Sappiamo, perché ce lo insegnano a scuola fin da quando siamo piccoli, che gli alberi su un versante proteggono ciò che sta a valle da frane, valanghe e smottamenti vari. E la logica ci dice che non tutti gli alberi sono ugualmente efficaci: è palese che, per esempio, un albero più alto e più grosso sia più efficace di uno appena nato.
Per proteggersi davvero dai disastri naturali, però, il buonsenso non basta: ecco perché uno studio pubblicato su Cold Regions Science and Technology spiega, dopo cinquant'anni di osservazioni e raccolta dati, quali differenze ci siano tra albero e albero quando si tratta di rallentare o fermare le valanghe – quanto debbano essere vecchi per essere efficaci, per esempio, e quali specie "funzionino" meglio.
. Cinquant'anni di valanghe. Il progetto, che celebra il suo cinquantesimo anniversario proprio in questi giorni, è stato portato avanti dal WSL – Istituto per lo studio della neve e delle valanghe, sul pendio dello Stillberg, nella Val Dischma, in Svizzera, vicino all'arcinota località di Davos.
Qui, a un'altitudine compresa tra i 2.000 e i 2.230 metri, il pendio nord-est è stato sottoposto, a partire dal 1975, a un intervento di afforestazione, che è diversa dalla riforestazione e prevede di portare la foresta là dove è assente da almeno 50 anni (o dove non c'è mai stata).
Gli alberi sono stati piantati poco sopra il limite del bosco: si tratta di circa 92.000 esemplari di cembri, larici e mughi, che sono stati poi monitorati nei cinquant'anni successivi per studiarne le interazioni con le valanghe che provengono dalle altitudini superiori.
Si parla di un totale di 214 valanghe osservate, la maggior parte delle quali concentrate tra il 1975 e l'inizio degli anni Novanta. Dopodiché qualcosa è successo alla foresta e le valanghe hanno cominciato ad arrivare sempre meno spesso a valle.
. Non tutti gli alberi sono uguali. Quello che è successo è che gli alberi sono cresciuti: quando superano il doppio dell'altezza del manto nevoso da cui si staccano le valanghe, diventano una barriera efficace, mentre prima rischiano di venire travolti e superati dalla neve.
Ci sono anche differenze in base alle specie: le conifere sempreverdi (mughi e cembri, in questo caso) trattengono la neve meglio di quelle decidue (come i larici), perché le loro chiome sono sempre presenti nel corso dell'anno. Una foresta di larici, dunque, è meno efficace come scudo contro le valanghe rispetto a una di pini cembri o mughi.
Per quanto limitati a certe specie e a un'area geografica specifica, i risultati dello studio sono importanti per qualsiasi progetto di afforestazione, in particolare quelli volti a proteggere un versante dalle valanghe. O in termini più semplici: non tutti gli alberi sono uguali, e se si vuole portare la foresta là dove non c'era bisogna tenere conto di queste differenze per progettarne una efficace..