Così Erdogan punta a mediare sul tavolo ucraino (con l’aiuto di Trump?)

  • Postato il 21 gennaio 2025
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  • Di Formiche
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Dopo il cessate il fuoco a Gaza, tocca all’Ucraina? Recep Tayyip Erdogan lo spera vivamente e manda un messaggio a Donald Trump: intende essere questa volta mediatore riconosciuto dagli Usa per plasmare un anno di pax (e ricominciare così a fare affari). Nelle stesse ore in cui il 47mo presidente americano giurava e pronunciava il suo discorso in occasione dell’insediamento, sul Bosforo si ragionava su un lasso di tempo semestrale. Ovvero la distanza che separa l’accordo sulla striscia di Gaza da quello potenziale tra Kyiv e Mosca. Minimo comun denominatore è la nuova amministrazione americana che, come lo stesso Trump ha detto nel suo discorso di ieri, vuole far cessare i conflitti.

Qui Kiev

Quasi millecento giorni di guerra hanno determinato un quadro complicatissimo. Secondo Trump Vladimir Putin sta “distruggendo la Russia” non raggiungendo un accordo per porre fine alla guerra con l’Ucraina. “Dovrebbe stringere un accordo. Penso che la Russia sarà in grossi guai. Putin? Non può essere entusiasta, non sta andando molto bene. Voglio dire, sta lavorando duramente, ma la maggior parte delle persone pensava che la guerra sarebbe finita in circa una settimana, e ora sono passati tre anni, giusto?”. Da Kyiv ha replicato Volodymyr Zelensky, secondo cui il presidente Trump “è sempre risoluto e la politica di pace attraverso la forza che ha annunciato offre un’opportunità per rafforzare la leadership americana e raggiungere una pace giusta e a lungo termine, che è la massima priorità. Siamo più forti insieme e possiamo fornire maggiore sicurezza, stabilità e crescita economica al mondo e alle nostre due nazioni”.

Se la devastazione su territorio ucraino è sotto gli occhi di tutti, diverso è il ragionamento circa i danni economici che sta patendo la Russia: il nemico numero uno del Cremlino si chiama deficit di bilancio, che ammonta a circa 3 trilioni di rubli per il terzo anno consecutivo. Escludendo le entrate derivanti dagli idrocarburi, come petrolio e gas, il deficit si è ampliato al 7,3% del pil, dal 7% fatto registrare nel 2023.

Qui Ankara

Le intenzioni di Erdogan sono note e, a maggior ragione dopo l’insediamento di Trump, vedono una possibilità diversa rispetto al recente passato: per cui Ankara si candida a svolgere un ruolo al tempo stesso delicato e decisivo in una eventuale mediazione fra Mosca e Kiev. Lo ha detto apertamente lo stesso presidente turco che intende discutere la fine della guerra tra Russia e Ucraina con il nuovo presidente degli Stati Uniti.

“Affronteremo la questione nei miei colloqui con il signor Trump e prenderemo le misure necessarie”, aggiungendo che le restrizioni internazionali sulla Siria devono essere revocate per avviare gli sforzi di ricostruzione. Ucraina, Siria e Gaza sono dunque legate nei ragionamenti erdoganiani, perché si tratta di fasi che devono essere gestite in maniera uniforme, sia da un punto di vista geopolitico che logistico. Sul cessate il fuoco a Gaza, Erdoğan ritiene che tutte le fasi dell’accordo devono essere pienamente implementate e che gli aiuti umanitari devono essere consegnati senza interruzioni nella Striscia.

Scenari

Cosa può cambiare oggi rispetto, ad esempio, alla crisi del grano quando Erdogan provò a incunearsi nell’affare bellico e commerciale sia per favorire lo sblocco delle navi, sia per assumere una posizione di primo piano dinanzi alla comunità internazionale che osserva il conflitto? Tre elementi su tutti.

Primo: la contingenza legata ai danni da guerra procede di pari passi con i desiderata di Trump, che conta di favorire un accordo nell’anno in corso, per ragioni politiche e pragmatiche. Secondo: la rapida evoluzione del dossier siriano ha in qualche modo indebolito la presenza russa nel Mediterraneo, privandola del porto di Tartus, così da metterla in una posizione negoziale diversa, al pari di interlocutori come l’Iran. Terzo: se Ankara gradirebbe sin da subito in Siria lo schema “Libia”, il cui regista è stato l’attuale ministro degli esteri Hakan Fidan (ieri a capo dell’intelligence turca), andranno valutate le mosse del golfo e la contemporanea reazione israeliana post cessate il fuoco, che avranno riverberi sulle cancellerie che si approcceranno al tavolo ucraino. Compreso chi si è già portato avanti alla voce ricostruzione. Nel mezzo una certezza: Erdogan intende portare a termine il suo ultimo mandato con un successo in politica estera.

Autore
Formiche

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