Corteo per Gaza, le opposizioni insieme: “Fermare il massacro, governo codardo”. E la piazza chiede unità ai leader
- Postato il 7 giugno 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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La chiamano “l’Italia che non tace” a differenza di un “governo codardo”, al quale viene chiesto almeno un segnale, una mossa, una parola, un segno di vita di fronte a quello che sta accadendo in Palestina. Già, ma cosa sta succedendo nella Striscia per mano dell’esercito di Israele? Un genocidio, per Giuseppe Conte. Una “pulizia etnica”, la chiama invece Elly Schlein. Ma se le differenze restano nelle sfumature linguistiche, per il resto la piazza per Gaza convocata a Roma dal centrosinistra è compattissima. E affollata, anche oltre le aspettative degli stessi organizzatori.
“Siamo 300mila”, viene annunciato dal palco di piazza San Giovanni che si riempie mentre c’è ancora una spezzone del corteo che si sta muovendo da piazza Vittorio, a quasi un chilometro di distanza. Al di là dei numeri, è innegabile che la partecipazione sia stata numerosa, calda e pacifica a dispetto dei dubbi e dei timori della vigilia. Conte, Schlein, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni stanno accanto dall’inizio alla fine. Un proposito, oltre che un segnale. Del resto la piazza, chiamata su un tema specifico, urla a ripetizione “unità, unità”, quando i leader di M5s, Pd e Alleanza Verdi Sinistra stanno per salire sul palco davanti a una folla che qualcuno azzarda essere “oceanica”.
Ci sono gli inviti a “fermare il massacro” portato avanti dal governo di Benjamin Netanyahu e costato oltre 60mila morti tra i palestinesi, di cui oltre 15mila bambini. C’è una grande bandiera con al centro il Guernica di Pablo Picasso, c’è un cartello con Giorgia Meloni e il premier israeliano accanto a Benito Mussolini e Adolf Hitler con un caustico commento: “Oggi come ieri, sempre dalla parte dei criminali”. È una manifestazione “unitaria e inclusiva”, dice Schlein che, innanzitutto, ha tenuto insieme il suo Pd su uno dei temi più scivolosi per i dem. A Roma è arrivata tutta l’ala riformista, da Stefano Bonaccini a Giorgio Gori. È un corteo in cui ci sono le bandiere di tutti i partiti di opposizione, una accanto all’altra: “Su questi temi concreti noi ci siamo con chiarezza, forza e determinazione. A noi piace mescolare le bandiere per una giusta causa”, rimarca Conte.
C’è tanta società civile: i volti noti dello spettacolo – Fiorella Mannoia, Paola Turci e Nanni Moretti – e larghe fette di associazionismo. L’Acli e le Arci sono le prime a chiedere “unità” dal palco. “La gente vi vuole insieme”, dice il presidente delle prime Emiliano Manfredonia. “Chiediamo di non arretrare nemmeno di un passo sulla mozione congiunta – dice il numero uno dell’Arci Walter Massa – Serve andare avanti con ancora più coraggio e determinazione. Per troppo tempo balbettii e silenzio sono sembrati complicità”. Dal pratone scrosciano applausi anche per Rula Jebreal e Luisa Morgantini che parlano apertamente di genocidio, Anna Foa chiede di fare “pressioni sul governo e l’Ue” e come Gad Lerner, contro il quale è piovuto qualche fischio, ricorda che “Israele deve salvarsi da se stessa”. Per tutti il governo Meloni è “complice” e Netanyhau va fermato.
A dirlo con più forza sono i quattro leader quando è il loro turno. Bonelli di Europa Verde si commuove parlando dei bambini di Gaza e dei loro corpi straziati: “Lo dico a Meloni, che usa il fatto di dirsi mamma: cara presidente, noi non vogliamo un governo codardo e vigliacco che con la mano sinistra dice, come dicono Tajani e Meloni”, che aiutano i bambini, “ma con la mano destra arma Israele”. Poi sferra un attacco a Matteo Salvini: “È andato a Tel Aviv, orgoglioso di stringere la mano al criminale Netanyahu che ha le mani sporche di sangue. Tu sei la vergogna d’Italia”, dice tra gli applausi.
Di governo “codardo e ipocrita” parla anche Fratoianni: “Come fate ad andare a dormire la sera? È arrivato il momento delle scelte. Quando l’ipocrisia diventa complicità noi diciamo a Meloni ‘basta’”, dice il leader di Sinistra Italiana. Tutti chiedono di fermare l’acquisto e la vendita di materiale militare da Tel Aviv, di muoversi per le sanzioni, di fare qualcosa. “Non è questa l’Italia che vogliamo, non è questa l’Italia che ci rappresenta, noi non siamo questo, voi non siete questo – urla Conte dal palco ripetendo più volte la parola genocidio – Il nostro governo, anziché precipitarsi in Europa a sottoscrivere un piano di riarmo per 800 miliardi, dovrebbe decretare uno stop, un embargo totale, di tutte le forniture militari da Israele come sta facendo. Questo massacro non può proseguire con i nostri soldi”.
La chiusura è di Schlein, per ragioni di ordine alfabetico: “Il governo deve uscire dal silenzio complice. Faccia atti concreti e condanni quello che accade, non delegittimando le Corti internazionali, dia un segnale non rinnovando il memorandum di collaborazione militare con Israele. Mi rivolgo a Meloni: ascolta questa piazza e riconosci lo Stato di Palestina, perché anche loro come gli israeliani hanno diritto di vivere in sicurezza. Non ci sentiamo rappresentati da un governo che volta la faccia dall’altra parte. Dico a Meloni: ascoltate questa piazza, che lancia un messaggio chiaro, Palestina libera, due popoli e due Stati”, afferma dal palco la segretaria del Pd rimarcando che Israele con la “sua pulizia etnica sta violando ogni norma del diritto internazionale umanitario”.
Poi tornano tutti sul palco per un’ultima foto e, forse inebriati dalla folla inaspettata, quasi dimenticano che una prima, dura prova è alle porte con il referendum in programma domenica e lunedì. “Abbiamo dimenticato una cosa”, dice Fratoianni prima dell’appello ad andare a votare. Un secondo possibile messaggio al governo nelle urne, ma anche un termometro di quanto l’unità esista anche al di là di questo sabato pomeriggio, fuori da piazza San Giovanni.
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