Colombia, condannato l’ex presidente Uribe: “Giornata fondamentale per la costruzione della memoria collettiva”

  • Postato il 29 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il processo all’ex presidente della Colombia Alvaro Uribe Vélez entra in una nuova fase. Lunedì 28 luglio, la giudice Sandra Liliana Heredia ha dichiarato Uribe, l’uomo più potente dell’estrema destra colombiana degli ultimi decenni, responsabile per avere corrotto testimoni affinché mentissero a suo favore in un’indagine separata sui suoi presunti legami con gruppi paramilitari di estrema destra, responsabili di violazioni dei diritti umani. La giudice ha ritenuto l’ex presidente, che ha guidato il Paese dal 2002 al 2010, responsabile anche di frode processuale. La condanna è in primo grado e prevede la possibilità di appello. La sentenza sarà annunciata venerdì pomeriggio e Uribe potrebbe scontare la pena nel Paese.

“È un momento storico per la Colombia”, dice a ilfattoquotidiano.it Sara Sofia Carmen tra le persone che si sono riunite in strada a Bogotà in attesa dell’esito del processo. In centinaia hanno aspettato il verdetto in un luogo simbolico per la capitale e la storia recente del Paese: il murale “Las cuchas tienen razón” (le signore hanno ragione, ndr), un omaggio alle madri che cercano giustizia per i figli vittime della violenza di Stato. “L’importanza del processo va al di là del suo significato penale. Riguarda la memoria, la verità per le vittime delle esecuzioni extragiudiziali”, conclude.

Il caso che ha portato a processo il leader del partito di estrema destra Centro Democrático è iniziato nel settembre 2011, quando il senatore Iván Cepeda aveva incontrato l’ex paramilitare Juan Guillermo Monsalve in quel momento detenuto nel carcere di Cómbita, a Boyacá. Monsalve, personaggio chiave nella vicenda, aveva parlato di presunte connessioni tra Uribe, e il suo ambiente familiare, e gruppi paramilitari coinvolti in violenze e crimini nella regione di Antioquia. In particolare, Monsalve aveva raccontato dettagli sulla presunta vicinanza dell’ex presidente con il Bloque Metro, noto per il suo coinvolgimento in massacri, crimini e sfollamenti forzati. Secondo le accuse di Monsalve, questo gruppo riceveva supporto logistico e finanziario da esponenti politici locali, inclusa la famiglia Uribe, e utilizzava la tenuta Las Guacharacas, proprietà della famiglia dell’ex presidente, come base.

In risposta a queste dichiarazioni, nel 2012 Uribe aveva denunciato Cepeda alla Corte Suprema di Giustizia, accusandolo di cercare falsi testimoni per collegarlo ai gruppi paramilitari. Nel 2018 la Corte Suprema aveva archiviato la denuncia contro Cepeda aprendo in un colpo di scena un’indagine contro Uribe per presunta manipolazione di testimoni. Nel 2020 Uribe, allora senatore, era stato obbligato agli arresti domiciliari per “possibili rischi di ostacolo alla giustizia”. Dopo numerosi tentativi di archiviazione da parte della difesa, il processo era iniziato lo scorso febbraio. La procuratrice Luz Adriana Camargo aveva accusato Uribe di aver ideato e sostenuto “una strategia volta a manipolare il corso della giustizia penale, utilizzando terze parti con il deliberato obiettivo di costringere testimoni chiave a ritrattare”.

Ora la giudice Sandra Heredia ha riconosciuto che il politico 73enne aveva chiesto al suo avvocato, Diego Cadena, di offrire benefici a diverse persone, come l’ex paramilitare Monsalve, affinché testimoniassero a suo favore e contro il senatore Cepeda. Leggendo il verdetto, ha affermato che “Uribe era consapevole della natura illecita delle sue azioni”, mentre l’ex presidente ha sempre affermato che il suo avvocato avrebbe agito senza sapere cosa stesse facendo. La decisione della giudice non specifica se l’accusa di Cepeda sia vera, ma l’intero processo riguarda la possibilità che Uribe abbia potuto usare la sua influenza per convincere testimoni a ritrattare e a cambiare versione. Stabilisce che l’ex presidente avrebbe provato a silenziare testimoni che lo collegavano direttamente a gruppi paramilitari insieme alla sua famiglia. Secondo quanto si è potuto apprendere da una conversazione registrata, nel 2018 l’avvocato di Uribe aveva visitato Monsalve in carcere, offrendogli benefici giudiziari in cambio di una sua ritrattazione. Il partito fondato dall’ex presidente ha già affermato che arriverà fino alla Corte suprema di giustizia, se non soddisfatto delle decisioni dei giudici.

Uribe è uno dei presidenti più popolari degli ultimi anni perché, secondo molti colombiani, avrebbe restituito sicurezza al Paese. Ma il suo governo è stato accusato di abusi di potere e violazioni dei diritti umani. La logica securitaria su cui si fondava la sua amministrazione, e il ruolo centrale ricoperto dalle forze militari, è stato lo strumento per sospendere garanzie processuali, colpire membri dell’opposizione e giudici, intimidire i cittadini. Uno dei casi più gravi riguarda i “falsi positivi”: tra il 2002 e il 2008, i militari hanno assassinato più di seimila civili, spesso giovani e provenienti da quartieri popolari, presentandoli come guerriglieri uccisi in combattimento per ottenere ricompense, permessi o promozioni. “È una giornata fondamentale per la costruzione della memoria collettiva: è la prima volta nella storia recente della Colombia che viene emessa una sentenza contro un ex presidente”, dice Ximena Hernandez, attivista che ha lavorato con le Madres de Soacha, le madri che cercano giustizia sulle morti dei propri figli uccisi dall’esercito. “Questo processo può aprire una porta sulla verità. È un primo passo per comprendere che cosa hanno fatto davvero i paramilitari. Può anche modificare il modo in cui si costruisce la memoria in Colombia, segnata da tanta violenza. Fino ad ora la giustizia non è mai stata tale perché vinceva l’impunità. Oggi si sente che qualcosa può davvero cambiare”.

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Il Fatto Quotidiano

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