Cinema e soldi pubblici: quando le film commission regionali finanziano tutto, tranne il territorio

  • Postato il 31 maggio 2025
  • Di Panorama
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«Al mio segnale scatenate l’inferno». La sua passione per il cinema era chiara già dieci anni fa. Erano i tempi della prima campagna elettorale per la presidenza della regione. Quella citazione fece guadagnare a Michele Emiliano l’ambito soprannome: «Il gladiatore». Come Massimo Decimo Meridio, il generale romano interpretato da Russell Crowe, anche il governatore pugliese non s’è mai sottratto al duello. È pure barbuto, arcigno e ben piazzato. Ricorda vagamente l’attore americano. Quella passione, comunque, ce l’ha nel sangue. Così, ha deciso di trasformare la regione nell’eldorado del cinema.

Apulia film commission è la sua scintillante biga. Solo l’anno scorso ha investito 13,2 milioni di euro per finanziare la bellezza di 64 opere: 22 lungometraggi, 18 corti, 13 documentari, sette progetti di animazione, quattro serie televisive. Ministero della Cultura, scansati. Alessandro Giuli mette sul piatto 91 milioni, da spartire in tutta la nazione? Il gladiatore di Bari Vecchia rilancia con oltre 13 milioni, sborsati solo dalla Puglia. Il ministro cerca di smantellare il predominio sinistrorso, fatto di contributi generosi e incassi ridicoli? Il governatore è osannato da produttori e registi per la sua lungimiranza, alimentata da rara generosità.

Eppure, i sostanziosi aiuti delle regioni spesso vengono assegnati con criteri bizzarri. Si finanzia di tutto: dalla pellicola Lacapappost’ alla serie Falegnami ad alta quota. Sono appena iniziate le riprese di Caro mondo crudele, per esempio. Temporanea sinossi: «Commedia nera dai toni pop ambientata alla fine degli anni Novanta». È una delle tantissime opere selezionate da Apulia film commission: ha ricevuto 316 mila euro. Soldi destinati, si spiega, per coprire le spese sul territorio: comparse, noleggi, location. Perfino se il film non è ambientato in Puglia. Difatti, Caro mondo crudele si gira in Maremma. E poi il film è prodotto da Disparte. Tra i soci c’è Martina Lovascio, che lavora anche per la commissione pugliese «nel processo di valutazione per i fondi regionali». Un ipotetico conflitto d’interessi, quindi. Limpidissimo, persino. Dettagliato su LinkedIn e nei curriculum che si trovano in rete.

Tra gli altri progetti finanziati nel 2024 c’è pure l’opera prima, come regista, di Roberto Saviano: Sono ancora vivo. S’è accaparrata 498 mila euro. «È il film con il quale ho deciso di riportare sullo schermo quello che fino a oggi ho vissuto» spiega lo scrittore casertano. È tratto dall’omonima graphic novel, firmata assieme al fumettista israeliano Asaf Hanuka. Racconta dunque la vita di un’eroe della sinistra tricolore: minacciato e finito sotto scorta dopo aver pubblicato Gomorra. La pellicola d’animazione, che dovrebbe uscire l’anno prossimo, è ovviamente ambientata in Campania. Il decisivo particolare non sembra però aver ostacolato la partecipata pubblica pugliese. Ha deciso comunque di contribuire con quasi mezzo milione di euro al film dell’onnipresente Saviano. Va sommato all’aiuto ottenuto della regione natìa: altri 149,6 mila euro. Ragguardevole totale: quasi 647 mila euro.

Per restare in tema. Ulteriori 450 mila euro sono stati concessi da Apulia film commission ai Casi dell’avvocato Guerrieri, personificato sullo schermo da Alessandro Gassmann. La serie tv si basa sui libri di un’altra leggenda del progressismo nazionale: l’ex senatore del Pd, Gianrico Carofiglio. Mentre risale al 2023 il finanziamento da 320 mila euro per Palazzina Laf, che vanta come protagonista Elio Germano. Ovverosia: l’attore diventato il simbolo della rivolta contro Giuli, supposto «responsabile della crisi del cinema italiano». L’aiuto si aggiunge ai 200 mila euro di «contributi selettivi» del ministero e a un milione ottenuto come tax credit. Totale del supporto ricevuto da Palazzina Laf: oltre 1,5 milioni. Ben oltre gli incassi, fermi a poco più di un milione.

