Colpito da un pugno per il monopattino: ora Paolo è tetraplegico e l’aggressore in libertà. La famiglia: “Rimasti soli, aiutateci a dargli un futuro”

  • Postato il 9 marzo 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Generico marzo 2025

Albenga. Sembrava un giorno di fine maggio qualunque: il lavoro in un campeggio, una serata in discoteca con gli amici. Poi è arrivata la rapina che ha sancito l’inizio di un vero e proprio inferno, stravolgendo completamente la vita di un giovane e dei suoi affetti. A causa di un pugno, oggi è tetraplegico e comunica solo con gli occhi. 

È la storia di Paolo, appena 24 anni, di Albenga, tristemente conosciuto ai più come “il ragazzo del monopattino di Vadino”. Si trova attualmente ricoverato in un centro specialistico di La Spezia, dopo aver subito oltre 50 ore di interventi in meno di un anno. Per un pugno. Per un monopattino.

L’incubo è iniziato il 19 maggio 2024. Sono da poco passate le 3,30, quando Paolo esce da una discoteca della zona per far ritorno a casa, a Campochiesa. Ha con sé il suo monopattino elettrico, ma preferisce portarlo a mano per andare a piedi con il suo migliore amico. Il tragitto è lungo, ma in compagnia i chilometri pesano meno.

Giunti di fronte al Conad di Vadino, però, vengono raggiunti da un gruppo composto da quattro giovani (tre tra i 18 e i 20 anni ed un minorenne): arrivano dal Piemonte, sono in vacanza in Liguria. Uno di loro strappa il monopattino dalle mani del ragazzo e si avvia con gli altri verso via Costituzione. Paolo e l’amico li inseguono. Chiedono la restituzione del maltolto.

In tre (il quarto ha fatto ritorno in campeggio) tornano indietro e un membro del gruppo, di fronte al parcheggio di un condominio, senza alcun motivo sferra un pugno diretto al volto di Paolo. Lui cade all’indietro. Batte la nuca contro l’asfalto. Inizia a perdere molto sangue e ha le convulsioni. L’amico grida, chiede aiuto. La situazione appare subito gravissima, ma gli aggressori lanciano a terra il monopattino e scappano.

Le prime a giungere sul posto sono alcune amiche con cui Paolo e l’amico avevano trascorso la serata in discoteca. L’intervento di una di loro risulterà poi decisivo per il giovane, che anche grazie a lei è riuscito a conservare la vita, ma da allora ha visto compromesso il suo futuro.

Viene trasportato d’urgenza all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, dove subisce due interventi della durata di 15 ore ciascuno: al termine, di fatto, non ha più gran parte del cranio. Ma non è comunque sufficiente. Paolo viene dichiarato in pericolo di vita fino alla fine del mese di agosto: oltre 3 mesi sospeso tra la vita e la morte. E ogni chiamata giunta sul telefono dei parenti in quei giorni è un tuffo al cuore. Per un pugno. Per un monopattino.

Quella notte, per fortuna, due telecamere hanno ripreso la scena. E le riprese evidenziano l’assenza di una lite e, soprattutto, immortalano il volto degli aggressori.

Tutti e quattro vengono fermati dai carabinieri la mattina successiva, su un treno diretto a Torino. Nei successivi processi, due vengono condannati: quello che ha sferrato il pugno a 6 anni di reclusione per lesioni gravissime e per rapina (gli è anche stata contestata l’aggravante dei motivi futili e abietti); un altro membro del gruppo a 3 anni e 6 mesi. Entrambi hanno ammesso le proprie colpe, ottenendo uno sconto di pena. Ma non solo. 

La sentenza di primo grado è stata impugnata e così anche l’unica persona che aveva ricevuto una limitazione della libertà (quello che ha sferrato il pugno), è tornato libero (sottoposto alla misura del braccialetto elettronico), in attesa del processo d’appello. E prima che un’eventuale sentenza di condanna diventi esecutiva, tra Appello e Cassazione, potrebbero passare anche 3-4 anni. C’è poi il terzo maggiorenne, che è in attesa di essere processato (con udienza già fissata) mentre, ad oggi, non è ancora chiaro quando si svolgerà il processo a carico del minore. 

Liberi e nullatenenti. E così dei risarcimenti previsti, quantificati complessivamente in oltre un milione di euro (per la precisione, 1.471.000 di euro a favore di Paolo e 200mila euro a favore della mamma, tutti a carico della persona che ha sferrato il pugno), probabilmente nulla arriverà mai nelle mani della famiglia del giovane ingauno, destinata a ritrovarsi anche a fare i conti con spese salatissime.

