Corruzione e falso, chiesta condanna a 3 anni per l’ex procuratore di Castrovillari Facciolla

  • Postato il 7 marzo 2025
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Corruzione e falso, chiesta condanna a 3 anni per l’ex procuratore di Castrovillari Facciolla

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Chiesta condanna a 3 anni per Facciolla per corruzione e falso. Chieste anche altre 4 pene tra cui quella per il maresciallo Greco


CATANZARO – Tre anni di reclusione per l’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, accusato di falso e corruzione impropria. Due anni di reclusione ciascuno per il maresciallo Carmine Greco, ex comandante della Stazione di Cava di Melis dei carabinieri forestali, competente su una vasta area del Parco nazionale della Sila; per il poliziotto di Cosenza Vito Tignanelli, gestore di fatto della società di intercettazione Stm; per la moglie di Tignanelli, Marisa Aquino, titolare della Stm. Un anno per Alessandro Nota, carabiniere in servizio a Cava di Melis. Sono le richieste di condanna formulate dal procuratore aggiunto di Salerno Luigi Alberto Cannavale e dalla sostituta Francesca Fittipaldi. Il processo si sta celebrando davanti al Tribunale della città campana competente per i procedimenti a carico di magistrati del distretto di Catanzaro. Più di cinque anni fa il rinvio a giudizio degli imputati.

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COSTOLA DI STIGE

Le accuse scaturiscono da una costola dell’inchiesta che nel gennaio 2018 portò all’operazione “Stige”, condotta dalla Dda di Catanzaro contro il “locale” di ‘ndrangheta di Cirò e le sue proiezioni in Nord Italia e in Germania. Si tratta di ipotesi di reato che ruotano intorno al rilascio alla società di intercettazione Stm srl delle giustificazioni per le infrazioni al codice della strada. Sotto la lente della Procura di Salerno anche l’affidamento alla stessa società del servizio di intercettazione presso la Procura di Castrovillari. Greco, in particolare, era imputato di concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Stige. Nell’ottobre scorso, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza con cui, nel novembre 2023, la Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato la decisione del Tribunale penale di Crotone che, a dicembre 2020, lo aveva condannato a 13 anni.

LA CORRUZIONE

I reati contestati dalla Procura di Salerno sono quelli di corruzione e falso. Le ipotesi ruotano intorno a presunti illeciti nell’affidamento alla Stm del noleggio di apparecchiature per intercettazione. Nel corso dell’istruttoria, l’accusa di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio è stata alleggerita in corruzione impropria per Facciolla.

Secondo l’accusa, il procuratore Facciolla avrebbe «affidato il noleggio di apparecchiature nell’ambito di attività di intercettazione alla Stm srl, formalmente intestata a Marisa Aquino e di fatto amministrata da Vito Tignanelli, con il quale il magistrato intratteneva relazioni personali risalenti a circa venti anni addietro». In particolare, «a riprova del rapporto fiduciario», Tignanelli, nell’ottobre 2018, risultava depositario presso la propria abitazione di una copiosa documentazione affidatagli in custodia» sempre da Facciolla.

GLI AFFIDAMENTI

Questi affidamenti, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero procurato un «ingiusto vantaggio patrimoniale» alla Stm srl «in violazione dell’obbligo di imparzialità gravante su ogni pubblico ufficiale». Il procuratore Facciolla, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto per sé delle «utilità». Il riferimento è all’uso di un’utenza telefonica intestata a Marisa Aquino «da epoca anteriore e prossima al 23 dicembre 2015 e fino a tutto il 17 ottobre 2016, avendone assunto la titolarità solo il 17 ottobre 2016». Inoltre, nella primavera 2017, su indicazione Aquino, sarebbero state installate dalla Stm due videocamere nel parcheggio antistante l’ingresso dell’abitazione del magistrato.

IL FALSO

Due sono le ipotesi di falso contestate. Dopo l’arresto dell’imprenditore boschivo di San Giovanni in Fiore Antonio Spadafora nell’ambito dell’operazione “Stige”, Facciolla e Greco avrebbero concordato la redazione di un’annotazione nella quale fossero descritte le attività informative che lo stesso Greco aveva acquisito «mesi prima nel corso di interlocuzioni con Antonio Spadafora». Un documento «risultato materialmente falso» poiché reca la data del 31 dicembre 2017, giorno in cui Greco non era in servizio.

Dagli accertamenti eseguiti sul computer di Greco, inoltre, «il file risultava generato il 15 dicembre 2018 e modificato l’ultima volta il 19 febbraio 2018». Risulterebbero false, inoltre, alcune attività compiute da Greco: un incontro datato 20 ottobre 2017 nella Stazione di Cava di Melis con Antonio e Rosario Spadafora, quest’ultimo anche lui imputato nel processo “Stige”, poiché in quella data l’ufficiale di polizia giudiziaria «era risultato permanere per l’intera giornata nell’area urbana di Cosenza e intorno alle ore 20, nel comune di Rende». Falsa sarebbe anche l’informazione telefonica «ricevuta il 3 novembre 2017 da Antonio Spadafora circa un controllo eseguito dai carabinieri in località Russi, laddove la telefonata risultava essere stata fatta in realtà da Rosario Spadafora».

LA RETRODATAZIONE

Sempre secondo l’accusa, «il procuratore Facciolla suggeriva a Carmine Greco la redazione dell’atto e la sua retrodatazione e, a seguito della consegna avvenuta da parte dell’ufficiale di polizia giudiziaria nelle mani della segretaria in servizio nella Procura di Castrovillari, in epoca successiva e prossima al 19 febbraio 2018, non essendo stato apposto sul documento alcun timbro di avvenuta ricezione, ne approvava il contenuto dopo l’avvenuta lettura, provvedendo al suo inserimento all’interno del fascicolo di cui era contitolare, con provvedimento ‘visto agli atti d’ufficio’ che recava la data del 28 giugno 2018».

Il carabiniere Nota, su istigazione del comandante Greco, nel protocollare la nota, datata 31 novembre 2017 firmata da Greco e indirizzata al procuratore Facciolla, avrebbe poi attestato falsamente di avere ricevuto l’atto il 31 novembre 2017 quando in realtà sarebbe stato ultimato il 19 febbraio 2018. Ciò «al fine di garantire all’autore della nota contraffatta nella data l’impunità dal reato di falso ideologico».

LA DIFESA 

Il processo prosegue il prossimo 19 aprile per le discussioni difensive. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Alessandro Diddi, Pasquale Vaccaro, Lucio Conte, Cesare Badolato, Antonio Zecca.

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