È il solito copione del cinema italiano, tenuto in piedi dai soldi pubblici. Il caso del film sull’Ilva di Taranto, per cui Michele Riondino ha vinto il David di Donatello come migliore attore, è quasi la regola. Alle sovvenzioni statali, quasi sempre si aggiungono i contributi delle film commission. Solo che, nel caso delle Regioni, la logica della concessione non sembra più il presunto valore artistico di film, documentari e serie. Quel che conta, invece, sarebbe solo l’eventuale pubblicità per i territori e l’impiego di maestranze locali.

Il Gladiatore di Bari Vecchia è il più munifico. Prima di lui, l’inarrivabile è stato però Nicola Zingaretti: l’ex governatore del Lazio, adesso europarlamentare del Pd, meno virilmente soprannominato «Er saponetta». Ventitré milioni destinati alla causa ogni anno. Il fratello di Luca, l’indimenticabile commissario Montalbano televisivo, si vantava: «Siamo la prima regione in Italia per investimenti sul cinema e la terza in Europa! E sapete perché è importante? Perché tutto questo non significa solo sostenere il buon cinema, ma creare occasioni concrete di sviluppo e lavoro sul territorio». Non solo, purtroppo. Nel 2022, la Guardia di finanza ha scoperto che quattro case di produzione avrebbero incassato danari pubblici con documentazione farlocca. Un raggiro da 700 mila euro. Tra i rinviati a giudizio c’è pure il regista Claudio Marini, già condannato per violenze sessuale su nove aspiranti attrici. Avrebbe ottenuto fondi illeciti per Il segreto di Mandy.

In Sardegna, Corte dei conti e Procura indagano invece sul buco da un milione di euro. L’Autorità nazionale anticorruzione ha chiesto maggiore trasparenza alla film commission regionale. Intanto, è stato nominato un direttore generale temporaneo: il funzionario regionale Matteo Frate, che però è un esperto di edilizia scolastica. In Calabria, invece, il presidente è Anton Giulio Grande, stilista di Lamezia Terme. Proprio nel capoluogo nasceranno gli studios per le fiction televisive. Nel frattempo, «il sostegno alle produzioni audiovisive» arriva a 5,9 milioni di euro.

Più o meno quanto destina alla causa la Sicilia. L’anno scorso i contributi si sono concentrati su pochi e blasonati progetti: come Il Gattopardo, che ha ricevuto un milione. La miniserie andata in onda su Netflix, ispirata al libro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, non ha incantato tutti. Ma esalta indubitabilmente le bellezze dell’isola.

Tra i film finanziati, però, c’è anche Queer. Il protagonista è Daniel Craig, celebre per aver interpretato James Bond. Il regista è Luca Guadagnino, rinomato alfiere del più sfrenato wokismo. Per questo, è spesso riverito ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo. L’ultima volta ha definito Giorgia Meloni una «provinciale», «mascotte di Trump» e «di quel gruppo di uomini». La premier, insomma, farebbe parte «di un’estrema destra con dei toni che esprimono sempre qualcosa di sinistro». Lo scarsamente patriottico regista, dunque, ripara nella sua isola.
Dalla Sicilia film commission ha ottenuto 485 mila euro. A cui vanno aggiunti 17,8 milioni ricosciuti dallo Stato come tax credit. Queer è tratto dal romanzo incompiuto Checca, scritto da William S. Burroughs. Un viaggio allucinato tra inusuali droghe e locali sordidi. La storia è ambientata soprattutto a Città del Messico. Cosa c’entra allora la Sicilia? Poco o niente. Alcune scene sono state girate nell’isola, poi debitamente mascherata da Centroamerica. Così la Kalsa diventa un mercato degli anni Quaranta. Mentre Selinunte si trasforma nella foresta pluviale. Per il palermitano Guadagnino nessun luogo è lontano. Basta ottenere il giusto riconoscimento.

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Panorama

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