Cinema e musica. Una lista dei migliori biopic contemporanei?
- Postato il 1 agosto 2025
- Musica
- Di Artribune
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Cosa resta di una voce, quando la musica si spegne? Cosa rimane del corpo, quando diventa icona? I biopic musicali non raccontano semplicemente la vita di chi ha fatto la storia del pop, del rock, della canzone: disegnano un territorio di negoziazione tra verità e finzione, tra identità vissute e identità performate, tra la materia fragile dell’esistenza e l’idealizzazione pubblica.
Il ritratto intimo di Judy Garland
In questo paesaggio narrativo si collocano alcune delle opere più interessanti degli ultimi anni, capaci di scardinare il format biografico tradizionale e restituire qualcosa che assomiglia, più che a una cronaca, a un ritratto interiore. Come Judy (2019), il film di Rupert Goold che illumina l’ultimo inverno di Judy Garland e la trasforma in un’icona tragica. Non la diva, ma la donna: spossata, sfinita, consumata da un sistema che l’ha creata per poi divorarla. Renée Zellweger – che per questa interpretazione ha vinto il Premio Oscar come Miglior attrice – non si limita a imitarla: la ricrea, corpo e voce, fragile e furiosa. La musica è lì, ma è come se provenisse da un altrove doloroso.
Christa Päffgen lontano dal glamour
Anche Nico, 1988 (2017) di Susanna Nicchiarelli – presentato in anteprima mondiale nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema conquistando pubblico e stampa – sceglie il crepuscolo anziché l’apice. Christa Päffgen, musa di Warhol e voce dei Velvet Underground, è qui una figura scabra, lontanissima dalla bellezza eterea che l’ha resa famosa. La regista italiana la segue nei suoi ultimi tour europei, tra disordine, dipendenze, residui di ideologia. Il racconto si spoglia di ogni glamour per dare spazio a un’umanità dissonante, spigolosa. Nico non è più l’immagine: è il rumore, il buio, la rottura.
Bob Dylan senza Bob Dylan
E se queste due opere si muovono nei margini del mito, un titolo precedente in decennio, I’m Not There (2007) di Todd Haynes lo frantuma deliberatamente. Questo film su Bob Dylan è un anti-biopic, un mosaico di identità fluide. Sei attori, tra cui Cate Blanchett, incarnano altrettante maschere del cantautore. Dylan non è mai “Bob Dylan”, ma sempre qualcos’altro: il fuggitivo, il menestrello, il profeta, il ribelle. Haynes compone una sinfonia disordinata che mette in crisi la nozione stessa di autenticità. Perché in fondo, che cos’è una biografia se non un racconto tra gli altri?
Elton John, emotivo e struggente
Al contrario, Rocketman (2019) – uno dei film più belli e intensi di questo primo quarto di secolo – abbraccia l’artificio con entusiasmo. Il film su Elton John è un musical esplicitamente teatrale, in cui la musica non illustra, ma interpreta. Le canzoni diventano soglia narrativa, accesso all’inconscio. Taron Egerton canta, balla, esplode sullo schermo: non somiglia tanto a Elton John quanto al suo fantasma emotivo. È un’opera che parla di caduta e rinascita, di eccesso e confessione, e che sceglie la favola come forma più sincera.
Robbie Williams, grande showman
Proprio sul confine tra realtà e spettacolo si colloca Better Man (2024), il biopic su Robbie Williams firmato da Michael Gracey – film incomprensibilmente non fortunato al cinema – che vede un bambino timido che vive in una cittadina dello Staffordshire diventare una superstar con tutte le note di gioia e di dolore che ne possono conseguire. Robbie Williams ha qui i panni di una scimmia realizzata in grafica computerizzata e basata sull’attore e ballerino Jonno Davies, l’attore con addosso una tuta da motion capture che mima i movimenti e le espressioni del vero cantautore. Gracey, già regista di The Greatest Showman, ha realizzato un’opera eccentrica, spiazzante, mescolando più dimensioni quella del videoclip, del sogno e della confessione personale.
La musica come protagonista cinematografica
In tutti questi film ripercorsi ed elencati la musica non è mai solo colonna sonora. È tessuto drammaturgico, codice emotivo, motore narrativo. I biopic musicali funzionano come dispositivi ibridi: archivi affettivi, percorsi psichici, spettacoli di identità. E se spesso rischiano l’agiografia, i titoli più riusciti sono quelli che rinunciano alla linearità, preferendo il frammento, l’ambiguità, la finzione dichiarata. Perché non si tratta di riprodurre la realtà, ma di farla vibrare.
Margherita Bordino
L’articolo "Cinema e musica. Una lista dei migliori biopic contemporanei?" è apparso per la prima volta su Artribune®.