Codice della strada e droghe, le linee guida ministeriali? Cambiano nulla. E i pazienti in cura restano a rischio

  • Postato il 19 maggio 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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A diversi mesi dall’entrata in vigore della riforma del Codice della strada, i ministeri dell’Interno e della Salute corrono ai ripari sul tema della guida dopo l’assunzione di stupefacenti, cercando di mettere ordine a una norma finita alla Consulta per possibili vizi di costituzionalità. Ma le nuove linee guida se da un lato chiariscono aspetti come l’inutilizzabilità degli esami delle urine per accertare la positività alle droghe, dall’altro sembrano più un tentativo finalizzato solamente a provare a legittimare – legalmente e tecnicamente – una norma molto contestata anche da giuristi e medici. E per i soggetti in cura con farmaci che contengono sostanze stupefacenti come, ad esempio, la cannabis terapeutica? Finalmente, dopo tanti mesi, l’argomento viene affrontato, ma i pazienti che assumono questi farmaci sotto prescrizione medica, non solo rischiano comunque la sospensione della patente per 10 giorni, ma rimangono anche molti dubbi su come la loro posizione verrà successivamente valutata. Un “intervento riparatore” che rischia pertanto di creare ulteriori problemi.

L’eliminazione dello stato di alterazione – Come noto, la nuova riforma del Codice della strada – fortemente voluta e sponsorizzata dal ministro Matteo Salvini – ha introdotto una rilevante modifica all’articolo 187: è stato infatti eliminato qualsiasi riferimento allo “stato di alterazione psico-fisica” per chi guida dopo avere assunto sostanze stupefacenti o psicotrope. In pratica la sola positività ai test, comporterà così la punibilità (con l’arresto da sei mesi a un anno), anche se il risultato del test è stato causato da un’assunzione avvenuta molte ore prima e il soggetto non presenta alcuna alterazione. Un aspetto considerato da molti illogico e incostituzionale anche sotto il profilo della “indeterminatezza della fattispecie penale”.

La “correlazione temporale” – Ed ecco che arrivano in soccorso le linee guida del ministeri dell’Interno e della Salute (adottate l’11 aprile ma rese note solo pochi giorni fa) che individuano criteri e metodiche uniformi per l’esecuzione degli accertamenti tossicologici. I ministri così scrivono nero su bianco: “L’elemento caratterizzante la nuova fattispecie, contenuto nella locuzione ‘dopo aver assunto’, è costituito dallo stretto collegamento tra l’assunzione della sostanza e la guida del veicolo“. In pratica per essere punibile la condotta deve essere presente “una correlazione temporale tra l’assunzione e la guida, che si concretizza – spiegano i ministeri – in una perdurante influenza della sostanza stupefacente o psicotropa in grado di esercitare effetti negativi sull’abilità alla guida“. Ecco il passo indietro: non basta più la semplice positività ma bisogna dimostrare che questa è avvenuta “in un periodo prossimo” alla guida.

Come dimostrarlo? – Qui sorge il primo problema. Vengono escluse le analisi delle urine (che possono presentare tracce di droghe anche dopo diversi giorni o settimane), ma basterà risultare positivi “esclusivamente attraverso analisi di campioni ematici o di fluido del cavo orale del conducente”. Quindi le analisi del sangue e i famosi test salivari. In una nota al testo viene sottolineato, infatti, che “nel sangue e nella saliva la maggior parte delle sostanze stupefacenti è rilevabile solo per alcune ore, a seconda dell’emivita della singola sostanza. In tale periodo, le sostanze rinvenute sono ancora in grado di esercitare il loro effetto“. Nessun riferimento però a ricerche o dati scientifici che dimostrino questa affermazione. Al contrario però ci sono diversi studi, come quello dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo (datato ottobre 2023), che parlando di test salivari che hanno dato risultato positivo fino a 22,5 ore dal consumo di Thc (il principio attivo presente nella cannabis), 25 ore dal consumo di oppiacei e 31,23 ore dopo il consumo di cocaina. Sono da considerare questi eventuali “periodi prossimi alla guida”? Tra l’altro, come affermato a ilfattoquotidiano.it da alcuni esperti, la permanenza nell’organismo delle sostanze varia da soggetto a soggetto e da un numero elevato di variabili.

“Così non si accerta il pericolo” – “Un maldestro tentativo di correre ai ripari”, lo definisce l’avvocato Claudio Miglio, che insieme al collega Lorenzo Simonetti hanno una lunga esperienza nel settore dei reati in materia di stupefacenti. Se queste linee guida da un lato hanno “rimediato ad alcune evidentissime storture, come appunto quella dell’esame delle urine”, dall’altro “non risolve il problema” perché non si accerta ancora se il “soggetto è pericoloso alla guida“. Secondo la norma modificata e le linee guida “il reato è configurato se il test dà esito positivo, ma in realtà non dovrebbe essere così”, sottolinea a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Miglio. “Qui il problema – aggiunge – è capire che l’offesa al bene giuridico tutelato, cioè la sicurezza stradale, si perfeziona quando il soggetto è in uno stato alterato“, va perseguita “l’assunzione pericolosa”, per questo “il legislatore avrebbe dovuto non toccare lo stato di alterazione”. L’unica via d’uscita, in attesa della decisione della Consulta, rimane pertanto quella di “provare e far valutare al giudice, durante il processo, l’assenza di pericolosità alla guida”, sottolinea il legale: “Ma il processo – aggiunge – è lungo e dispendioso“.

Cosa cambia per i pazienti in cura – Infine, finalmente, viene affrontato l’argomento dei pazienti in cura con farmaci come la cannabis terapeutica. Nelle linee guida, però, i ministeri si limitano a fare presente agli agenti che “è importante indicare” nel verbale di accertamento “i farmaci eventualmente dichiarati dal soggetto o riportati nella certificazione medica eventualmente esibita ed acquisita dagli organi accertatori attestante una terapia farmacologica”. Questo, viene scritto, “potrà essere utile per consentire una più completa valutazione e interpretazione dei risultati degli accertamenti tossicologici di secondo livello”. In tutti i casi, infatti, dopo un test della saliva con esito positivo, vengono prelevati altri due campioni per effettuare i successivi accertamenti: in quei 10 giorni però la patente potrà essere sospesa. “Da quello che si interpreta, tecnicamente si procederà alla contestazione anche penale e ci sarà la sospensione della patente”, in attesa delle successive analisi, spiega l’avvocato Miglio. In più “dobbiamo capire in che termini avverrà questa valutazione, perché si rischia addirittura di andare contro quello che si vorrebbe tutelare”. Le linee guida di questo non parlano. “Ovviamente – sottolinea il legale – se un paziente è oggettivamente pericoloso alla guida va sanzionato, quella che va tutelata è la sicurezza stradale”. Nonostante l’intervento dei due ministeri, pertanto, tanti punti rimangono ancora poco chiari. Potrà però essere la Corte costituzione a mettere dei paletti sulla norma.

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