Cocktails e paella: al Manzoni si degustano cibo e letteratura
- Postato il 27 novembre 2025
- Di Panorama
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“Portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di madeleine. Ma nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario”. Così, Marcel Proust esprime come il buon cibo – nel caso specifico l’amata madeleine, ma valevole per tutte le gustose vivande – sia una infinita fonte di emozioni. Ovviamente, non c’era bisogno di scomodare Proust per sapere quanto l’arte del nutrirsi possa essere piacevole e deliziosa, ma sicuramente, scoprire alcuni segreti e contributi che il cibo ha regalato, o appreso dal cinema, dalla letteratura, e dal teatro è un arricchimento non solo per la mente, ma anche per il palato.
Maria Pilar Pérez Aspa lo fa con i cocktail e con la sua amata paella. Al Teatro Manzoni con “Un altro giro” in scena il 14 dicembre e i prossimi 1 e il 22 marzo e con “Racconti di Zafferano” il primo e il 15 febbraio, Maria Pilar racconterà memorabili pagine di grandi autori, storie inedite e curiosità, il tutto accompagnato da buoni cocktail o un’altrettanta squisita paella.
Maria Pilar, dopo più di trent’anni sei naturalizzata italiana
“Io sono di Saragozza, sono venuta per caso in Italia tanti anni fa e senza neppure parlare una parola di italiano, (oggi il suo italiano è perfetto!) perché folgorata da uno spettacolo che la scuola Paolo Grassi aveva messo in scena nella mia città. Pensavo di fare un anno… invece ne sono passati più di trenta.
Complice anche il fatto che in Italia non c’è la pignoleria anglosassone sulla pronuncia, alla “Paolo Grassi” ho conosciuto i miei compagni di lavoro e abbiamo creato l’ATIR: lavoriamo insieme da tre decenni!”
Come sono nati questi due spettacoli?
“È nato prima lo spettacolo dove cucino, “Racconti di zafferano”, dove, in solitaria, cucino paella per novanta persone. Mi è sempre piaciuto cucinare e ho deciso di mettere insieme il mio amore per la cucina e il mio lavoro di attrice, che è la mia passione.
Recitare e cucinare sono due attività molto simili: sono immediate, ti restituiscono istantanee risposte su quello che offri, non ci sono intermediari. La nostra partecipazione è emotiva.”
Nel tuo amore per la cucina rientrava già anche la conoscenza dei cocktails?
Assolutamente no: mi piacevano, ma non ne sapevo niente, quindi mi sono messa a studiare, ho raccolto delle informazioni e fatto sperimentazioni in un locale stupendo a Milano. Mi è sempre piaciuto scrivere e ho sfruttato il potenziale di leggerezza di un spettacolo del genere. Se noi dedichiamo un po’ di tempo a sapere, a scoprire, anche il sapore diventa più profondo, più piacevole. Mangi e bevi con una consapevolezza diversa, il gusto si moltiplica e anche i tuoi sensi si lasciano andare.
Osservando le persone nei locali, avevo spesso una sensazione di ripetitività. Era come entrare in biblioteca e vedere le persone leggere sempre lo stesso libro, perché in Italia, il novanta per cento delle volte, ordiniamo uno spritz, me compresa.
Io non sono di certo un’esperta in materia, ma mi faceva piacere l’idea di poter regalare, di mettere a disposizione qualche informazione in più. Perché non si ha sempre voglia della stessa cosa: un giorno magari preferisci un Daiquiri, un altro un Martini. Racconto un po’ la storia del bere, di come nei secoli l’uomo si sia approcciato a questa pratica. È stato un lavoro che mi ha portato a delle bellissime scoperte.”
Ce ne anticipi una?
“L’uomo ha scoperto prima l’alcol che la scrittura, e questo dice molto sulle priorità della specie umana! Racconto diversi aneddoti. Ci tengo a precisare che saranno degli assaggi e non faremo ubriacare nessuno, ma si crea un bel clima di allegria, una bella convivialità.”
Per lo spettacolo, “Racconti di zafferano”, invece, non hai avuto bisogno di prendere appunti..
“Esatto, e inoltre la letteratura sul cibo è più vasta. Ho fatto una ricerca su tutti i testi collegati alla storia del percorso dell’alimentazione, pur dovendo fare dei grandissimi salti temporali, perché lo spettacolo dura un’oretta. Il tempo di cottura della paella.”
Di carne o di pesce?
“Di carne. La paella tradizionale è di carne, perché essendo un piatto popolare era un piatto povero e quindi veniva fatto con ciò che si aveva in abbondanza. I crostacei costavano troppo. La paella di pesce è una ricetta arrivata più tardi.”
A che età hai iniziato a cucinare la paella?
“Da piccola. La cosa bella è che mi madre, che cucinava benissimo, mi ha fatto entrare in cucina molto presto. Intorno ai dieci anni poi, ogni scusa era buona per scappare dai libri. Gli stessi libri, a cui invece mi sono avvicinata anni dopo per pura passione. Da grande, dopo tutti questi spettacoli, mia mamma ha chiesto finalmente a me di cucinarle la paella, e mi ha anche fatto i complimenti!”
C’è qualcosa di particolare che contraddistingue la tua paella?
“Seguo la ricetta di mia nonna Doña, che è la ricetta classica con un paio di accortezze che svelo durante lo spettacolo. Mi affido (metaforicamente) a lei anche durante gli spettacoli perché quando sei abituata a usare il gas e devi cucinare con l’elettricità, oppure fai uno spettacolo vicino al mare o all’aperto e il vento spegne i fornelli o fa cambiare l’umidità, devi andare d’istinto; solo che l’stinto deve coincidere con la drammaturgia!
Perché quando il riso cuoce più lentamente inizio ad allungare il testo, oppure in alcuni punti accelero perché sembra che il riso sia cotto!”
Sicuri che nonna Doña non farà mancare il suo aiuto, non c’è altro da aggiungere se non “cin cin” e “buon appetito”!