Clima impazzito, il miele lucano crolla del 30%
- Postato il 20 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Clima impazzito, il miele lucano crolla del 30%
La produzione di miele stretta tra anticipi di fioritura e ritorni del freddo ad aprile. In Basilicata sono 13 mila le arnie presenti, 650 gli apicoltori, di cui 20 professionali
È allarme per il miele lucano, con una produzione che segna il passo al -30%. In Basilicata sono 13 mila le arnie presenti, 650 gli apicoltori, di cui 20 professionali: sono i numeri del comparto lucano, evidenziati dalla Coldiretti Basilicata in occasione della Giornata mondiale delle api che si celebra oggi, martedì 20 maggio, e quest’anno dedicata al loro ruolo fondamentale nella produzione di cibo. In regione la produzione di miele nel 2024 è stata di 232 tonnellate, «con un calo complessivo del 30%» per via dell’anticipo di fioritura degli agrumi, «il ritorno di freddo concentrato nella terza settimana di aprile, condizioni prolungate di siccità estiva, che hanno condizionato negativamente i flussi nettariferi, con gli apicoltori che si sono dovuti accontentare di raccolti molto esigui rispetto alla potenzialità».
MIELE, L’APPELLO DELL’ORGANIZZAZIONE AGRICOLA LUCANA
Per il 2025 la fioritura degli agrumi partita in ritardo e finita in anticipo, ha fatto registrare un raccolto «sufficiente», ma non «abbondante», nel raffronto con lo stesso periodo dello scorso anno. Dall’organizzazione agricola lucana arriva anche l’appello ad acquistare miele italiano per sostenere gli apicoltori nazionali e salvare un patrimonio da quasi 1,6 milioni di alveari, lo scorso anno per la prima volta in calo, con 80 miliardi di api stimate al lavoro. Ma a pesare sull’Alveare Italia sono anche le importazioni selvagge.
IL MIELE ESTERO
Nei primi due mesi dell’anno sono arrivati 5,4 milioni di chili di prodotto straniero, di cui oltre 1/3 di provenienza Extra Ue, spesso di bassa qualità e a prezzi stracciati, che esercita una pressione al ribasso sulle quotazioni di quello italiano, mettendo in difficoltà i produttori nazionali. Anche in Basilicata, come nel resto del Paese, secondo la Coldiretti, il consumo di miele si attesta a circa mezzo chilo pro capite all’anno, un dato inferiore alla media europea di 600 grammi e ben lontano dai 1500 grammi della Germania, come evidenziato dal Centro Studi Divulga.
CRISI CHE MINACCIA L’UOMO
Ma la crisi del miele arriva da lontano e minaccia l’uomo. Secondo il Wwf infatti oltre il 40% degli impollinatori invertebrati rischia l’estinzione nel mondo, mentre in Europa, quasi la metà degli insetti impollinatori è in declino e un terzo è minacciato di estinzione. Il WWF ha lanciato l’allarme in occasione della Giornata Mondiale delle Api con la pubblicazione del dossier “Il futuro in un volo d’ape: perché salvare gli impollinatori significa salvare noi stessi”, realizzato nell’ambito della campagna Our Future.
L’ALLARME DEL WWF
Il documento, che accende i riflettori su una crisi ambientale tanto silenziosa quanto drammatica, mette in evidenza come la sopravvivenza di api, farfalle, bombi e altri insetti impollinatori sia oggi minacciata da modelli agricoli insostenibili che necessitano di pesticidi, crisi climatica e perdita di habitat naturali. E con la loro sopravvivenza è a rischio anche la nostra.
LA GIORNATA MONDIALE DELLE API
Gli impollinatori garantiscono infatti la riproduzione di circa il 75% delle colture alimentari e del 90% delle piante da fiore selvatiche. Senza di loro, a rischio non c’è solo la biodiversità, ma anche la nostra alimentazione, la salute pubblica e la sicurezza economica. Alcuni alimenti di largo consumo (ad esempio zucche e zucchine, mele, mandorle, pomodori, fragole o cacao) dipendono in larga parte dall’impollinazione animale. Questo è quello che in gergo ambientale si definisce “servizio ecosistemico”, cioè un beneficio che la Natura ci dona gratuitamente. Come riporta il dossier, il valore economico dell’impollinazione è molto più elevato di quello derivante dai prodotti diretti dell’apicoltura (es. miele, polline, propoli).
GLI STUDI
Valutando una sola colonia di api, si stima una produzione di oltre 1.000 euro in frutti e bacche impollinate, contro i 240 euro ricavati dai prodotti dell’alveare. Non solo il valore economico che ricaviamo dal servizio delle api, va considerato ancora di più quello, quasi inestimabile, della salute e benessere delle persone. Secondo uno studio pubblicato su “Environmental Health Perspectives”, la drastica riduzione dell’impollinazione sta già contribuendo a circa 500.000 morti premature all’anno, a causa della diminuzione di frutta, verdura e frutta secca nella dieta. Uno squilibrio nella disponibilità di cibi sani, ricchi di vitamine e micronutrienti, come quelli garantiti dagli impollinatori, può aumentare l’incidenza di malattie croniche come diabete, tumori e patologie cardiovascolari. Ma a fronte di un problema così grave, le risposte politiche si dimostrano ancora troppo deboli.
MIELE E USO DI PESTICIDI
Nel 2018 l’Unione europea ha vietato l’uso all’aperto di tre neonicotinoidi – pesticidi noti per i loro effetti devastanti sulle api – ma resta consentito il loro utilizzo nelle serre e in molti Paesi, tra cui l’Italia, sono state concesse deroghe che ne permettono ancora l’impiego. Il recente ritiro da parte della Commissione UE del Regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi (SUR) ha rappresentato un passo indietro tanto nella protezione della biodiversità quanto, come conseguenza, nella tutela del nostro diritto alla salute.
LA CRISI DEGLI IMPOLLINATORI
«La crisi degli impollinatori non è un problema che riguarda solo la Natura, è una crisi che finisce per colpire direttamente noi: la nostra salute, il nostro benessere, la nostra sicurezza alimentare», sottolinea Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del WWF Italia, «e in un Pianeta in cui la popolazione è in crescita esponenziale e le risorse naturali sottoposte a un sempre più forte stress, non possiamo permetterlo. È indispensabile un cambio di rotta decisivo che in primis deve essere definito dalle nostre istituzioni: vietare le sostanze chimiche più dannose, aumentare le superfici agricole dedicate alla conservazione della natura, sostenere l’agricoltura biologica e promuovere l’agroecologia».
NECESSARIO INVERTIRE LA ROTTA
In questo scenario critico, l’approvazione della Nature Restoration Law da parte dell’Unione europea rappresenta un passo cruciale per invertire la rotta. Questa legge punta a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030, inclusi gli habitat agricoli essenziali per gli impollinatori. L’articolo 10 del Regolamento impegna tutti gli Stati membri dell’Unione europea a mettere in atto azioni per fermare il declino degli insetti impollinatori (Apoidei, Sirfidi e Lepidotteri) e rende obbligatoria la realizzazione di un monitoraggio costante per verificare lo stato di conservazione delle diverse popolazioni di insetti.
NATURE RESTORATION LAW
Per il WWF, è fondamentale che questa norma venga attuata con ambizione e concretezza, garantendo il recupero ecologico del paesaggio rurale e sostenendo pratiche agricole “nature positive” amiche della biodiversità. Senza interventi strutturali e vincolanti, il declino degli impollinatori continuerà a minacciare il nostro futuro alimentare e ambientale
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