Contratti pirata, oltre 1000 lavoratori in Liguria secondo uno studio di Confcommercio
- Postato il 1 ottobre 2025
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- Di Genova24
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Genova. Sono 1.019 in Liguria i lavoratori interessati da contratti pirata su 130.002 dipendenti complessivi, con un’incidenza dello 0,78%. La provincia più interessata è Savona, con un 1,35% di incidenza, seguita dalla Spezia (0,84%), Genova (0,67%) e Imperia, con lo 0,51%.
A Roma Confcommercio Imprese per l’Italia ha presentato, per la prima volta, un’analisi organica sul fenomeno del dumping contrattuale nei settori del terziario e del turismo. Uno studio che mette in luce consistenza, tipologia ed effetti del fenomeno, con un confronto con i sistemi di Francia e Germania e una serie di proposte per contrastarlo.
In Italia sono depositati presso il CNEL oltre 1.000 contratti collettivi nazionali di lavoro, ma solo una parte è sottoscritta da organizzazioni realmente rappresentative. Nei soli settori terziario e turismo si contano più di 250 contratti, ma la maggioranza dei lavoratori è coperta da pochi CCNL, tra cui il CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi firmato da Confcommercio, il più applicato in Italia con circa 2,5 milioni di addetti.
I cosiddetti ‘contratti pirata’, firmati da sigle minori, sono oltre 200 e riguardano circa 160mila dipendenti e oltre 21mila aziende. Tra questi, quelli più rilevanti per numero di addetti includono i contratti ANPIT (H024 e H05K) con, rispettivamente, 56.743 e 35.870 dipendenti, e il contratto CNAI (H019) con 15.174 dipendenti. Il fenomeno – in costante crescita soprattutto tra le micro-imprese e le cooperative – è particolarmente diffuso nel terziario (alcuni settori dei servizi, in particolare) e nel turismo, settori strategici per l’economia e per l’occupazione in Italia, creando anche squilibri territoriali perchè si concentra nelle aree economicamente più fragili, soprattutto nel Mezzogiorno.
“I contratti-pirata riducono significativamente diritti e tutele dei lavoratori, creano dumping salariale e normativo, incentivano concorrenza sleale (le imprese corrette sono penalizzate perché devono competere con chi risparmia sul costo del lavoro) – fanno notare da Confcommercio – in altre parole, riducono la qualità dell’occupazione basandola, sostanzialmente, sul taglio delle condizioni di lavoro”.
A titolo di esempio, i lavoratori a cui vengono applicati questi contratti si trovano con salari ridotti (fino a quasi 8000 euro di retribuzione annua lorda in meno rispetto al CCNL Confcommercio),i ntegrazioni per malattia o infortunio ridotte (al 20-25% contro il 100% del contratto Confcommercio), meno ferie, permessi e scatti di anzianità, indennità ridotte o assenti, orari lunghi senza compensazioni, flessibilità accentuata senza garanzie, carenza o totale assenza di molte forme e strumenti di welfare, come la sanità integrativa e la previdenza complementare.
“A livello generale, il fenomeno del dumping contrattuale mina la produttività, indebolisce il tessuto imprenditoriale e frena la crescita del Paese”, concludono da Confcommercio.
Confronto Italia – Germania – Francia
Il sistema tedesco si basa sul principio della Tarifautonomie (autonomia collettiva), ma la giurisprudenza e la prassi hanno stabilito criteri per identificare le organizzazioni sindacali con effettiva capacità negoziale. Inoltre, esiste un meccanismo di estensione erga omnes dei contratti collettivi, che li rende applicabili a tutti i lavoratori di un settore. Questo riduce lo spazio per la concorrenza al ribasso.
Il sistema francese è ancora più centralizzato: è prevista la validità solo dei contratti firmati da organizzazioni che rappresentano una quota significativa dei lavoratori, sotto controllo ministeriale. La rappresentatività delle organizzazioni sindacali viene misurata a livello nazionale sulla base di criteri legali (voti elettorali, iscritti, indipendenza). Per firmare un contratto collettivo valido, i sindacati firmatari devono rappresentare più del 50% dei voti espressi a favore dei sindacati rappresentativi in azienda. Se si raggiunge solo il 30%, i sindacati firmatari possono indire un referendum tra i dipendenti per convalidare l’accordo. I CCNL stipulati dalle organizzazioni rappresentative possono essere resi obbligatori per tutto il settore tramite un decreto ministeriale, garantendo standard minimi uniformi.
Il sistema italiano, al contrario, sconta l’assenza di un meccanismo per la misurazione della rappresentatività e di una procedura di efficacia generalizzata dei contratti che vada oltre l’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 36 della Costituzione. Questo vuoto normativo permette a soggetti con rappresentatività dubbia o limitata di stipulare contratti pirata che, offrendo tutele inferiori, diventano uno strumento di concorrenza sleale basata sulla riduzione del costo del lavoro, un fenomeno che i sistemi francese e tedesco hanno saputo arginare con maggior successo.
Le proposte di Confcommercio
Il dumping contrattuale è una patologia che richiede interventi strutturali. Le proposte di Confcommercio sono le seguenti: rafforzare il criterio del CCNL “più protettivo” per la valutazione dell’equivalenza contrattuale, istituire un sistema auto-definito dalle parti per la misurazione della rappresentatività sindacale e datoriale, delimitare e riconoscere i perimetri contrattuali attraverso un dialogo strutturato, potenziare gli strumenti di vigilanza e monitoraggio con un indice di qualità contrattuale, rendere obbligatoria l’indicazione del Codice Unico Alfanumerico del CCNL nel contratto individuale di lavoro e garantirne l’interoperabilità in tutte le banche dati pubbliche. Inoltre l’associazione di categoria propone il rafforzamento della bilateralità come strumento di certificazione della qualità contrattuale.