Congo-K, Goma in mano ai ribelli e alle truppe rwandesi. Tre milioni di persone in trappola
- Postato il 27 gennaio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“Qui sparano. A questo punto, speriamo solo che l’esercito si arrenda, così da avere la calma, perché gli scontri stanno colpendo abitazioni civili e anche l’ospedale, dove molti neonati sono morti per una bomba… I militari non hanno via di fuga, gli resta la resa o la morte”. Un italiano residente a Goma, Repubblica democratica del Congo, fotografa in poche, drammatiche parole una situazione pesantissima, che lunedì mattina era ancora tutta in divenire. L’immagine di una bomba sulla neonatologia dell’ospedale Charité Maternelle è l’emblema di ciò che sta accadendo. Goma, capoluogo della regione orientale del Nord Kivu, è sostanzialmente caduta: dopo giorni di assedio, i guerriglieri dell’M23 hanno cominciato a entrare in città, inizialmente senza trovare grossa opposizione. L’esercito regolare congolese (Fardc) ha ufficialmente motivato ciò con la necessità di non sparare in zona densamente popolata, per evitare il più possibile vittime civili. Ora però la situazione è di caos: mentre alcuni militari si arrendono, altri proseguono la battaglia contro gli occupanti, con il risultato di spari intensissimi fra le case in diversi quartieri. Viene segnalato anche un incendio alla prigione di Munzenze in seguito alla fuga dei detenuti. E alcuni colpi nella città “gemella” di Gisenyi/Rubavu, in territorio rwandese, dove ci sarebbero dei feriti.
Fuori dalla città, si combatte da giorni. Goma ha oltre 2 milioni di abitanti, cui vanno sommati centinaia di migliaia di sfollati confluiti in città nei giorni e nelle settimane scorse, proprio per sfuggire all’avanzata dell’M23: qualcuno parla di un totale di 3 milioni di persone in trappola, chiuse in casa, per chi la casa ce l’ha. Qualcuno ne approfitta per saccheggiare magazzini e negozi. Del resto, la città è rimasta per giorni sotto assedio, senza corrente e senza acqua, ma anche senza cibo che in tempo di pace giunge dalle campagne circostanti, via terra o via lago. Aeroporto e porto sono ora chiusi al traffico, così ha disposto l’M23 fino a nuovo ordine: altro segnale che ormai il gruppo armato controlla la città.
Lo spazio aereo era stato chiuso domenica mattina, mentre quello lacustre lo è stato a sera: a quest’ultimo annuncio, il vicegovernatore e vari altri funzionari hanno precipitosamente abbandonato la città con l’ultimo battello in direzione sud, verso Bukavu. Il governatore, invece, era stato ucciso venerdì: un fatto gravissimo che ha contribuito a destabilizzare e a disorientare le truppe che cercavano di proteggere la città. Il generale Peter Chirimwami – così si chiamava il governatore militare del Nord Kivu, provincia in stato d’assedio da quattro anni e dunque con le istituzioni guidate da militari – era andato al fronte per supportare le truppe e lì è stato colpito, non si sa esattamente da chi e con che dinamica.
Sul campo di battaglia fuori Goma ha stavolta giocato un ruolo anche la Monusco, la missione Onu più grande e dispendiosa al mondo: a dispetto dell’abituale inerzia, stavolta i blindati bianchi con la scritta UN hanno fatto uso dell’artiglieria pesante, a fianco delle Fardc, sui due assi principali da cui l’M23 provava a forzare il blocco. Al loro fianco, anche le truppe della SADC, forza regionale di mantenimento della pace. In poco più di 24 ore tredici di loro hanno perso la vita, fra caschi blu e militari sudafricani e malawiti, cui aggiungere diversi feriti anche gravi. Non si ha notizia invece del numero di soldati congolesi e guerriglieri colpiti, né di quante siano le vittime civili. Tanto meno si sa se siano rimasti uccisi o feriti militari rwandesi, che ufficialmente non sono presenti sul terreno. Almeno così dichiara il Rwanda.
Ma nella notte, in un consiglio di sicurezza straordinario convocato d’urgenza alle Nazioni Unite e poi anche anticipato di un giorno, la rappresentante speciale Bintou Keita, capo della Monusco, ha chiaramente affermato che i militari regolari rwandesi hanno passato domenica la frontiera con la Repubblica democratica del Congo per combattere insieme all’M23 e contribuire alla presa di Goma. In tutto ciò, spicca il silenzio del governo congolese, che, come ultimo atto, sabato aveva interrotto le relazioni diplomatiche con il Rwanda. Da lì nessun altro pronunciamento ufficiale. La ministra degli esteri congolese Therèse Kayikwamba Wagner domenica al Palazzo di Vetro ha perorato la causa e drammaticamente evocato la perdita di credibilità delle Nazioni Unite per l’inazione davanti alle flagranti violazioni del diritto internazionale, ma la sua ad oggi pare restare una voce isolata.
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