Come sarà Papa Leone: cosa emerge dalle prime esternazioni
- Postato il 27 luglio 2025
- Politica
- Di Blitz
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Leone non ruggisce, ma governa con mano ferma una Chiesa che soffre tutta la crisi dell’Occidente, il tempo delle guerre e lo strascico di Francesco, campione irregolare di una Chiesa in uscita per storia, dottrina, e carattere.
Come è questo papa Leone XIV, figlio degli States, primo americano a sedersi sul trono di Pietro, nell’era del Trumpismo, ma dalla lunga carriera missionaria nel Subcontinente americano, quindi con la vocazione del pastore?
Le prime mosse sembrano un po’ una retromarcia già dai gesti liturgici e formali del ritorno ad abitare nel Palazzo Apostolico, dopo gli anni di Santa Marta e poi perfino nelle vacanze a Castelgandolfo, riaperta dopo più di 13 anni.
Leone si stacca da Francesco

Ma non è solo questo il cambio di marcia di un papato del quale bisogna subito marcare la distanza dalla Casa Bianca, dall’esultanza del presidente, che aveva cercato di rivendicare anche la salita al trono di Pietro di un cittadino americano.
In realtà i cardinali che sembravano in maggioranza avere respirato lo spirito di Francesco, in quanto in grande maggioranza nominati durante il suo irruente pontificato, hanno scelto questo tranquillo agostiniano di Chicago per curare le ferite che dissanguano il gregge di Cristo.
Il problema è che la fine del cattolicesimo non anticipi la fine del mondo.
Un compito terribile perché è oramai trascorso quasi mezzo secolo dall’ultimo papa dedicato interamente al governo della Chiesa, quel Paolo VI morto in solitudine nel 1978. I successori di Montini non hanno voluto o potuto dedicarsi alla macchina della Chiesa.
Giovanni Paolo I, il papa di soli trentatrè giorni per mancanza di tempo, Giovanni Paolo II, il papa polacco per eccesso di personalità e di spinte politiche nel mondo che cambiava, dopo un lungo dopoguerra di guerra fredda, Benedetto XVI perchè era un grande teologo, un professore, travolto dal governo della Chiesa e infine Francesco, impegnato a rivoluzionare tutto per impedire che il suo gregge morisse di asfissia clericale.
Bisogna curare la macchina
Quattro papi in fila o inadatti o contrari a affrontare una vera riforma, ondeggianti tra il conservatorismo e il progressismo.
E ora ? La Chiesa va rimessa in equilibrio in un mondo dove la geopolitica è sconvolta e dove il ruolo dei cristiani cattolici è stato per duemila anni al centro dei grandi disegni di trasformazione. Sicura nella fede al Cristo. Ferma nel suo destino, che prevede anche l’apocalisse nelle sue scritture, quella fine del mondo che oggi molto più di ieri gli eventi bellici avvicinano.
Si dice che Leone XVI sia arrivato anche per salvare la Chiesa sotto un profilo molto più prosaico e meno catastrofico. Garantire l’appoggio finanziario dagli Stati Uniti delle potenti lobbyes cattoliche, che alimenterebbero la sopravvivenza dopo gli anni duri del gauchismo francescano.
Rimpinguare la casse di un Vaticano che aveva preso altre strade prima, avendo illuso con il nuovo corso francescano il Continente panamericano, poi capovolgendo quel giudizio sul Papa argentino e desarollista, poteva sembrare la svolta di atteggiamento dei “finanziatori” ecclesiastici, i più cospicui del pianeta.
Si vedrà se questo papa numero 267 della storia della Chiesa, che ha rotto il tetto di cristallo di un pregiudizio verso la Chiesa americana, per almeno qualche secolo definita troppo impregnata di protestantesimo e poi poco influente nella Cappella Sistina nell’ Ottocento e poi nel Novecento perché i cardinali della Confederazione facevano fatica ad arrivare in tempo al Conclave, quando il trasporto era solo via mare, attirerà di nuovo l’attenzione verso le sacre casse di Roma.
Intanto questo papa agostiniano, che ci ha tenuto così tanto a sottolineare la sua fedeltà all’Ordine di appartenenza, sta entrando da subito nel vivo degli altri problemi lasciatigli in eredità da Francesco.
Tanto per cambiare a sollecitarlo è stata per prima la Chiesa tedesca, da sempre e soprattutto negli ultimi anni insistente nella ricerca delle riforme, soprattutto quelle sulle donne prete e sul celibato dei preti.
Anne Konig, presidente delle donne cattoliche di Germania, oltre che deputata al Bundestag e iscritta ai cristiano democratici, ha subito chiesto che se anche non si può arrivare subito all’ordinazione femminile almeno bisogna allargare il compito femminile nei servizi della Chiesa.
E monsignor George Bazing, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha chiesto di riprendere “il cammino sinodale”, che prevede anche la benedizione per “le coppie che si amano”, intendendo anche quelle gay e non solo e lo ha fatto riferendosi alla controversa Dichiarazione “Fiducia supplicans” del Dicastero della Dottrina delle Fede, guidato dal cardinale argentino Victor Manuel Fernandez, fedelissimo di Francesco.
