Clima, Cesvi: dal 2018 triplicata fame acuta da siccità e inondazioni
- Postato il 4 novembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Clima, Cesvi: dal 2018 triplicata fame acuta da siccità e inondazioni
Roma, 4 nov. (askanews) – Le condizioni climatiche estreme, in
particolare siccità e inondazioni, nell’ultimo anno hanno spinto
oltre 96 milioni di persone in 18 Paesi verso l’insicurezza
alimentare acuta. Un dato più che triplicato rispetto ai 28,7
milioni del 2018 (+234%) e in forte aumento anche rispetto ai
71,9 milioni del 2023 (+ 33%), che segna un aggravamento senza
precedenti della crisi climatica e alimentare globale.
La denuncia arriva da CESVI, che, in vista della COP30 di Belém,
richiama gli allarmanti dati emersi dall’Indice Globale della
Fame 2025 (Global Hunger Index – GHI), curato da CESVI stessa per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (WHH), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (IFHV).
“I dati del GHI 2025 mostrano con chiarezza come gli eventi
climatici estremi stiano amplificando in modo drammatico
l’insicurezza alimentare, colpendo milioni di persone già
vulnerabili”, spiega il direttore generale di CESVI Stefano
Piziali.
“È indispensabile – aggiunge – implementare immediatamente
politiche di resilienza climatica efficaci, sostenere
investimenti nei sistemi alimentari sostenibili e garantire
finanziamenti adeguati per l’adattamento e la mitigazione dei
cambiamenti climatici, soprattutto nei Paesi più fragili. La
COP30 rappresenta un’occasione decisiva per riaffermare la
responsabilità collettiva di fronte a un rischio sistemico che
incide sulla stabilità economica globale e sulla giustizia
sociale e per fornire risposte concrete, coordinate e immediate”.
Gli eventi climatici estremi rappresentano la seconda principale
causa scatenante della malnutrizione dopo le guerre e spesso
questi due fattori precipitanti si sovrappongono e compenetrano,
come sta accadendo nella Striscia di Gaza, dove due anni di
conflitto hanno causato danni ambientali senza precedenti, che
richiederanno decenni per essere arginati. Attualmente, nella
Striscia risultano danneggiati il 97.1% delle colture arboree,
l’82.4% delle colture annuali, il 95.1% della macchia arbustiva e l’89% dei terreni erbosi o incolti e il suolo è contaminato da
munizioni, rifiuti solidi e acque reflue non trattate. Una
situazione che, oltre a rendere impossibile la produzione di cibo su larga scala, espone a gravi rischi di alluvione.
Inoltre, nell’area attualmente son presenti oltre 61 milioni di tonnellate di macerie in parte contaminate da amianto e sostanze chimiche industriali, una cifra 20 volte superiore al totale cumulativo di tutte le guerre precedenti a Gaza dal 2008. La situazione è drammatica anche sul fronte idrico: le riserve di acqua dolce sono severamente limitate e gran parte di ciò che rimane è inquinato.
Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e gli eventi meteorologici estremi hanno raggiunto
livelli record per intensità e frequenza, colpendo duramente i
sistemi agricoli e minacciando la sicurezza alimentare globale.
La crisi climatica, ormai non più episodica ma strutturale, è
oggi uno dei principali fattori che alimentano la fame nel mondo. Nel solo 2024 si sono registrati 393 disastri naturali, che hanno causato oltre 16mila vittime, colpito più di 167 milioni di persone e provocato perdite economiche per oltre 241miliardi di dollari. In questo scenario, il Corno d’Africa e il Pakistan rappresentano due dei casi più emblematici: territori duramente colpiti da eventi climatici estremi, dove siccità prolungate e alluvioni devastanti stanno alimentando una spirale di malnutrizione e vulnerabilità sociale che minaccia milioni di vite.
Il Corno d’Africa continua a essere teatro di una delle crisi
alimentari più gravi degli ultimi decenni, dove la siccità
prolungata e i fenomeni climatici estremi stanno mettendo in ginocchio milioni di persone. La regione ha registrato cinque stagioni consecutive di mancate piogge, la peggiore siccità degli ultimi quarant’anni, con effetti devastanti in Etiopia, Kenya e Somalia, che secondo Indice Globale della Fame 2025 registrano un livello di fame da grave (Etiopia e Kenya) ad allarmante (Somalia).
