Confindustria: “Con dazi al 30% impatto sul Pil italiano dello 0,8%. Investimenti giù dell’1%”

  • Postato il 21 luglio 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Con dazi al 30% e cambio euro-dollaro sui livelli attuali (+ 13% circa da inizio anno, ndr) “l’export italiano di beni negli Usa si ridurrebbe di circa 38 miliardi, pari al 58% delle vendite negli Stati Uniti, al 6% dell’export totale e, considerando anche le connessioni indirette, al 4% della produzione manifatturiera”. Lo stima il centro studi di Confindustria che ribadisce la valutazione delle scorse settimane ma pone ora in risalto quanto sarebbe “forte l’impatto netto sul Pil”.

Un impatto che potrebbe essere attutito “dalla capacità degli esportatori italiani di trovare nuovi mercati di sbocco e di competere su fattori non di prezzo” (cosa che però con dazi generalizzato si prestano a fare i produttori di tutta Europa, “affollando” i mercati alternativi, ndr) , ma “nel complesso, il livello del pil italiano nel 2027 sarebbe minore dello 0,8%” rispetto al sentiero di base.

In base alla simulazione del Csca “le vendite di beni nel resto del mondo aumenterebbero di circa 13 miliardi cumulati nel 2027, compensando parte delle perdite nel mercato USA. L’export totale di beni si ridurrebbe, comunque, del 4% e gli investimenti in macchinari e impianti dell’1%, rispetto a uno scenario base senza dazi.

L’impatto, secondo l’ufficio studi di Confindustria, sarebbe amplificato dall’incertezza nei rapporti transatlantici e dal rallentamento dell’economia USA. L’effetto stimato è di medio-lungo periodo, cioè nel caso di dazi permanenti (e quando potrebbe aversi lo spostamento di parti delle lavorazioni negli USA), perché molti prodotti italiani di alta qualità sono poco sostituibili a breve, specie in grandi quantità.

“In questo contesto di limitazione al libero scambio internazionale di beni, suggerisce l’Ufficio Studi, diventa cruciale potenziare il mercato unico europeo, più resiliente agli shock globali, riducendo le barriere interne che tuttora frenano gli scambi di beni, servizi e capitali (armonizzazione delle regole, potenziamento delle infrastrutture transeuropee, completamento del mercato unico dei capitali). Cruciale favorire la diversificazione geografica degli scambi italiani, puntando su mercati con alto potenziale di crescita, come il Mercosur (destinazione di 7,5 miliardi di export italiano), l’India, l’Australia, i paesi Asean (Sud Est asiatico, ndr)”.

Confindustria analizza poi l’attuale scenario dei dazi, in continua evoluzione e evidenzia che “i paesi Ue sarebbero così tra quelli più colpiti dalle nuove tariffe Usa, alla pari della Cina (aumento di 30 punti, dal 21% al 51%). Molti altri paesi sono soggetti, infatti, a dazi del 10%”. Viene poi sottolineata l’alta incertezza, che pesa sul dollaro: “L’incertezza di politica economica negli Stati Uniti è più che raddoppiata sotto l’amministrazione Trump (+131% nella prima metà di luglio 2025 da dicembre 2024 l’indice Economic Policy Uncertainty), provocando un balzo anche dell’incertezza globale (+86%); entrambe sono ai massimi storici, sopra il picco toccato durante la pandemia”. Viene quindi ricordata un’indagine della Banca d’Italia, secondo la quale l’80% delle imprese che hanno come principale mercato di destinazione gli USA prevede una riduzione dell’export a partire dal secondo trimestre.

Il contesto difficile non riguarda, ovviamente, solo l’Italia. Lo scorso maggio la produzione è calata in Francia (-0,5%), cresciuta in Germania (+2,2%) e Spagna (+0,6%). A giugno, tuttavia, gli indicatori segnalano calo della fiducia e incertezza elevata. Gli indici PMI di servizi e manifattura suggeriscono un’Eurozona in difficoltà nel 2° trimestre (in entrambi i settori, Germania e Francia sono in affanno), con l’eccezione della Spagna in espansione.

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