Insomma una patata bollente che era rimasta lì nel complesso cammino sinodale che Bergoglio aveva incominciato e che era praticamente terminato, con una specie di rinvio a una futura assemblea che meditasse i risultati del sinodo universale.
Il papa Leone, con il suo sorriso tranquillo e il tono fermo,. non ha ancora risposte dirette a queste istanze, che riemergono come al solito dalla chiesa tedesca, in quello spirito luterano, che ogni tanto strappa.
Ma su alcuni dei temi chiave Prevost, zitto zitto, ma non troppo risponde eccome. Infrangendo con il suo sorriso deciso il proposito di Francesco di rinviare le questioni cruciali di tre anni, allungando il Sinodo a quello che già si chiamava “Sinodo della Sinodalità”, come se fosse un altro Concilio Vaticano II.
Ricevendo qualche mercoledì fa i seminaristi del Triveneto ha evocato, tanto per restare fedelealle sue vie maestre, sant’Agostino e la sua lotta contro le tentazioni.
“ Gettati in Dio senza timore di fronte alle tentazioni – ha detto. – Non si tirerà indietro per farti cadere. Gettati tranquillo egli ti accoglierà e ti guarirà. Come un padre ripeto a voi queste cose che fecero tanto bene a Agostino e al suo cuore inquieto, esse non valgono soltanto in riferimento al celibato, che è un carisma da riconoscere, custodire ed educare, ma possono orientare tutto il vostro percorso di discernimento e di formazione al ministero ordinato”.
E più tardi, parlando ai vescovi riuniti all’Altare della Cattedra, per il loro giubileo, il Pontefice si è soffermato ancora su “alcune virtù indispensabili”: la prudenza pastorale, la povertà, la perfetta continenza nel celibato e le virtù umane”.
Più chiaro di così a pochi mesi dal suo ingresso nel pontificato! “Non si tratta solo di essere celibe, ma di praticare la castità del cuore e della condotta e così vivere la sequela di Cristo e offrire a tutti la vera immagine della Chiesa, santa e casta nelle membra come nel Capo”, ha aggiunto.
E anche sulle donne il suo pensiero è stato quasi perentorio, anche se precedente alla nomina papale: non è detto che cambieremo la tradizione della Chiesa, che dura da duemila anni, ma sicuramente le donne stanno assumendo un ruolo di leadership nella Chiesa a livelli diversi, ma non è detto che la clericalizzazione risolva il problema.
Insomma brutti colpi per i sinodali tedeschi e non solo. Soprattutto pensando che Leone XIV ha avuto il tempo di prendere queste posizioni mentre anche il Vaticano è immerso in emergenze epocali, come quella di fronteggiare le guerre che attraversano il mondo (come aveva previsto Francesco con il suo annuncio sulla terza guerra mondiale a pezzi) usando la voce della Chiesa come possibile deterrente o come possibile forza mediatrice tra le più ascoltate.
Basta seguire le mosse del cardinale Pizzaballa che dall’epicentro del Medio Oriente si muove anche rischiando personalmente per cercare di aiutare un dialogo complicatissimo tra Hamas, i palestinesi, Israele, sfiorando le bombe, che cadono anche sulle chiese cristiane.
E basta aggiornarsi sulle posizioni che da Francesco in avanti, gesuita isolato nel suo ordine a oggi con Leone agostiniano non certo in minoranza, si prendono verso Israele e la sua guerra progressiva e sempre più feroce per capire quanto grande sia l’impegno di un papa oggi, quando gli bombardano le chiese come quella di Gaza e quando massacrano chi chiede il pane….. e sta morendo di fame e di sete.
Eppure in queste tempeste Prevost non sarà mai un papa pop, che dilaga mediaticamente come il suo predecessore. Anche quando esce sul portone di Castelgandolfo per prendere posizione sull’ultimo crimine bellico appare deciso, ma riservato, pronto a infiammarsi solo quando cita sant’Agostino che è sempre la sua bussola.
E come ogni agostiniano è modellato dalla sua interiorità, dalle origini di eremiti chiamati alla comunità.
Così dopo il ciclone Francesco, che aveva messo in mare la barca della Chiesa senza una rotta precisa, andando spesso controvento, urlando al mondo “chi sono io per giudicare”, Leone è forse chiamato a mettere su una rotta ferma quella barca e a pilotarla con la calma del suo carattere interiore, ma capace di essere comunitario.
Non vuol dire che assisteremo a un papato in discontinuità con quello precedente, che subito Prevost ha sottolineato i principi sinodali così cari a Bergoglio, citando perfino la fondamentale enciclica “Fratelli tutti” nel primo discorso dalla Loggia di piazza san Pietro.
Ma c’è modo e modo di essere un successore, che non tradisce la linea di dodici anni che hanno segnato la Chiesa come pochi precedenti.
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