Cos’è la polmonite interstiziale che ha colpito Beppe Vessicchio e il ruolo dei suoi “polmoni non perfetti” a causa dell’amianto: “La caratteristica sono i rantoli a velcro”
- Postato il 9 novembre 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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È morto a 69 anni Beppe Vessicchio, direttore d’orchestra amatissimo dal pubblico e volto simbolo del Festival di Sanremo. Il maestro, ricoverato al San Camillo Forlanini di Roma, è stato stroncato da una polmonite interstiziale rapidamente evolutiva. Nel 2022 aveva contratto il Covid-19, e già allora aveva confidato di avere “polmoni non perfetti”. Un’espressione che oggi, alla luce della diagnosi, suona come un presagio. In un’intervista aveva raccontato le sue origini a Bagnoli, quartiere di Napoli segnato da decenni di esposizione ambientale all’amianto, dove il padre lavorava come funzionario dell’ex Eternit: “Sono nato e cresciuto a Bagnoli… Amianto dappertutto. Giocavamo da bambini con le vasche d’amianto”. Un racconto che restituisce il contesto di un’Italia industriale dove il rischio sanitario era invisibile ma diffuso. E che oggi invita a chiedersi se quella esposizione precoce possa aver contribuito alla fragilità respiratoria che lo ha accompagnato fino alla fine.
Cos’è la polmonite interstiziale
Con il termine “polmonite interstiziale” non si indica una sola malattia, ma un gruppo eterogeneo di patologie che colpiscono l’interstizio polmonare, ossia il tessuto di supporto che circonda gli alveoli e i capillari. Quando questo tessuto si infiamma e si ispessisce, l’ossigeno fatica a passare nel sangue e il polmone perde elasticità.
Le cause
Alla base della patologia ci possono essere diversi fattori:
– infettivi, come virus (SARS-CoV-2, virus influenzali, Mycoplasma, Tbc) o funghi;
– autoimmuni, collegate a malattie del connettivo (es. artrite reumatoide, sclerodermia);
– ambientali e professionali, come appunto l’inalazione cronica di amianto, silice, polveri metalliche, grano o piume animali;
– farmacologici, legati a reazioni tossiche di chemioterapici o antibiotici.
I sintomi
I sintomi iniziano spesso in modo subdolo: dispnea (mancanza di fiato) durante gli sforzi, tosse secca persistente, astenia e perdita di peso. Con il tempo la respirazione diventa sempre più difficile, fino all’insufficienza respiratoria. All’auscultazione si sentono i caratteristici “rantoli a velcro”.
Come si cura
Il trattamento dipende dall’origine e dallo stadio della malattia. Nei casi infiammatori o autoimmuni si usano corticosteroidi e immunosoppressori per contenere il danno. Nei casi fibrotici progressivi, la terapia si concentra su farmaci antifibrotici che rallentano la perdita di funzionalità polmonare.
Il trapianto di polmone resta oggi l’unica opzione realmente curativa, ma è riservato a pazienti selezionati.
Nei casi secondari a Covid-19, il trattamento include ossigenoterapia, riabilitazione respiratoria e un monitoraggio a lungo termine.
La possibile correlazione con l’amianto
L’amianto è riconosciuto da tempo come un agente capace di provocare asbestosi, una forma di fibrosi polmonare interstiziale dovuta all’accumulo cronico di fibre respirabili. Tuttavia, negli ultimi anni la ricerca ha chiarito che i confini tra asbestosi e polmonite interstiziale idiopatica (IPF) possono essere sfumati.
Una revisione pubblicata dai Centers for Disease Control (CDC) afferma: “È da tempo riconosciuto che l’esposizione all’amianto può provocare alterazioni patologiche e radiografiche indistinguibili dalla fibrosi polmonare idiopatica” (CDC, “Asbestos and Interstitial Lung Disease”, 2024). Un’altra analisi pubblicata su Frontiers in Medicine (2024) aggiunge che “La maggior parte dei casi di malattie polmonari interstiziali deriva da un fattore eziologico, come l’esposizione ad amianto o ad altre sostanze nocive” (Frontiers in Medicine, 2024). Non esiste dunque un nesso univoco, ma una plausibilità biologica: nei soggetti che hanno respirato fibre d’amianto per anni, il polmone può sviluppare una risposta infiammatoria cronica che, con l’età o dopo infezioni virali, evolve in fibrosi interstiziale.
L’esperto: “Bisognerebbe diffondere la spirometria”
“Oggi non si dovrebbe più morire di polmoniti acute come avveniva in passato – spiega al FattoQuotidiano.it il professor Giacomo Mangiaracina, medico specialista in Salute Pubblica e Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Prevenzione -. Dopo i 65 anni viene raccomandata la vaccinazione antipneumococcica, specialmente nei soggetti fragili, mentre nelle forme interstiziali viene consigliata la spirometria come forma di monitoraggio dell’evoluzione. È ovvio che l’intervento di altri fattori, in primis il fumo di tabacco o l’esposizione a polveri, possano fare precipitare gli eventi. A maggior ragione, i test spirometrici vanno assolutamente consigliati. In Italia si prescrivono un’infinità di elettrocardiogrammi spesso inutili e poche spirometrie. È il caso di rivalutare questo esame”.
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