Cinque ragioni per cui la nuova maturità di Valditara è scollata dalla realtà
- Postato il 30 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Serena Cavalletti*
Eppure il vento continuerà a soffiare: non sarà obbligandoli a presentarsi alla prova orale che gli studenti verranno messi a tacere, perché i nodi che la loro protesta portava al pettine non verranno districati. Ci saranno altre esternazioni, dimostrazioni di disagio, richieste d’aiuto e il ministro non potrà continuare a derubricarle come “bravate” o esprimere una reprimenda a mezzo riforma ogni volta che accadrà.
Ci sono alcuni aspetti che caratterizzano la politica di questo Ministero e che compaiono nella loro evidenza in questa nuova emanazione.
Il principio d’autorità. Le destre di governo tendono a interpretare il dissenso e il disagio sociale come un problema di ordine pubblico. Pertanto delegano alla scuola il ritorno al rispetto dell’autorità che viene considerato la panacea, a sprezzo invece di un lavoro serio di ascolto e la creazione di un percorso proattivo di soluzione dei problemi. Ovvio, la repressione è a costo zero, le risorse pratiche richiedono investimenti.
Così arriva l’elaborato di cittadinanza attiva da presentare all’orale se si arriva con 6 in condotta e l’impossibilità di accedere alla fascia più alta del credito con voto inferiore a 9. Tutto sta capire cosa significhi “condotta”.
Normalizzazione delle disuguaglianze. Il curriculum dello studente verrà allegato al diploma ed esso comprende la buona resa dei Pcto, che dipende molto dalla compatibilità tra l’alunno e il contesto in cui viene inviato ed è quindi casuale, e le esperienze extrascolastiche, che sono molto legate alle possibilità delle famiglie e al territorio; sappiamo che esistono contesti di grande povertà educativa che non offrono alcuna opportunità e non per demerito dello studente.
Il richiamo al passato. “Maturità”, così come viene convertito il nome da “Esame di Stato”, non ha alcun senso. Nel terzo millennio le identità sono mobili per tutta la durata della vita così come la formazione è permanente. Il simbolico di un nome antico è il dispositivo di rassicurazione per le masse: di fronte a un presente e un futuro posti come minaccia, il riferimento al passato, certamente idealizzato e non replicabile, è una strategia. Ne fa parte anche la selezione della quattro materie (ai nostri tempi erano due): se era riduttivo allora figuriamoci oggi, nella visione sistemica e integrata del sapere nella formazione della persona.
Ossessione per l’orientamento. Tutto per questo Ministero ha valore orientativo, ora anche la Maturità e non in funzione del successo formativo, ma perché deve svettare l’istruzione tecnica e professionale così come nel modello 4+2, Confindustria lo chiede, il Nord industrializzato lo chiede. Così l’orientamento non è concepito come un percorso di scoperta di sé e delle proprie aspirazioni, delle attività in cui ci si sente di fiorire, ma eterodiretto in funzione delle esigenze di mercato.
Sfiducia nel corpo docente. L’istituzione di corsi di formazione qualificanti per esercitare la funzione di commissari d’esame è un insulto a chi vive ogni giorno la valutazione come parte integrante della propria professione. Non sarà obbligatorio frequentarli, ma a chi lo farà verrà data una precedenza nel venire nominato, così anche l’indennità da commissario avrà meno valore in termini di relazione tra il compenso (invariato) e il tempo destinato.
Non è ancora chiaro tra l’altro quali saranno gli enti autorizzati a gestire questa formazione, ma lo attendiamo con ansia visto che sono preventivati fino a 11 milioni di euro di spesa. Questo a fronte di una legge di bilancio che prosegue nel taglio di finanziamenti alla scuola, dunque in barba ai fondi per il funzionamento, per le sostituzioni, per l’assunzione degli specialisti alla primaria, in barba alla stabilizzazione dei precari nel sostegno e all’assunzione dei vincitori di concorso che ora subiscono l’ingiustizia di doverne dare un altro.
Il ministero di Valditara prosegue nella sua opera non solo di scollatura tra il mondo reale e la scuola, ma anche di frontespizio di produttività del governo Meloni che ha disatteso praticamente tutte le sue promesse elettorali, tranne forse la lotta all’inesistente ideologia gender. I ragazzi che hanno disobbedito lo scorso luglio invece hanno ottenuto molto di più. Hanno comunicato che dobbiamo smetterla di dire che sono “il futuro” rimandando loro continuamente la possibilità di contare: loro sono anche il presente, sono un’identità che vive adesso e che chiede la possibilità di partecipare nella definizione del proprio mondo.
*docente componente del Consiglio Superiore delle Pubblica Istruzione
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