Cinque anni per avere il Reddito di cittadinanza. Giudici condannano l’Inps: “Paghi e cessi la discriminazione”
- Postato il 16 ottobre 2025
- Lavoro
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
La Corte d’Appello di Milano, sezione lavoro, ha posto fine a una lunga controversia che vedeva coinvolti sei cittadini romeni, assistiti dall’avvocato Alberto Guariso dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) insieme alla Comunità di Sant’Egidio. Nel 2020, i sei stranieri eurocomunitari si erano visti revocare il Reddito di cittadinanza (Rdc) per mancanza del requisito dei dieci anni di residenza sul territorio nazionale, come inizialmente previsto dalla legge del primo governo Conte, e richiedere la restituzione delle somme percepite dall’Inps. La causa civile era giunta fino alla Corte Costituzionale che, con la sentenza 31/2025 del marzo scorso, aveva dichiarato incostituzionale il requisito decennale in quanto “irragionevole e discriminatorio nei confronti degli stranieri”, e indicando come limite massimo compatibile con i principi di uguaglianza quello dei cinque anni.
La Corte d’Appello milanese, con sentenza depositata il 15 ottobre 2025, ha recepito la decisione della Consulta, dichiarando “il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall’Inps. La Corte ha quindi ordinato all’Istituto di “cessare la condotta discriminatoria” e di riconoscere il Rdc ai cittadini eurocomunitari che “risultavano in possesso di residenza quinquennale in Italia al momento della presentazione della domanda in ossequio a quanto deciso dalla Corte Costituzionale”. Respingendo le tesi difensive dell’Inps, infatti, i giudici hanno stabilito che la dichiarazione di possedere il requisito decennale, seppur fatta dagli interessati, era giuridicamente irrilevante in quanto basata su un requisito incostituzionale. Di conseguenza, le somme percepite non dovranno essere restituite, mente l’Istituto è stato condannato a “corrispondere a ciascun appellante l’importo spettante a titolo di Rdc nella medesima misura riconosciuta al momento della sospensione sino al completamento del periodo di 18 mesi”.
Il provvedimento della Corte non si limita ai soli ricorrenti – precisa l’Asgi in un comunicato –, ma ha una portata generale, poiché ordina all’Inps di “riconoscere il reddito di cittadinanza a tutti coloro che ne avevano fatto domanda e avevano almeno 5 anni di residenza in Italia”, adottando ogni atto necessario per applicare la sentenza costituzionale. A sette mesi di distanza dalla pronuncia della Consulta, la sentenza di Milano ribadisce dunque l’urgenza di adeguamento da parte dell’Istituto. L’Asgi, inoltre, “sottolinea con rammarico come introdurre requisiti illegittimi nelle misure di contrasto alla povertà abbia impedito a persone bisognose di accedere a queste misure, giungendo solo oggi, dopo molti anni, a veder riconosciuta l’erroneità della scelta legislativa e il suo contrasto con i principi costituzionali”.
E contando che dagli errori si possa imparare qualcosa, Asgi conclude con un appello “alle forze politiche affinché analoghe scelte non si ripetano nella legislazione attuale che, ancora oggi, esclude dalle misure di contrasto alla povertà troppe persone, in un contesto in cui, come recentemente certificato dall’Istat, oltre 5 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà assoluta”. Parole in linea coi dati messi in fila dalla Caritas, che ha bocciato le nuove misure di contrasto alla povertà introdotte dal governo Meloni, ricordando, tra l’altro, che nonostante la riduzione da 10 a 5 anni del requisito di residenza, la diminuzione percentuale nel numero di nuclei beneficiari è stata maggiore per gli stranieri (-40%) rispetto agli italiani (-35%). Inoltre, gli stranieri costituiscono il 31% delle famiglie in povertà assoluta, ma solo il 9% dei percettori della nuovo Assegno di inclusione che dal 2024 ha sostituito il Rdc.
L'articolo Cinque anni per avere il Reddito di cittadinanza. Giudici condannano l’Inps: “Paghi e cessi la discriminazione” proviene da Il Fatto Quotidiano.