Cosa succede a Gaza a un mese dalla tregua. Il 'nodo' del disarmo di Hamas
- Postato il 10 novembre 2025
- Estero
- Di Agi.it
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Cosa succede a Gaza a un mese dalla tregua. Il 'nodo' del disarmo di Hamas
AGI - È passato un mese da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco a Gaza: l'esercito israeliano si è ritirato dietro la Linea Gialla, Hamas ha rilasciato gli ultimi 20 ostaggi ancora in vita e restituito buona parte delle salme. Migliaia di detenuti palestinesi sono stati scarcerati e liberati tra la Striscia e la Cisgiordania, con una parte di loro esiliati in Egitto, e centinaia di corpi di palestinesi sono stati riconsegnati alle famiglie.
L'ingresso di aiuti umanitari nell'enclave palestinese è migliorato, ma è ancora troppo poco e troppo lento per soddisfare le necessità basilari della popolazione, ha avvertito l'Onu. L'Idf non bombarda più quotidianamente ma Gaza è ridotta a un cumulo di macerie e per i suoi abitanti la lotta per la sopravvivenza continua.
Il bilancio umano e i raid a Rafah
I soldati dell'Idf sparano a chiunque si avvicini alla 'Linea gialla' o tenti di superarla, mentre raid isolati proseguono contro "minacce", soprattutto nella zona di Rafah dove si sono verificati diversi incidenti. Dalle operazioni di scavo tra i detriti continuano a venire alla luce resti di vittime di oltre due anni di guerra che vanno a ingrossare il bilancio, arrivato ormai a oltre 69mila morti.
La tregua regge, la 'Fase uno' è conclusa
Nonostante ripetuti picchi di tensione e forti timori, finora la tregua ha sostanzialmente retto. Ma lo stop ai combattimenti, il ritiro dell'Idf e il ritorno degli ostaggi (le salme di quattro rapiti sono ancora nella Striscia) era solo la 'Fase uno' dell'accordo più ampio promosso dal presidente Usa Donald Trump e firmato dai leader in pompa magna durante il vertice egiziano a Sharm el-Sheikh il mese scorso.
Fase due: il nodo del disarmo di Hamas
I nodi evidenti sono ancora sul tavolo e riguardano principalmente la 'Fase due', quella più prettamente politica. Primo fra tutti, il disarmo di Hamas, un tema sul quale il gruppo militante palestinese non sembra aver intenzione di cedere. Un primo test sarà la risoluzione della crisi dei circa 200 miliziani bloccati in tunnel nella zona di Rafah, nel sud della Striscia, nell'area rimasta sotto controllo dell'Idf.
Per Israele la scelta è tra arrendersi o essere uccisi e da parte sua Hamas ha ribadito che la parola 'resa' non fa parte del suo vocabolario. Intanto i mediatori stanno cercando di mettere a punto una soluzione che permetta di uscire dall'impasse e alla tregua di sopravvivere.
La governance futura di Gaza e il 'Piano Trump'
Legato a questo tema, e al secondo nodo da sciogliere, c'è la questione della governance futura di Gaza e della gestione della sicurezza. Nel piano in 20 punti di Trump si fa riferimento a un 'Consiglio di Pace' presieduto dallo stesso capo della Casa Bianca, chiamato a supervisionare un governo di transizione temporaneo con tecnocrati palestinesi ed esperti internazionali responsabili della fornitura dei servizi essenziali, in attesa che l'Autorità nazionale palestinese attui le profonde riforme richieste.
La Forza Internazionale di stabilizzazione (Isf)
Fondamentale, ma ancora in alto mare, è la creazione di una Forza internazionale di stabilizzazione (Isf), composta da truppe di diversi Paesi arabo-musulmani, da schierare nell'enclave palestinese. Su questo è circolata una bozza di risoluzione da presentare al Consiglio di Sicurezza dell'Onu ma resta da capire chi ne farà parte e con quale mandato, cioè chi si prenderà la responsabilità di agire - manu militari - contro Hamas per disarmarlo e distruggere le infrastrutture terroristiche.
Negoziati e veti incrociati sulla sicurezza
E mentre proseguono sotto traccia i negoziati, ci sono i veti incrociati da tenere in considerazione: Israele rifiuta categoricamente la presenza di militari turchi nella Striscia mentre gli Emirati arabi uniti hanno fatto di recente informalmente sapere che, stante la mancanza di una chiara cornice, probabilmente non parteciperanno.
La ricostruzione di Gaza: sfide e sicurezza
La futura ricostruzione dell'enclave palestinese sembra ancora troppo lontana per parlarne, nonostante sia un 'affare' da decine di miliardi di dollari che fa gola a molti. Anche su questo si pone un problema di sicurezza, con la necessità di garantire che, al contrario del passato, il flusso di denaro non venga deviato verso la ricostruzione di tunnel e altre infrastrutture terroristiche di Hamas.
Il Futuro dello Stato Palestinese: Visioni a Confronto
Quanto infine a un possibile Stato palestinese, nel piano Usa in 20 punti si fa vagamente riferimento a un "dialogo" mediato da Washington per concordare "un orizzonte politico per una coesistenza pacifica e prospera" volto a creare le "condizioni per un percorso credibile verso l'autodeterminazione". Ma resta da vedere come questa visione potrà trovare una realizzazione, a fronte della convinzione del premier israeliano Benjamin Netanyahu, più volte ribadita, che "uno Stato palestinese non ci sarà mai".
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