Con i farmaci anti-obesità si rischia di riprendere tutto il peso (e anche di più)

  • Postato il 16 maggio 2025
  • Di Panorama
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Un’analisi della Oxford University, appena presentata al Congresso europeo sull’Obesità di Malaga, ha messo in risalto il fatto che chi assume i nuovi farmaci contro l’obesità GLP-1 a base di semaglutide e tirzepatide (Wegovy e Mounjaro) corre il serio rischio -se interrompe la cura e non riesce a mantenere un sano stile di vita- di riprendere tutto il peso perduto entro 10 mesi dall’interruzione. Una ripresa dei chili molto più rapida rispetto a quanto accada quando si riesce a dimagrire con la sola dieta. L’analisi è stata portata avanti andando a confrontare undici studi condotti dalla stessa Università, che hanno preso in esame 6.370 pazienti adulti in otto studi randomizzati e in tre studi osservazionali: gli scienziati hanno rilevato che, in media, i pazienti che grazie ai farmaci GLP-1 avevano perso circa 16 kg ne avevano ripresi 9,6 entro un anno. Questo dimostrerebbe che è lecito aspettarsi che possano riprendere tutti i chili perduti in poco più di 20 mesi. «Questi farmaci sono molto efficaci nell’aiutare a perdere peso, ma quando li si interrompe, il recupero del peso è molto più rapido rispetto a quando si interrompono le diete”, ha dichiarato la ricercatrice Susan Jebb, autrice dello studio. «Vale la pena che il Servizio Sanitario Nazionale investa in questi farmaci se le persone li assumono solo per un breve periodo e poi riprendono peso? O la gente accetta il fatto che sono cure da continuare per tutta la vita, oppure noi scienziati dobbiamo pensare efficacemente a come sostenere le persone quando smettono il farmaco”. Lo studio, però non spiega il motivo per cui si riprende così facilmente il peso, anche se Jebb sostiene che si tratti di un problema di autodisciplina: dato che il farmaco blocca quasi del tutto la fame, a chi lo assume non è richiesto eccessivo impegno mentale o troppa forza di volontà per perseguire il risultato. Ovviamente quindi, quando smette di prenderli, senza il sostegno della semaglutide tutto diventa più complicato. Mentre chi fa le diete, che sono difficili da portare avanti e richiedono molta autodisciplina, è costretto a mettere in atto determinate “strategie comportamentali” e si ritrova poi avvantaggiato nel mantenere i risultati: questo perché ha sviluppato comportamenti virtuosi che poi si rivelano utili anche a dieta conclusa. Questo studio accende un faro sul grande utilizzo di questi farmaci, che oggettivamente stanno cambiando la storia della lotta all’obesità, rivelando anche molteplici benefici sullo scompenso cardiaco, sulle malattie del fegato, sull’ipertensione, sul diabete, sulla malattia renale cronica: sono anche in atto studi sulla loro capacità di rallentare le demenze. Ma ovviamente, essendo farmaci del tutto nuovi, occorre anche mettere in atto nuove strategie per chi li assume e poi decide di interrompere la cura, spesso a causa del costo –in Italia il trattamento di un mese con Wegovy va dai 250 a più di 300 euro e non è rimborsato dal SSN– o perché dopo qualche mese non si riesce più a perdere peso o perché è stato raggiunto l’obiettivo ponderale desiderato: ma anche per gli effetti collaterali che alcuni non riescono a sopportare per più di qualche mese; tra i più diffusi ci sono leggera nausea, diarrea o stitichezza. E mentre il dibattito sull’opportunità da parte del servizio sanitario nazionale di prevedere l’inserimento di questi farmaci in fascia di rimborsabilità -quantomeno per i grandi obesi- è obiettivo di discussione ormai in tutta Europa, l’analisi portata avanti dalla Oxford University dimostra che è prioritario anche pensare a un supporto di natura nutrizionale, psicologica e comportamentale per coloro i quali, dopo aver sospeso la cura, si trovano nelle condizioni di tornare alla vita “di prima”: con l’esigenza però di mantenere i risultati raggiunti.

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Panorama

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