Conte e Tudor, quando la caccia agli alibi è peggio delle sconfitte
- Postato il 22 ottobre 2025
- Di Panorama
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Si può prendere sei gol in trasferta e considerare il punteggio non la cosa peggiore della serata? O non vincere da oltre un mese e farlo dimenticare perché il contorno è quasi più inquietante del piatto principale? Antonio Conte e Igor Tudor ci sono riusciti in una gara tutt’altro che virtuosa a inseguire l’alibi o la spiegazione più comoda per i momenti difficili di Napoli e Juventus.
Non uno spettacolo all’altezza di due tecnici di riconosciuta bravura e carattere marcato. Se esistesse davvero la famosa “scala Mazzarri” (peraltro ingenerosa nei suoi confronti), che nei dibattiti calcistici misura la ricerca di alibi e di colpe altrui per giustificare difficoltà e fallimenti, Conte e Tudor la starebbero salendo rapidamente. Non esiste e, allora, basta limitarsi a raccontare le ultime ore per segnalare l’esistenza di un problema di comunicazione che, forse, riflette un più ampio preoccupante vicolo cieco psicologico in cui si trovano i due allenatori.
Conte e gli alibi dopo la debacle contro il Psv
Il dopo partita della figuraccia del Napoli in casa del Psv ha lasciato senza parole i tifosi partenopei quasi più della (non) prestazione dei suoi. A fronte nel nulla messo in campo dalla squadra, della quarta sconfitta consecutiva in trasferta tra Champions League e campionato e dell’evidenza di una mancanza di identità ed equilibri, Conte si è rifugiato nel ritornello che suona da inizio stagione.
Quale? Anno difficile, avevo avvisato tutti per tempo e non per mettere le mani avanti, troppo complicato inserire nove giocatori nuovi di un mercato che siamo stati costretti a fare perché la rosa era striminzita. E ancora. Bisogna ritrovare umiltà, viste cose in spogliatoio che fanno riflettere e la chiusura col botto: “A Napoli è stato buttato molto fumo negli occhi e i napoletani non devono essere presi per il c…o”.
Zero autocritica, zero analisi. Una depressione totale che non trova giustificazioni perché tutti gli allenatori dei top club si trovano a gestire tanti impegni contemporaneamente, rose allargate e turn over dal mercato. Cosa dovrebbe dire Max Allegri, ad esempio, dopo aver ereditato un Milan rivoltato come un calzino? O Simone Inzaghi che dopo Istanbul salutò, nell’ordine, tutti i portieri, (Onana e Handanovic), D’Ambrosio, Gosens, Skriniar, Brozovic, Lukaku e Dzeko e già da luglio dichiarò – lui e la società – che partiva per vincere lo scudetto della seconda stella e mettere insieme i pezzi nuovi sarebbe stato un suo lavoro e non un impedimento?
La verità è che il Napoli è forte, costruito su indicazioni del suo allenatore e chiamato ad essere competitivo e possibilmente vincente sia in Italia (soprattutto) che in Europa. Punto. Il resto sono chiacchiere che deprimono e le prestazione vengono anche di conseguenza. Conte si adegui allo status. Dice che la squadra non mostra la cazzima di un anno fa, ma la domanda è: da luglio ad oggi c’è mai stato un momento in cui è sembrato trasmetterla quando si è esposto pubblicamente?
Tudor, gli algoritmi e una crisi non solo di risultati
Ha colpito molto anche vedere un allenatore della Juventus prendersela con gli algoritmi e i calendari per giustificare l’assenza di risultati. Oltre che sottolineare due errori arbitrali indiscutibili sostenendo che senza quelli e “se al posto del Milan avessimo incontrato la Cremonese saremmo primi in classifica”. Che non ha alcun senso, visto che Igor Tudor nel suo autunno via crucis ha perso punti contro Verona e Como (appena 2 punti più della sottovalutata Cremonese fin qui), rischiato l’osso del collo con l’Atalanta, sofferto a Marassi con il Genoa e rimediato partite “pazze” con Inter e Borussia Dortmund.
Tudor non è nuovo a scivoloni sulla “scala Mazzarri”. Già a settembre se l’era presa con i “calendari folli” e i giorni di riposo tra una partita e l’altra, aveva attaccato gli arbitri a Verona – avendo ragione – e contro il Borussia Dortmund – a torto – e si era prodotto in una serie di riflessioni partendo dalla certezza di aver avuto dalla sua Juventus ottime prestazioni che, invece, non ci sono state.
Nella pancia del Bernabeu, alla vigilia della sfida con il Real Madrid, Tudor aveva davanti a sé la dirigenza juventina al gran completo, segnale che il momento è delicato e le riflessioni sul suo lavoro sono molto ampie e non escludono la messa in discussione del progetto. Non è dato sapersi come abbia reagito Comolli davanti alla linea comunicativa scelta dal suo allenatore. Di sicuro i continui riferimenti al mercato degli altri, evidentemente migliore di quello consegnato a lui dalla società, non saranno stati apprezzati. Per tutto il resto c’è il campo, che conta molto più delle parole.