Congo, la guerra senza fine nell'Est

  • Postato il 28 gennaio 2025
  • Di Agi.it
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Congo, la guerra senza fine nell'Est

AGI - Goma, capitale della provincia del Nord Kivu, nell'est della Repubblica democratica del Congo, è a ferro e fuoco per gli scontri in corso da giorni tra, da un lato le forze armate regolari congolesi (Fardc) e i suoi alleati, e dall'altro la ribellione M23, sostenuta dal Ruanda, Paese confinante e storico nemico di Kinshasa. In realtà questa battaglia e la conquista di Goma da parte del M23 sono soltanto l'ultimo capitolo di un conflitto cominciato nel 2012, ma che affonda le sue radici in una guerra risalente agli anni '90.  Inoltre, e non è una coincidenza, l'est della RD Congo, ex colonia belga, è ricca di ambite risorse minerarie, quali coltan, cassiterite e terre rare. Di conseguenza è anche teatro di una crisi umanitaria cronica, tra le più gravi al mondo, ma dimenticata. 

Le radici di un conflitto storico

A monte uno dei fattori scatenanti dell'annoso conflitto congolese è stato il genocidio nel confinante Ruanda, che ha portato oltre 1 milione di ruandesi hutu a rifugiarsi nell'est, esportando di fatto la 'guerra' ruandese tra hutu e tutsi dal vicino di casa. Il governo dell'allora premier Kengo wa Dondo cercò di liberarsi di tutti i rifugiati respingendoli verso il Ruanda, in contrasto con la posizione del presidente-dittatore Mobutu che manteneva forti legami con gli estremisti hutu. I campi profughi degli hutu in fuga erano ormai diventati delle vere e proprie roccaforti, dirette dalle ex forze armate ruandesi e dalle milizie Interhamwe. Dell'oltre milione di profughi hutu, circa 600mila vennero accerchiati e ripresi dalle truppe dell'Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo (Afdl) per poi essere rimandati in Ruanda.

Dell'altro mezzo milione si persero quasi del tutto le tracce. Furono chiamati ad aderire all'Alleanza tutti i congolesi che si opponevano a Mobutu e alla sua politica, provocando la caduta del regime e l'ascesa al potere del presidente Laurent Desire Kabila. Da allora questa regione storicamente instabile, nel cuore dei Grandi Laghi, confinante con Ruanda e Uganda, è diventata l'epicentro di combattimenti ciclici tra una miriade di gruppi armati rivali e guerriglie locali, a partire dallo scoppio, nel 1996, della Grande guerra d'Africa. Il caos odierno a Goma affonda le sue radici proprio in questo conflitto – una delle pagine più buie della storia del continente – che vide combattere sul territorio congolese le truppe di ben sei paesi: Rwanda, Uganda, Angola, Zimbabwe, Namibia e Ciad. La Grande guerra d'Africa fu il risultato di un insieme di conflitti diversi, collegati tra loro attorno al nodo centrale del confitto tra il governo di Kabila padre – l'allora presidente della RD Congo - e i suoi ex alleati ruandesi. Dopo l'attentato in cui rimase ucciso Kabila, il figlio, suo successore Joseph, accettò di partecipare a negoziati col rivale ruandese, il presidente Paul Kagame, fino al raggiungimento di un Accordo globale e conclusivo nel 2002, con l'intermediazione dell'Onu e del Sudafrica. La fine della guerra, tuttavia, non ha segnato la fine dei combattimenti. A ogni elezione e sussulto politico in RD Congo, nell'est si sono riaccese tensioni e violenze: ogni gruppo armato ha un suo referente a Kinshasa, un uomo politico o una personalità facoltosa che si serve della milizia in questione per rafforzare la propria influenza mentre i vari gruppi armati puntano a proteggere le proprie rivendicazioni locali. 

 

Le forze protagoniste

A Goma, a combattere contro l'esercito regolare congolese (Fardc) e i suoi alleati – tra cui Fdlr, forze burundesi, caschi blu della missione Onu (Monusco) – sono i ribelli tutsi del Movimento del 23 marzo (M23) o Esercito rivoluzionario congolese, nato nell'aprile 2012 su iniziativa di membri ammutinati, fuoriusciti dal Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (Cndp, gruppo ribelle già in guerra contro Kinshasa). L'M23 è una milizia composta principalmente da tutsi congolesi presente al confine tra RD Congo e Ruanda. Il nome deriva dalla data della prima firma di un trattato di pace con il governo congolese, il 23 marzo 2009, dopo l'arresto del leader del Cndp, il generale Laurent Nkunda, e che garantiva il rilascio dei prigionieri ribelli, la trasformazione del Cndp in un partito politico, la reintegrazione dei rifugiati e l'integrazione dei membri del Cndp nelle istituzioni governative e nell'esercito congolese.  Nemico numero 1 del M23 - presumibilmente sponsorizzato dai governi degli stati confinanti del Ruanda e Uganda - è il gruppo ribelle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr), fondato nel 2000 dai leader del genocidio in Ruanda del 1994 e da altri ruandesi esiliati in Congo che volevano riconquistare il potere nel loro Paese. Le Fdlr sono storicamente colluse con l'esercito regolare, le Fardc.

