Cosa fare e vedere a Taipei, dove l’Asia incontra l’Occidente

  • Postato il 6 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Si parte asciutti, ben pettinati, magari con un buon profumo addosso, perché freschi di doccia. Si ritorna, inevitabilmente zuppi di sudore, con la maglietta da strizzare, i capelli da pazzo, l’odore discutibile.

È probabile che la Elephant Mountain si chiami così per lo sforzo elefantiaco che richiede: non tanto per i troppi scalini, tutto sommato dalle altezze regolari e dalla numerosità ragionevole, ma per quel misto d’umidità e fatica che manda il corpo in tilt, trasformandolo in un’inarrestabile fontana.

Eppure, è la tappa immancabile, quel trionfo di natura nel cuore della città, un’orchestra di verde che distoglie la vista dalla litania del cemento. E non c’è prospettiva migliore per scrutare il Taipei 101 (foto in apertura), il bellissimo grattacielo della metropoli taiwanese, con quella sua pelle specchiata di rettile blu che se ne sta all’erta, immobile, a scalare le nuvole.

Salirci sopra, andarci dentro, è il solito cruccio della visita alle costruzioni simbolo: si coglie l’interno, si perde lo sguardo sul protagonista. Dentro, s’incontra un enorme uovo d’acciaio, dicono sia la più grande sfera del mondo, il perno di un raffinato sistema antisismico. Resta il fatto che il panorama, da lassù, non sia chissà cosa, meglio mettere da parte il senso dell’igiene e scalare la montagna dell’elefante per una foto ricordo sensazionale.

Taipei, nonostante le mire predatorie della Cina, non ha perso la sua anima ribelle. È un approdo non particolarmente seducente, ma è così pieno di vita, così facilmente navigabile, da meritarsi una sosta in questo pezzo di mondo alla pari di Singapore, Hong Kong e gli altri grandi hub aeroportuali da cui proseguire verso altre destinazioni, dalla Thailandia all’Australia.

Non fa sempre caldo, ma l’umidità in estate e la pioggia in inverno sono presenze costanti. Un perenne rischio bagnato che diventa elemento accumunante, trasversalità tra popoli, livella di censo e d’età. Talmente connaturata al luogo da rappresentarne una parte dell’identità, una sfumatura necessaria.

Come la fila da Din Tai Fung, per i suoi ravioli pieni di brodo caldo (niente paura, si consumano al chiuso con un’aria condizionata da querela), l’ennesima tentazione gastronomica che si trasforma in un’irresistibile dipendenza.

La catena ha varie sedi, quella più affollata è la più ovvia alle pendici del Taipei 101. Collegandosi al sito ufficiale si può sapere in tempo reale quanto occorre aspettare negli altri ristoranti. È una buona strategia, specie quando la coda supera le due ore. Ne vale comunque la pena, anche solo per leggere le istruzioni e capire come succhiare il brodo senza sporcarsi. Spoiler: ci si schizza comunque, meglio indossare una maglietta scura. O andarci subito dopo la discesa della Elephant Mountain (ci si arriva facilmente a piedi), tanto bisognerà mandare tutto in lavanderia.

A differenza di altre città asiatiche, Taipei non ha una sovrabbondanza di siti storici, si può vedere l’essenziale senza il rammarico di essersi lasciati dietro qualcosa di fondamentale. A cominciare dall’edificio alla memoria di Chiang Kai-shek, l’ex presidente, a cui è dedicato un imponente monumento dal tetto a punta su una piazza gigantesca. Ogni ora c’è il cambio della guardia, ma non è niente d’imperdibile.

Cosa fare e vedere a Taipei, dove l’Asia incontra l’Occidente
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Cosa fare e vedere a Taipei, dove l’Asia incontra l’Occidente

Da fare invece una deviazione al Tempio di Longshan, sacro, opulento e bassotto tra palazzi dal sentore brutalista, la prova che le necessità immobiliari sono prevalenti a queste latitudini. Taipei è una città da vivere più di notte che di giorno: dopo il tramonto le insegne luminose si accendono e addolciscono certe brutture edilizie, rendendole perdonabili all’occhio più esigente che si tuffa in un mosaico di scritte indecifrabili (per chi non mastica la lingua), dando un immediato effetto d’esotico.

Fino a sera tardi si mangia nei variopinti «night market» che non hanno l’igiene ossessiva di Singapore, ma rappresentano alternative a poco prezzo per mettere sotto i denti qualche specialità locale. Sebbene l’oro liquido per gli autoctoni sia il «bubble tea», il the con le perle di tapioca, proposto in decine e decine di varianti in negozietti di strada che si vantano, tutti, di essere gli inventori o perlomeno i depositari di una lunga tradizione. Un indizio per evitare la trappola per turisti: privilegiare quelli che accettano solo contanti e non hanno un menu in inglese. Se c’è la macchina automatica per ordinare con il lettore di carta di credito integrata, è opportuno girare alla larga.