Paolo, infatti, vive solo con Miranda, la mamma, che ha avuto un tracollo: svenimenti e malessere costante, grave perdita di peso, depressione. Ha perso anche il lavoro perché non può permettersi di lasciare il figlio da solo. Mentre l’amico che era con Paolo quella sera passa le giornate a chiedersi cosa avrebbe potuto fare di più, quali e quante siano le sue colpe. Nessuna, ovviamente. Ma sono i danni collaterali di vicende come questa: Paolo ha lesioni visibili e irreversibili; le persone a lui vicine hanno riportato ferite invisibili, ma dolorose e altrettanto insanabili.

È a questo punto che arriva Rossella, una parente stretta. Tra mille difficoltà, prende in mano le redini della situazione. Aiuta la mamma, la accompagna in ospedale e alle visite. È con lei sempre. Anche quando arriva il referto medico, che sembra una sentenza di condanna: “Non c’è nulla da fare” è il crudo riassunto della diagnosi iniziale.

Paolo alla fine si sveglia, ma il suo mondo è sottosopra. Viene trasferito in un centro specialistico di La Spezia, dove subisce un nuovo intervento durato 20 ore. La sua cartella clinica attualmente conta circa 10mila pagine e la diagnosi definitiva parla di “tetraplegia, con livello cognitivo da valutare”. 

La mamma non lo lascia mai da solo, ma l’appartamento a La Spezia costa 600 euro al mese, pagati, con comprensibile difficoltà, da Rossella con l’aiuto di altri parenti. Una soluzione complicata e, comunque, solo temporanea. 

Paolo ha svolto un lungo periodo di riabilitazione e, una volta giudicato idoneo, dovrà lasciare la struttura in cui si trova. Le scelte a quel punto potrebbero essere due, una più tortuosa dell’altra: un ricovero in una nuova clinica specialistica, ma questa volta a pagamento e con costi mensili da migliaia di euro, oppure il ritorno a casa.

Si tratta di una casa popolare situata a Campochiesa, ma non idonea: dimensioni ridotte (per usare un eufemismo) e gravi problemi di muffa e infiltrazioni. E con l’obbligo di dotarsi di assistenza h24 e di materiale specialistico molto costoso: da un letto ad hoc ai tiranti per alzarlo, dal cibo alle medicine. Spese che la famiglia non potrebbe assolutamente a sostenere.

In teoria, le spese in questione dovrebbero essere coperte dal risarcimento da oltre 1 milione di euro: peccato che, come detto, con ogni probabilità mai arriverà. Inoltre, come ha spiegato direttamente Rossella: “Lo Stato prevede un fondo per coloro cui spetta un risarcimento e non riescono ad ottenerlo, come in questo caso. Ma il tetto massimo è fissato a 25mila euro”. Venticinquemila euro prospettati a fronte di due milioni di euro dovuti.

In tutto questo, anche il dolore provocato dall’ingiusta libertà degli aggressori che “non hanno mai fatto una chiamata, non hanno mai cercato di contattarci. Possono continuare tranquillamente la loro vita, mentre Paolo è tetraplegico in un letto di ospedale”, ha proseguito Rossella.

Fa rabbia, tanta. Ma gli aggressori, in questo momento, sono l’ultimo dei nostri problemi. Il nostro unico obiettivo è dare un futuro a Paolo, a cui è già stato sottratto troppo e non può e non deve essere privato di tutto. La casa popolare in cui vive con la mamma non è adatta, il Comune di Albenga lo sa. Ma comprendiamo anche le difficoltà che i Comuni stanno affrontando con l’emergenza abitativa. Quello che lancio è un appello a tutti i livelli: ai Comuni, alla Provincia, alla Regione Liguria e allo Stato. Ci ritroviamo in questa situazione senza avere alcuna colpa. Ci sentiamo soli in questa battaglia: non importa da chi, abbiamo bisogno di aiuto”.

Paolo, amante della vita e grande tifoso di calcio (della Sampdoria in particolare) oggi non è minimamente autosufficiente, comunica solo attraverso lo sguardo: muove gli occhi indicando scritte e disegni per far comprendere i suoi bisogni. Gli stessi occhi che si illuminano ancora quando ascolta le canzoni di due cantanti molto amati, Ultimo e Olly, e coltivano ancora almeno un sogno, quello di incontrarli.

Nel frattempo, per aiutare il giovane e mamma Miranda è stata lanciata anche una raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe (la trovate QUI). E la vicenda, a breve, avrà una risonanza nazionale. Nelle scorse settimane, infatti, aveva fatto notizia la presenza di una troupe della trasmissione “Le Iene”, con l’inviato Matteo Viviani, ad Albenga: erano qui per Paolo e la sua storia sarà oggetto di uno dei servizi in onda proprio questa sera (9 marzo). 

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Il Vostro Giornale

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