Nel 2024, quasi 50 milioni di persone nell’area hanno sofferto di insicurezza alimentare acuta. In Somalia, il Paese che secondo l’Indice Globale della Fame ha il livello di fame più grave al mondo, le famiglie che hanno segnalato siccità o stress da calore come principale shock climatico sono passate dal 4% nel 2021 al 45% nel 2023. In Etiopia, invece, la combinazione di siccità, conflitti e inflazione continua a ostacolare l’accesso al cibo e ai servizi essenziali.
Nel Corno d’Africa, la malnutrizione non è solo una conseguenza
della crisi climatica, ma anche il suo riflesso più drammatico:
ogni stagione secca riduce la produzione alimentare, fa salire i
prezzi e indebolisce la resilienza delle comunità, rendendo la
ripresa sempre più difficile.
Proprio mentre la regione cercava di riprendersi dagli effetti
economici della pandemia di COVID-19, una siccità senza
precedenti, durata tre anni (2020-2023), ha colpito l’Africa
orientale, causando un forte aumento dell’insicurezza alimentare
acuta e della malnutrizione. I mezzi di sussistenza pastorali
nell’Etiopia meridionale, nelle aree aride e semi-aride del Kenya e nella maggior parte della Somalia sono stati devastati.
In questo contesto, CESVI è impegnata in Somalia attraverso un
approccio integrato che combina interventi salvavita di
prevenzione e cura della malnutrizione a Mogadiscio, con azioni
volte a rafforzare le comunità vulnerabili nella regione del
Lower Shabelle. In Etiopia opera, in particolare nella Regione
dell’Oromia e nel Sud del Paese, per rafforzare la resilienza
delle comunità più colpite, garantendo accesso all’acqua
attraverso distribuzione di acqua potabile e la costruzione o
riabilitazione di pozzi. L’organizzazione promuove inoltre
progetti di sviluppo agricolo sostenibile e adattato al clima e
attività generatrici di reddito per favorire l’autonomia e la
ripresa delle famiglie vulnerabili, valorizzando in particolare
il ruolo delle donne e la coesione tra gruppi comunitari per
trasformare le sfide ambientali in opportunità di pace, sviluppo
e autonomia.
Il Pakistan, che, secondo l’Indice Globale della Fame 2025 ha un
livello di fame grave, è uno dei Paesi più colpiti al mondo dagli effetti della crisi climatica, con fenomeni meteorologici estremi e malnutrizione che si alimentano a vicenda. Inondazioni
ricorrenti, ondate di calore record e lunghi periodi di siccità
stanno compromettendo la sicurezza alimentare e mettendo a
rischio milioni di persone.
Dopo le gravissime esondazioni che nel 2022 hanno sommerso un
terzo del Paese e colpito più di 33 milioni di persone e le
successive alluvioni del 2023, nel corso del 2025 il Paese è
stato nuovamente messo in ginocchio da fenomeni meteorologici
estremi.
Quest’anno il Pakistan ha vissuto una violentissima stagione
monsonica, con oltre 6,9 milioni di persone colpite e più di
mille vittime. Le piogge eccezionalmente intense tra luglio e
settembre hanno provocato inondazioni e frane nelle province di
Balochistan e Sindh, causando perdite di raccolti e danni diffusi alle infrastrutture agricole.
A peggiorare la situazione, temperature superiori ai 45°C e
periodi prolungati di siccità hanno ridotto la disponibilità di
acqua e alimenti, aggravando ulteriormente la crisi agricola.
Gli effetti combinati di eventi climatici estremi, povertà
diffusa e servizi di base fragili hanno alimentato una crisi
nutrizionale di lunga durata: oggi il 40% dei bambini sotto i
cinque anni soffre di malnutrizione cronica, 2,2 milioni di
persone sono colpite da malnutrizione acuta grave e oltre 11,8
milioni vivono in condizioni di insicurezza alimentare acuta.
Il Quotidiano del Sud.
Clima, Cesvi: dal 2018 triplicata fame acuta da siccità e inondazioni