Cocco libero dopo l’inferno ivoriano. Il legale: “Quale assistenza? Da Meloni a Tajani mai una risposta”
- Postato il 11 luglio 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo tre anni nell’inferno della prigione di Abidjan, in Costa d’Avorio, l’ingegnere fiuggino Maurizio Cocco è uscito dal carcere (in regime di libertà vigilata) lo scorso mercoledì ed è attualmente ricoverato per il suo stato di salute, compromesso dalle condizioni estreme della detenzione, durante la quale è stato colpito da ictus, dalla malaria e dal colera. Oltre la soddisfazione, per lui e i suoi familiari, di essere sopravvissuti a uno dei peggiori penitenziari al mondo, però, c’è anche l’amarezza per quello che il suo avvocato, Mario Cicchetti, definisce con fermezza “il totale disinteresse delle istituzioni italiane”. Mentre in altri casi – cita a titolo esemplificativo quello di Chico Forti – “il Governo e l’intera platea parlamentare si sono mobilitati per mesi”, accusa il legale, che ha sollecitato personalmente l’esecutivo, dalla premier Giorgia Meloni al ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Non ho mai ricevuto alcuna risposta, né la famiglia una telefonata, almeno per mostrare la vicinanza dello Stato”, racconta al Fatto.
Arrestato nel 2022 e incriminato per riciclaggio e traffico di stupefacenti, accuse per le quali è stato assolto, Cocco è stato poi condannato in primo grado, nel maggio 2024, a due anni per frode fiscale e al pagamento di un’ammenda. Ma era stato trattenuto in carcere, nonostante una sentenza ne avesse ordinato la liberazione, per un’ulteriore indagine con l’ipotesi di riciclaggio su istanza del Giudice istruttore, che aveva rinnovato il regime di detenzione preventiva. Indagini che, allo stato attuale, “non hanno condotto ad alcuna richiesta di rinvio a giudizio”, spiega l’avvocato. Che in un comunicato intitolato “La Verità Negata“, smentisce le “notizie apparse sulla stampa – presumibilmente ricavate da comunicati rilasciati dall’ambasciata italiana, dal consolato in Costa d’Avorio o dalla Farnesina – che vorrebbero accreditare la versione secondo cui particolari attenzioni sono state riservate a Cocco durante i tre anni” di detenzione. E aggiunge: “Da quando ho ricevuto mandato di assisterlo (marzo 2025), nessuna attività, né straordinaria né ordinaria, è stata compiuta, nonostante le reiterate istanze formulate da questa difesa. E malgrado le disperate condizioni di salute (oltre che carcerarie) in cui l’ingegnere versava, puntualmente denunciate”. L’avvocato ha ripetutamente chiesto alle istituzioni contattate di chiarire anche le iniziative prese prima del suo mandato: “Mai un solo riscontro”.
Le visite del consolato? “Tre in tre anni” a fronte di condizioni “disumane”, spiega Cicchetti. Quanto alle udienze, “ne sono state fatte decine e solo in tre casi si è visto qualcuno”. Nemmeno una violenta sommossa scoppiata nel carcere ivoriano (tre i morti) riuscì a smuovere le cose, con la Farnesina, ricorda, che definì l’episodio “una protesta sindacale”. Gli è stato persino risposto “sì, ma Cocco ha i familiari che possono pagare”, racconta, “nonostante i suoi conti fossero sottoposti a sequestro”. Precisa di non farne in alcun modo una questione di colore politico, ma di Stato. L’accusa è rivolta a tutti, maggioranza e opposizioni, per “l’assordante silenzio delle istituzioni sul caso Cocco, in netto contrasto con altri casi ove si era, perfino, arrivati a una condanna definitiva per omicidio, come nel caso Forti”. “La famiglia, invano, ha atteso anche una semplice telefonata della premier che, sempre per altri connazionali all’estero, è prontamente intervenuta al fine di manifestare la vicinanza dello Stato”.
Al netto dell’interessamento di singoli parlamentari di diverso colore, che tuttavia non ha sortito effetti, “la scarcerazione di Cocco non è avvenuta grazie all’intervento politico”. Anzi, “lo hanno lasciato morire e per puro caso è sopravvissuto ed è riuscito ad uscire con i suoi piedi da un carcere dove è stato curato con le catene legate ai piedi del letto”. Cicchetti ricorda il duro lavoro durato mesi per riuscire a ridurre di dieci volte l’iniziale cauzione di 1,5 milioni di euro. Cocco è uscito “grazie ai soldi delle persone che gli hanno voluto bene e che hanno creduto in lui, nella sua onestà, ma non grazie ai politici che attualmente ricoprono incarichi di governo”. Per questo, aggiunge, “non si può accettare che qualcuno oggi sostenga di aver prestato assistenza”. Perché non accada ad altri, conclude con un appello: “Da Meloni in giù, chiedo di interessarsi di tutti i connazionali. Tutti, non solo di alcuni”.
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