Com’è andata l’inaugurazione del Torinodanza Festival 2025
- Postato il 10 settembre 2025
- Teatro & Danza
- Di Artribune
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Delay the Sadness – rimanda la tristezza – è il titolo consapevolmente pervaso da amara ironia scelto da Sharon Eyal, coreografa israeliana da tempo attiva e residente in Francia, per la sua nuova creazione, che ha inaugurato il 5 settembre, in anteprima mondiale – la prima sarà il 12 di questo mese alla Ruhrtriennale – l’edizione 2025 del festival Torinodanza, diretto da Anna Cremonini e organizzato dal Teatro Stabile di Torino. Lo spettacolo è arrivato sul palcoscenico del Teatro Carignano dopo una residenza presso Orsolina28 Art Foundation, immersa nelle colline del Monferrato, e un periodo di affinamento all’interno della stessa storica sala torinese, dove è stato accolto con emozionati applausi da parte di quel folto e attento pubblico che la danza contemporanea riesce molto spesso ad attrarre e coinvolgere.

Chi è la coreografa e artista Sharon Eyal
A lungo danzatrice e poi coreografa per la prestigiosa Batsheva Dance Company, Sharon Eyal (Gerusalemme, 1971) ha fondato nel 2013 con Gai Behar la compagnia di danza S-E-D che dal 2022 ha sede in Francia, Paese nel quale la coppia vive. Da molti anni, poi, Eyal e Behar affiancano al lavoro con la propria compagnia la collaborazione con altre realtà della danza internazionale – dall’Opéra di Parigi al Nederlands Dans Theater, dallo Staatsballet di Berlino alla GöteborgsOperans Danskompani – ma anche con artisti di altri campi, dalla moda con Maria Grazia Chiuri alla musica fino alle arti visive, realizzando progetti con gallerie rinomate quali Hannah Barry e Hauser & Wirth. Un approccio eclettico e curioso evidente nella creazione degli spettacoli di danza, di cui Eyal e Behar curano ogni singolo dettaglio, a partire dalla “colonna sonora” che, nel caso di Delay the Sadness, è stata appositamente composta dal produttore musicale e cantante Joseph Laimon, al fine di generare una costante e felicemente problematica interlocuzione fra suono e movimento.

Com’è costruito lo spettacolo “Delay the Sadness”
Otto danzatori, quattro uomini e altrettanto donne a esplicitare una simmetria ricercata e meticolosamente osservata da una coreografia classicamente precisa, qualità enfatizzata dalle mezze punte così come dalla schematicità della costruzione, che alterna con matematica ricorrenza ensemble, duetti e quartetti. Un rigore compositivo accompagnato dalla cura riservata anche a gesti apparentemente minimi e alla mimica – i visi eterei dei danzatori ora distesi, ora deformati da un’espressionistica smorfia di dolore – ed enfatizzato dalle gelide e innaturali luci di Alon Cohen. Una costruzione tanto rigida e apparentemente fredda che, proprio per la sua stringente inevitabilità, incarna al meglio quell’amara constatazione della pervasività del dolore a partire dalla quale Sharon Eyal ha disegnato la propria coreografia.

Qual è il significato dello spettacolo “Delay the Sadness”
La sofferenza, il lutto, l’impossibilità di vivere l’esistenza che si vorrebbe o una bruciante passione amorosa non sono forse gabbie, schemi a cui obbligatoriamente assecondare i propri movimenti che, nondimeno, a tratti, si concedono minimi ma significativi scarti. Eyal sembra suggerire come la tristezza possa essere “rimandata” per brevi ma intensi sipari ma, in primo luogo, debba essere riconosciuta e accettata, adottando una disciplina che non è apatia ma consapevole riconoscimento delle proprie emozioni e rigoroso e salvifico tentativo di non soccombere a esse. Ecco, dunque, che il matematico rigore dello spettacolo rivela la propria carnale umanità – un indizio sono anche i costumi che aderiscono come una seconda pelle, attraversati da minimali ma pulsanti arterie e venature. Un grido muto e disperato – quello su cui si chiude il sipario – che sfugge momentaneamente a quella disciplina che sola consente realmente di scansare la sofferenza che ci circonda.

I prossimi appuntamenti di Torinodanza Festival
Un cartellone concentrato in un mese – fino al 5 ottobre – e punteggiato da nomi di assoluto interesse: dal greco Ioannis Mandafounis, inventivo discepolo di Forsythe, al connazionale Christos Papadopoulos, raffinato e ipnotico; dall’irriverente collettivo (La)HORDE agli afrodiscendenti Descents; da Akram Khan ai leggendari Peeping Tom, con la loro ultima creazione, Chroniques. E, ancora, gli artisti italiani: Michela Lucenti e Sofia Nappi; Daniele Ninarello e Francesca Pennini, la MM Contemporary Dance Company e i giovani YoY Performing Arts.
Laura Bevione
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