A Taiwan il matrimonio gay è legale dal 2019 e il Paese è stato il primo in Asia a riconoscerlo. È un segnale del generale e diffuso spirito libertario che si respira nelle vie della movida quando comincia a farsi tardi, i vecchietti in bicicletta già dormono, alla pari dei bambini attesi da un altro giorno di scuola. Nulla di troppo stravagante, ma le evasioni non mancano.

Taipei è una Cina attutita, ammorbidita, che strizza volentieri l’occhio all’Occidente: l’inglese è parlato dappertutto in maniera accettabile, dai ristoranti ai chioschetti che danno informazioni in metropolitana. Ci sono centri d’arte come il «Huashan 1914 Creative Park» o il «Songshan Cultural and Creative Park» dove ex fabbriche, edifici industriali e casermoni abbandonati sono stati trasformati in botteghe di design, atelier, centri culturali e punti di ritrovo frequentati da giovani che si sentono «cool» perché potrebbero vestirsi allo stesso modo a Parigi come a New York.

A meno di non addentrarsi nel Paese, due o tre giorni sono sufficienti. Magari aggiungendo un paio di gite fuoriporta: una a Jiufen, delizioso villaggetto di montagna che pare uscito da un cartone animato di Hayao Miyazaki, per i suoi vicoletti stretti e le lanterne agitate dal vento. Unica nota negativa: è strapieno di turisti asiatici, nelle ore di punta si cammina a fatica. L’altra tappa è lo Yehliu Geopark, con le sue sculture di roccia che ricordano un paesaggio extraterrestre. Anche qui le folle sono la regola, ma almeno l’ampio spazio rende il tutto più tollerabile. Anche perché, dopo la sfacchinata della Elephant Mountain, è chiaro che il disagio è ben altro. Ben più sudato.

Come arrivare

Cosa fare e vedere a Taipei, dove l’Asia incontra l’Occidente

La compagnia aerea Eva Air collega l’aeroporto internazionale di Taipei con Milano Malpensa con un volo diretto che, da gennaio, diventerà giornaliero. Al momento è operato 4 volte la settimana. A bordo, tra le varie classi disponibili, c’è anche la nuova Premium Economy. Ampio spazio tra i sedili (106,68 centimetri), abbastanza per arrivare a destinazione comodi, reclinando per riposare meglio. La poltrona, peraltro, scorre in avanti e non disturba gli altri ospiti. Tra le dotazioni, uno schermo in alta risoluzione da 15,6 pollici (supportato da cuffie di qualità), prese e porte per ricaricare i propri dispositivi, pannelli laterali sui poggiatesta per aumentare la privacy. Per il servizio di pasti il vasellame è firmato dall’italiana Guzzini, mentre a ogni passeggero è distribuito un kit di cortesia per idratare la pelle durante il tragitto.

La compagnia organizza anche la Eva Air Marathon, competizione molto attesa che coinvolge fino a 25 mila corridori e quest’anno è in programma il 26 ottobre.

Dove dormire

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Taipei offre sistemazioni per ogni budget. Per trattarsi bene, un’ottima scelta è il Mandarin Oriental, innanzitutto per la sua posizione: si trova a 10 minuti di Uber (che ha tariffe molto convenienti) o 20 di metropolitana dalla stazione principale, da cui parte il treno che conduce direttamente in aeroporto. Il grattacielo Taipei 101 dista invece circa un quarto d’ora. L’albergo non passa inosservato, con la sua maestosa architettura di sapore europeo. Ha 47 suite e 256 stanze, tutte molto spaziose – si parte dai 55 metri quadri – e arredate con colori accoglienti e raffinatezza.

Tra i servizi, una piscina all’aperto dove rilassarsi dopo una lunga giornata, una grande spa e una selezione di boutique di lusso per assecondare improvvise tentazioni di shopping. Alle nostalgie di casa provvede il ristorante italiano Bencotto, anche se il pasto da non perdere è al ristorante stellato Ya Ge, che rivisita in chiave contemporanea la cucina cinese in un’atmosfera rilassata. Tra i piatti forti, classiconi come l’anatra alla pechinese, ma anche granchio al forno e aragosta fritta nel wok. Dopo cena ci si trasferisce per un cocktail al M.O. Bar con i suoi arredi Art Déco, mentre la colazione, con un buffet generoso e varie proposte à la carte, si fa al Café Un Deux Trois. Tra gli specchi della sala principale, spunta la sagoma di un rinoceronte. Un selvaggio logico preludio, per quanto inatteso, della montagna dell’elefante.  

Autore
Panorama

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