Con Wang Yi a Nuova Delhi, salta il colloquio Usa-India sui dazi
- Postato il 18 agosto 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Mentre l’Occidente è concentrato sull’incontro a Washington tra Donald Trump e l’ucraino Volodymyr Zelensky, c’è un’altra ampia parte di mondo — molto meno toccato da ciò che accade in Europa — che osserva altre dinamiche. Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, è arrivato in India per tre giorni di colloqui sul confine himalayano. Poche ore prima, da Washington era arrivata la notizia della cancellazione della missione dei negoziatori commerciali statunitensi a New Delhi prevista dal 25 al 29 agosto – smorzando le attese di un alleggerimento delle tariffe aggiuntive sui beni indiani dal 27 agosto. Segnali incrociati in un equilibrio globale sempre più complesso.
Il viaggio di Wang Yi è solo il secondo incontro bilaterale ad alto livello dall’estate del 2020, quando lo scontro mortale tra militari indiani e cinesi lungo la Linea di controllo effettivo fece precipitare i rapporti. Da allora i due Paesi hanno limitato le relazioni politiche e commerciali, fino all’intesa raggiunta lo scorso ottobre sulle pattuglie di confine. Quel compromesso ha permesso di riaprire un canale politico che si estende ora fino alla prospettiva di un faccia a faccia fra Narendra Modi e Xi Jinping a fine mese, al vertice della Shanghai Cooperation Organisation.
Per Pechino, il dialogo con Nuova Delhi serve a evitare che l’India si allinei in modo strutturale al fronte occidentale, con l’idea di un asse “R-I-C” (Russia, India e Cina, motore iniziale dei Brics) in cui Mosca bilanci gli interessi strategici delle due potenze asiatiche. Per Nuova Delhi, la leva commerciale resta cruciale: dalla dipendenza dai magneti permanenti alle forniture dei precursori farmaceutici. Questi legami incidono su comparti strategici, mentre il governo individua nei motori elettrici e nella produzione di farmaci settori centrali per l’interesse nazionale. Da qui la necessità di mantenere un equilibrio.
In parallelo, i rapporti con gli Stati Uniti attraversano una fase di attrito. La sospensione dei colloqui commerciali rinvia a data indefinita il negoziato per un accordo bilaterale, mentre tra meno di dieci giorni scatteranno i dazi aggiuntivi voluti da Donald Trump. Le tariffe colpiranno in particolare l’export manifatturiero indiano, con un incremento fino al 50% per alcune categorie di beni come tessile, acciaio e prodotti chimici. Washington motiva la misura con la scelta di Nuova Delhi di continuare a importare greggio russo. Per il governo indiano, invece, si tratta di una discriminazione, perché Stati Uniti ed Europa continuano a commerciare con Mosca in altri settori. Dopo l’incontro Trump-Putin, chiuso con l’apertura di una fase interlocutoria e rinviata a data indefinita, l’amministrazione americana non può ancora prendere decisioni concrete sul rapporto con l’India, avendo da definire i contorni della propria relazione con Mosca. Ne risulta una posizione di attesa per Nuova Delhi.
La visita di Wang Yi e la sospensione del dialogo commerciale con gli Stati Uniti mettono in evidenza la natura incrociata delle relazioni tra India, Cina e Stati Uniti (e secondarimente Russia). Ognuno dei quattro attori si muove con obiettivi propri ma condizionati dagli altri: Pechino cerca di evitare un allineamento indiano all’Occidente, Washington lega la sua politica a Mosca e mantiene l’India in sospeso, Nuova Delhi calibra le mosse per non rinunciare all’autonomia strategica. La Russia, nel mezzo, sfrutta l’ambiguità per cercare di rafforzare la propria posizione. Il risultato è un equilibrio instabile, che rende ogni passo negoziale parte di una partita più ampia di riallineamenti e contrappesi.