calabria occorre dire basta alle illusioni vendute da decenni insieme ai mostaccioli di Soriano Calabro. Quel dolce tradizionale pieno di carta stagnola colorata capace di stimolare qualche risata ai nonni durante le fiere paesane al cospetto delle diverse forme caricaturali che tali dolci figurano».

Considerando i tre ospedali con commissariamento di protezione civile e gli altri importanti presidi da costruire con i fondi Inail (proprio per questo pubblici), vengono spontanee tre domande. Con la popolazione in netta decrescita e soggetta ad invecchiamento, l’iniziativa è proprio necessaria? Incrementare l’offerta ospedaliera per acuti, da realizzare nel medio periodo, non sarà spropositata per la popolazione che sarà? Con i calabresi che vivranno la Calabria da qui a dieci anni in poi non sarebbe più utile una programmazione e realizzazione di strutture per i malati cronici?


«Queste non sono domande, ma un Piano sanitario regionale. Scherzi a parte, lei ha perfettamente ragione. I fabbisogni epidemiologici da soddisfare sono quelli di domani e non quelli di 20 anni fa. Sarebbe occorsa la revisione di tutto, ma si è continuato a fare ciò che hanno fatto tutti.

Peraltro, le condizioni della finanza pubblica non sono tali da potersi permettere incrementi di spesa realizzativa e di conseguente costosa manutenzione che vadano al di sopra della necessità e dell’impellenza. Per non parlare del personale occorrente.

L’altro tema, che allora ci ponemmo con Spaziante, da assessore alla sanità con la saggia interpretazione del bisogno sociale che fece Agazio Loiero, riguardava: il “nel frattempo?”. Ovverosia, negli anni occorrenti per edificare ospedali cosa si offre ai calabresi, affamati di assistenza? Questo era ed è il dramma vero».

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