Cosa fa la flotta russa nel Mediterraneo
- Postato il 25 febbraio 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Durante la guerra fredda il bacino mediterraneo rappresentava un teatro di importanza strategica vitale per l’Unione Sovietica, che per tutelare i suoi interessi decise di istituire il celeberrimo “Quinto Squadrone Operativo” (пятая эскадра) appositamente per garantire la sua presenza navale nelle acque calde comprese tra Gibilterra, Suez e il Bosforo. Oggi l’Unione Sovietica non esiste più, così come il “Quinto Squadrone”, smantellato nel 1991. Ma Mosca ha ancora tutti i suoi interessi a disporre di una forza navale nel Mar Mediterraneo. E non a caso la Voenno-morskoj flot è ben presente in questo teatro, anche se in misura minore rispetto al passato.
La presenza navale di Mosca nel Mar Mediterraneo è il tema affrontato dal report della Nato Defence College “Playing the long game. Russia in the Mediterranean”, scritto da Giangiuseppe Pili (Assistant Professor della James Madison University, Associate Fellow del Royal United Services Institute e Senior Non-Resident Associate Fellow del Nato Defense College), Alessio Armenzoni (Associate Fellow del think thank londinese Open Source Centre), Gary C. Kessler (Presidente della Gary Kessler Associates, Principal Consultant di Fathom5, e Direttore del Maritime Hacking Village Inc) e Diane M. Zorri (Non-Resident Senior Fellow del Global and National Security Institute presso l’University of South Florida). Grazie al ricorso a immagini satellitari e analisi geospaziali, nel documento vengono delineate le caratteristiche e quantitative e qualitative della proiezione navale del Cremlino nel bacino mediterraneo, così come le differenze rispetto al passato.
“Oggi, Mosca riesce a mantenere simultaneamente una decina di navi nel Mediterraneo. Ai tempi dell’Unione Sovietica il numero di vascelli era cinque volte superiore. Ovviamente, la scala di operazioni si è notevolmente ridotta”, commenta Pili per Formiche.net. “Ma bisogna capire cos’è che il Cremlino vuole. Clausewitz affermava che dietro ad ogni operazione militare c’è un fattore politico. E questo caso non fa eccezione: Mosca vuole rimanere nel Mediterraneo, ma allo stesso tempo non vuole apparire come una minaccia reale per la Nato in questo teatro. E con questi numeri, di navi e di aerei, non lo è di certo”.
Tuttavia, specifica Pili, questi numeri sono sufficienti a svolgere alcune cose. Come a svolgere un ruolo di garanzia verso altre operazioni di carattere ibrido. “È nel Mediterraneo che avvengono molte delle operazioni illegali di trasbordo del petrolio condotte attraverso la ‘flotta fantasma’, attraverso cui il Cremlino commercia il petrolio senza rispettare le sanzioni imposte dall’Occidente”, spiega Pili. “Questo per via della relativa calma delle acque, degli spazi disponibili, e di altri fattori. Ci sono alcune aree specifiche dove avvengono le operazioni di trasbordo illegali. Ed è proprio in quelle aree spesso transitano le navi militari di Mosca. A tutela dei loro interessi”.
Ma oltre a fare signaling di questo tipo, le navi militari russe svolgono anche altri tipi di manovre nel Mediterraneo. Come ad esempio le esercitazioni congiunte: lo stesso report del Ndc mostra alcune immagini della cacciatorpediniera “Marshal Shaposnikov” ancorata nel porto di Alessandria accanto alla nave egiziana “Al-Galala”, assieme a cui aveva svolto delle esercitazioni congiunte. Ma le esercitazioni sono solo uno degli aspetti compresi sotto al più ampio ombrello della naval diplomacy, che Mosca conduce con un forte interesse nei confronti dei Paesi nordafricani come appunto Egitto, ma anche Algeria, Marocco e, ovviamente, Libia.
Che tra il Cremlino e il generale Khalifa Haftar, dominus della Libia Orientale, i rapporti siano molto buoni è tutt’alto che un segreto. E in più occasioni navi russe hanno sostato nei porti della Cirenaica, tanto che proprio di questi porti si è parlato come un possibile rimpiazzo per Tartus, la base siriana che è stata storicamente la principale sponda russa nel Mediterraneo. Con la caduta del regime guidato da Bashar Al-Assad sono emersi dubbi sull’effettiva volontà del nuovo governo siriano di lasciare la base di Tartus sotto il controllo di Mosca. Ma la situazione è ancora dubbia. “Dubito che se ne andranno facilmente da Tartus”, commenta Pili. “Di sicuro, non se ne andranno dal Mediterraneo”.