Comunali, l’appello di Vincenzo Palomba: “Nei municipi candidati qualificati per sconfiggere l’astensionismo”
- Postato il 13 marzo 2025
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- Di Genova24
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Genova. Con la campagna elettorale per il nuovo sindaco di Genova che lentamente ha mosso i primi passi, nel sottotraccia dell’agenda politica cittadina si muovono i partiti per definire quelli che potranno essere i candidati nei nove municipi genovesi. Una scelta delicata per gli equilibri delle coalizioni, visto che rappresenta la possibilità di “distribuire” incarichi e ruoli, ma anche per definire l’interfaccia politica delle istituzioni con i cittadini, essendo le vecchie circoscrizioni il “front office” della amministrazione civica.
Un ruolo, questo, che potrebbe essere la chiave per “accorciare le distanze tra amministratori e amministrati” e che potrebbe “riportare gli astensionisti al voto, se tra i candidati si potesse intravedere la capacità e la preparazione per essere davvero un rappresentante delle proprie istanze“.
Queste la parole di Vincenzo Palomba, pedagogista, oggi presidente di Anglad (associazione di volontariato composta da professionisti multidisciplinari che si occupa di sostegno per le fragilità sociali), e con un passato politico come consigliere nel Municipio Centro Est. “Non parlo da ex consigliere né da candidato – specifica intervistato da Genov24 – parlo da cittadino delegante attraverso l’esercizio del suo voto e per il quale vorrei conoscere dei candidati tutto, le competenze, le esperienze professionali e perfino i curricula vitae”.
Il fulcro del discoro è sui candidati nei municipi: “La figura del consigliere municipale, senza nulla togliere agli altri, è l’esempio più lampante del far politica sul territorio. Conosce i quartieri, parla con la gente, avanza proposte, risolve i problemi – spiega Palomba – questo deve fare. Se non risolve problemi non ci è molto utile. Certamente li deve risolvere con il supporto della cittadinanza, che deve essere sempre informata e coinvolta, del fermento associativo e del tessuto di realtà economiche, ma deve risolverli o almeno provarci. Fare politica è un impegno nei confronti di chi ti vota, perchè ti ha dato fiducia, e anche di chi non lo ha fatto, perchè dovrà ricredersi con la tua presenza e la tua dedizione; è un impegno nei confronti del tuo territorio e dei tuoi concittadini, è un impegno nei confronti del tuo ideale di perequazione sociale in una società in cui le differenze sono ormai troppe e troppo marcate“.
“Ed è per questo che il dato sconfortante dei non votanti dovrebbe preoccuparci costantemente – sottolinea Palomba – non si può mai parlare di vittoria in un contesto in cui il 60% degli aventi diritto non esercita più questo diritto perchè pensa sia inutile e non ne capisce più il senso. E’ opportuno ricordare che per questo diritto sono morti tanti uomini e tante donne; è opportuno ricordare che questo diritto è una conquista costruita con il sudore e con il sangue; è opportuno ricordare che questo diritto riguarda tutti noi perchè riguarda casa nostra. E se proprio devo delegare la gestione di casa mia, questo è il senso della democrazia rappresentativa, vorrei farlo con persone competenti, di indubbia e certificata esperienza, capaci. Dei problem solvers, per dirla all’inglese“.
“E visto che stiamo parlando di democrazia partecipativa, aggiungo che il mio rappresentante debba anche essere appunto rappresentativo – aggiunge – E arriviamo al nocciolo della questione: la meritocrazia implica la valutazione e la valutazione deve partire da criteri e parametri oggettivi rispetto alla figura di cui abbiamo bisogno. Insomma, diciamoci la verità, se abbiamo un problema con un lavandino rotto e la sua risoluzione esula dalle nostre competenze, chiamiamo un idraulico. Allora, analogamente, mi piacerebbe avere rappresentanti politici competenti e efficaci, che conoscano il territorio su cui devono operare e che possibilmente lo abitino e lo vivano, che siano conosciuti e rappresentativi, che abbiano un curriculum professionale e personale adatto alle future incombenze, per cui sappiano di sociale, associazionismo, manutenzioni, bandi di assegnazione, stesura di progetti w conoscano in linea di massima i problemi dei quartieri e abbiano già qualche idea da proporre per risolverli. Che siano dei problem solvers, appunto, sempre in mezzo alla gente”.
Da qui la proposta di chiedere a chi si candida dei mettere “sul tavolo” le proprie “carte”: “Questi sono i dati vorrei che fossero resi noti da chi si candida per garantire alla cittadinanza una scelta più consapevole e informata e magari riuscire a riportare alle urne almeno una parte del più grande partito oggi in Italia: il partito degli astensionisti. Allora, in tema di istituzione di maggior prossimità al cittadino io, astensionista, potrei tornare a votare un candidato o una candidata presidente di municipio che lavora come avvocato o assistente sociale o edile, per esempio, che magari è impegnato nell’associazionismo o in qualche comitato di quartiere, che abbia eventualmente già fatto esperienza politica come consigliere o, nel caso non l’avesse fatta, sia comunque rappresentativo“.
“Fare politica è un impegno gravoso e una responsabilità, non l’inizio di una carriera lavorativa – conclude Palomba – Forse è quello che manca oggi, forse è quello a cui siamo chiamati, prima dei risultati delle elezioni: reintegrare gli astensionisti attraverso l’esercizio del voto grazie a un’informazione esaustiva e completa di chi si candida a rappresentarci per una scelta più consapevole”.