“Ci screditano per assoggettarci alla politica”: l’Anm risponde agli attacchi del centrodestra. “L’accusa di secondi fini non è più tollerabile”

  • Postato il 17 novembre 2024
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Delegittimare la magistratura è operazione che lede la tenuta democratica del Paese”. L’Associazione nazionale magistrati mette per iscritto la risposta “istituzionale” alla nuova e feroce offensiva piombata sulle toghe dalla maggioranza di centrodestra, innescata, nelle scorse settimane, dalle decisioni che hanno bloccato i trattenimenti dei migranti in Albania. In un documento dal titolo “Il linguaggio della democrazia“, approvato all’unanimità dal Comitato direttivo centrale (il parlamentino dell’associazione) si contesta al governo di stare portando avanti “un attacco alla giurisdizione strumentale a screditare la magistratura, per preparare il terreno a riforme che tendono ad assoggettare alla politica il controllo di legalità“: cioè la separazione delle carriere, finalizzata, secondo i critici, a sottoporre i pm alle direttive dell’esecutivo. “Sostenere, senza alcun fondamento, che un magistrato ha adottato un provvedimento per perseguire finalità diverse da quelle proprie dell’esercizio della giurisdizione è un’accusa grave che non può più essere tollerata“, affonda l’Anm, in riferimento agli attacchi subiti in particolare dai giudici delle Sezioni specializzate sull’immigrazione, definiti “comunisti” ed “eversivi“.

Un passaggio della delibera è dedicato al caso di Marco Gattuso, il presidente del collegio di giudici di Bologna che ha rinviato per primo alla Corte di giustizia europea il decreto del governo sui Paesi sicuri, sospendendone l’applicazione. In seguito a quella decisione, Gattuso era stato “profilato” da un articolo del quotidiano La Verità in cui si raccontava del figlio avuto insieme al suo compagno, nato in California da gestazione per altri. “Il linciaggio mediatico cui un certo giornalismo si è prestato ha colpito i giudici e la loro naturale tensione a decidere liberi dalle proprie convinzioni e passioni: scrutare la vita delle persone, riportando le loro vicende intime, del tutto prive di rilevanza pubblica, è condotta non in linea con l’etica giornalistica”, sottolinea l’Anm. Le righe successive, invece, si riferiscono alla richiesta del centrodestra di punire Stefano Musolino, pm a Reggio Calabria e segretario della corrente progressista di Magistratura democratica, per un suo intervento critico sul ddl Sicurezza: “La libertà di manifestazione del pensiero appartiene al magistrato anche quale cittadino, che la esercita, anche nel dibattito pubblico, con senso di responsabilità e rispetto dell’elevata funzione giurisdizionale svolta”. Il Comitato direttivo conclude invitando “ogni attore politico al rispetto del principio costituzionale della separazione dei poteri e di autonomia e indipendenza dell’ordine giurisdizionale” e deliberando l’invio del documento al Consiglio superiore della magistratura e al Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti. Non è entrata nel testo, invece, la proposta della corrente conservatrice di Magistratura indipendente di chiedere i danni in sede civile per gli articoli considerati diffamatori nei confronti della magistratura e dei magistrati.

Un altro documento, anch’esso passato all’unanimità, denuncia le conseguenze organizzative delle mosse che il governo ha messo in campo per depotenziare le Sezioni immigrazione, considerate politicizzate: prima la reintroduzione, con il decreto Flussi, del ricorso in Appello contro i provvedimenti dei Tribunali, poi la proposta, contenuta in un emendamento della relatrice allo stesso provvedimento, di attribuire alle Corti di secondo grado la competenza a decidere sui trattenimenti. Il ripristino dell’Appello, scrive l’Anm, “sconvolgerà l’assetto organizzativo delle Corti”: “Il ritorno al doppio grado di merito metterà in ginocchio le Corti territoriali, compromettendo irreversibilmente la loro capacità di centrare gli obiettivi imposti dal Pnrr” sullo smaltimento dell’arretrato e sui tempi della giustizia, e quindi rischiando di far perdere miliardi di finanziamenti europei. “La definizione rapida dei processi d’Appello, anche in materie delicate come quelle della famiglia e delle persone, sarà resa più difficoltosa in quanto dalle prime stime (realizzate dall’ufficio statistico del Csm, ndr) si prevede che le Corti saranno gravate da sopravvenienze di trentamila procedimenti all’anno, da definire peraltro in tempi ristrettissimi. L’inserimento di un nuovo grado di impugnazione allungherà inoltre l’iter d’accertamento dello status dell’immigrato e determinerà il rischio di una permanenza maggiore in Italia di chi potrebbe non avere diritto a soggiornarvi”.

L’emendamento al decreto flussi, invece, “ove accolto dal Parlamento, aggraverà la situazione organizzativa delle Corti di appello, che saranno chiamate, per decisione che appare priva di ragionevolezza, a svolgere, senza corrispondenti aumenti dell’organico, le attribuzioni che fino ad oggi sono di competenza, per ovvia coerenza sistematica, delle sezioni specializzate dei Tribunali”, sottolinea l’Anm. “Non è dato comprendere il senso dello spostamento di competenza: quel che può ipotizzarsi è che sia conseguenza delle decisioni assunte da alcune Sezioni specializzate ed aspramente criticate da vari esponenti politici”, prosegue il documento. Che conclude invitando il ministro della Giustizia Carlo Nordio ad adoperarsi per scongiurare il rischio di un irragionevole aggravamento della già fragile struttura organizzativa delle Corti di appello, al fine di non condannare al fallimento lo straordinario impegno degli uffici giudiziari per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr”.

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Il Fatto Quotidiano

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