Il conflitto del 2012 e la ripresa dell'offensiva nel 2021

L'M23 ha già occupato Goma per dieci giorni nel 2012, invocando accordi disattesi da parte del governo di Kinshasa. Il conflitto è stato fermato da un accordo di pace regionale firmato il 24 febbraio 2013 da 11 nazioni africane, volto a portare la pace. Nell'ottobre 2013, le autorità congolesi hanno dichiarato alle Nazioni Unite che il movimento M23 era praticamente decaduto, dopo essere stato respinto in una piccola area vicino al Ruanda. Il 7 novembre 2013, in seguito alle significative sconfitte subite da un'offensiva governativa appoggiata dalle Nazioni Unite, le truppe M23 entrarono in Uganda e si arresero. A distanza di 9 anni e dopo vari avvicendamenti, l'attività armata del M23 è ripresa nel novembre 2021 con attacchi fulminei contro l'esercito congolese nel Nord Kivu, e nel marzo 2022 il gruppo ha iniziato un'offensiva che è avanzata su più fronti fino a localizzarsi nei pressi di Goma, capitale regionale di circa due milioni di abitanti, nonché sede di Ong internazionali e di agenzie delle Nazioni Unite. Secondo le Nazioni Unite, il gruppo armato antigovernativo M23 è sostenuto da 3.000-4.000 soldati ruandesi anche se il governo di Kigali da sempre smentisce di essere direttamente coinvolto nel conflitto. Ora il Ruanda argomenta che sta assumendo una "posizione difensiva sostenuta" davanti ai combattimenti dall'altra parte del poroso confine.  La situazione è degenerata nelle ultime settimane, quando è fallito il tavolo di mediazione tra RD Congo e Ruanda sotto l'egida dell'Angola.

La maledizione delle risorse minerarie

I conflitti nell'est della RD Congo sono quindi una costante da quasi 30 anni. Non c'è da stupirsi visto che il Kivu è una delle regioni tra le più ricche del vastissimo Paese della regione dei Grandi Laghi. Si trovano le ambite terre rare di cui va ghiotto l'Occidente e le maggiori potenze. Le multinazionali estrattive si accalcano in questo territorio, ma anche gli stati limitrofi, e spesso, questi ultimi, utilizzano le milizie di ribelli per il controllo del territorio. Il Ruanda, per esempio, è molto interessato al coltan che si estrae in RD Congo.  Il Ruanda è il più grande esportatore mondiale di coltan: secondo i dati ufficiali del governo ruandese, nel 2023 ha esportato 2.070 tonnellate del minerale essenziale per l'industria elettronica, presente in qualsiasi tipo di dispositivo elettronico. Ma di coltan in Ruanda non ce né nemmeno un grammo, tutto arriva dal confinante Congo e i detrattori accusano Kigali di attività predatoria. La RD Congo, che ha un territorio molto più vasto del piccolo vicino ruandese, è il secondo esportatore mondiale del minerale, circa 1.918 tonnellate nel 2023.

Una crisi umanitaria dimenticata

Intanto a fare le spese dei conflitti è, come sempre, la popolazione civile. A Goma, il milione di abitanti e i 700 mila rifugiati, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), vivono costantemente nella paura e nel sentimento di abbandono. Coloro che non hanno lasciato la città rimangono nascosti nelle case, anche sotto i letti per evitare proiettili vaganti, in una regione afflitta da una crisi umanitaria cronica da decenni. A ogni riaccendersi dei combattimenti si ripete lo stesso copione: migliaia di famiglie costrette a fuggire, a camminare decine di chilometri per rifugiarsi in un posto un po' più sicuro, come chiese, scuole e accampamenti di fortuna. I siti molto affollati espongono gli sfollati a colera, malaria e altre malattie, come riferito dalle organizzazioni umanitarie. Mancano cibo, acqua potabile, attrezzature di base, oltre a fondi della comunità internazionale. Per giunta le squadre umanitarie intervengono con grande difficoltà e necessitano di maggiore protezione per poter svolgere le proprie attività. La popolazione di Goma vive da qualche giorno senza acqua né elettricità. I civili non possono nemmeno più varcare il confine, chiuso dalle autorità, quindi non hanno alcuna via d'uscita. Infine, è alle porte di Goma, nel villaggio di Kibumba, che Luca Attanasio, giovane ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, è rimasto vittima di un agguato il 5 settembre 2017, un caso finora irrisolto.

 

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Autore
Agi.it

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