“Chi prende l’Ozempic ha meno rischi di contrarre 42 malattie e di soffrire di ansia e depressione”: gli incredibili risultati del nuovo studio
- Postato il 20 febbraio 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni

I benefici dei nuovi farmaci anti-obesità superano i rischi, ma se assunti appropriatamente. Queste, in estrema sintesi, sono le conclusioni del più ampio studio sull’argomento pubblicato sulla rivista Nature Medicine, a cui si vanno ad aggiungere le evidenze positive sull’argomento emerse in occasione del XXVI congresso nazionale della Società di Neuro Psico Farmacologia (SINPF), in corso a Milano.
I nuovi farmaci anti-obesità come l’Ozempic sono composti simili ad ormoni naturalmente presenti nel nostro organismo, detti agonisti o analoghi del glucagon like peptide 1 (GLP-1), per i quali sono disponibili evidenze crescenti in termini di efficacia, oltre che per il trattamento del diabete e dell’obesità, anche per altre patologie.
Decine di studi suggeriscono che gli agonisti del GLP-1 potrebbero anche ridurre il rischio di una serie di altre condizioni, dalle malattie cardiache alla demenza ai disturbi da uso di sostanze. Questi studi hanno coinvolto centinaia o migliaia di persone e si sono concentrati solo su una o poche condizioni alla volta, ma milioni di persone ora usano i farmaci, il che significa che possiamo indagare effetti meno frequenti. Per ottenere un quadro più completo, un gruppo di ricercatori della Washington University di Saint Louis, Missouri, ha esaminato le cartelle cliniche di oltre 200.000 persone con diabete che hanno assunto agonisti del GLP-1 in aggiunta al loro trattamento standard per un periodo di quattro anni. Hanno anche esaminato 1,2 milioni di persone con diabete che hanno ricevuto solo cure standard nello stesso periodo e hanno valutato i rischi di entrambi i gruppi di sviluppare 175 diverse condizioni di salute. I ricercatori hanno scoperto che coloro che assumevano agonisti del GLP-1 avevano un rischio inferiore di 42 condizioni. Ad esempio, il loro rischio di infarti si è ridotto del 9% e il loro rischio di demenza è sceso dell’8%. Le probabilità che questo gruppo avesse pensieri suicidi o disturbi da uso di sostanze, tra cui dipendenza da alcol e oppioidi, sono diminuite di circa un decimo, anche quando i ricercatori hanno tenuto conto di fattori che potrebbero influenzare i risultati, come età, sesso e livelli di reddito dei partecipanti.
Tuttavia, lo studio ha fatto emergere anche degli svantaggi per le persone che assumevano farmaci GLP-1. Ad esempio, chi prende questi farmaci sembra avere più probabilità di sperimentare effetti collaterali noti, tra cui nausea e vomito, insieme ad altri non descritti in precedenza. Questi includono un rischio maggiore del 15% di calcoli renali e più del doppio del rischio di infiammazione del pancreas o di pancreatite indotta da farmaci. In totale, i rischi sono risultati più alti per 19 condizioni, mentre per la maggior parte delle patologie valutate, tra cui bronchite, artrite reumatoide e disturbo ossessivo-compulsivo, l’assunzione di farmaci GLP-1 non ha avuto un impatto significativo.
Di certo sembrerebbe confutata l’ipotesi di un legame tra i nuovi farmaci anti-obesità e il rischio di pensieri suicidi. “I timori iniziali circa gli effetti collaterali stanno iniziando a essere progressivamente sostituiti da nuove speranze”, evidenzia Claudio Mencacci, direttore emerito di psichiatria all’ospedale Fatebenefratelli di Milano e co-presidente SINPF. Uno studio del National Institute on Drug Abuse (NIDA), americano, pubblicato recentemente sul Nature Medicine, ha dimostrato come le persone che assumono semaglutide – e che non hanno una storia pregressa di ideazione suicidaria – hanno fino a quattro volte di probabilità in meno di avere pensieri suicidari. Mentre i pazienti con una storia di ideazione suicidaria che assumono semaglutide, hanno un rischio dimezzato. “In sostanza, non si è solo dimostrato che questi farmaci non aumentano il rischio di pensieri suicidari come precedentemente ipotizzato, ma che ne riducono il rischio nei soggetti più vulnerabili”, aggiunge Mencacci.
Effetti potenzialmente positivi sono stati riscontrati anche sul fronte dei disturbi dell’alimentazione. “Si sta studiando la possibilità di utilizzare i GLP-1 anche nel trattamento del Binge Eating Disorder, il disturbo da alimentazione incontrollata – dice Matteo Balestrieri, già ordinario di Psichiatria all’Università di Udine e co-presidente della SINPF -. Le prime ricerche suggeriscono che i GLP-1 possono fornire un nuovo approccio farmacologico, agendo sulle vie di segnalazione della sazietà e della ricompensa alimentare coinvolte nell’ingestione di grandi quantità di cibo. Piccoli studi pilota e case report – continua – indicano riduzioni promettenti della frequenza delle abbuffate, del peso corporeo e delle comorbidità con GLP-1”.
Uno studio pubblicato da Epic Research ha concluso che la semaglutide può ridurre le probabilità di soffrire di ansia o depressione. Nel dettaglio i pazienti non diabetici che assumevano semaglutide avevano il 37% in meno di probabilità di ricevere una diagnosi di depressione, mentre i pazienti diabetici che assumevano il farmaco avevano un rischio ridotto del 45%. La differenza più significativa nell’incidenza dell’ansia è stata notata tra i pazienti diabetici che assumevano tirzepatide, altro farmaco GLP-1, che è stato collegato a una riduzione del 60% del rischio di ansia. “I dati di questo studio suggeriscono che i farmaci GLP-1 potrebbero avere un effetto positivo sulla salute mentale”, commenta Mencacci. “Tuttavia, non identificano una chiara relazione causale tra l’uso di questi farmaci e una riduzione dell’incidenza di ansia e depressione. Sono necessarie ulteriori informazioni per valutare i fattori che contribuiscono a queste correlazioni”, aggiunge.
Più solide sembrano essere le conclusioni di un altro studio della Case Western Reserve University School of Medicine (Cleveland, Ohio), pubblicato sulla rivista Nature Communications. Qui i ricercatori hanno scoperto che i pazienti obesi che assumono semaglutide hanno un rischio ridotto di sviluppare disturbi da abuso di alcol. “Lo studio – spiega Mencacci – ha dimostrato che il farmaco può influenzare il rilascio e l’attività di neurotrasmettitori come la dopamina, il cosiddetto ormone del ‘benessere’ del cervello, facendo sì che i pazienti non associno più l’alcol e altre droghe al piacere. In particolare, nello studio i pazienti obesi che hanno assunto semaglutide hanno beneficiato di una diminuzione tra il 50% e il 56% del rischio di disturbo da uso di alcol e di ricadute. Un altro studio della stessa università, pubblicato sulla rivista JAMA Network Open, ha dimostrato che la semaglutide riduce il rischio di overdose da oppioidi.
Ancora preliminari, ma comunque promettenti, sono i dati circa il legame dei farmaci GLP-1 con l’Alzheimer, dopo anni in cui molti tentativi di trovare cure per rallentare la malattia sono falliti. In uno studio pubblicato a ottobre scorso sulla rivista Alzheimer’s & Dementia, sempre i ricercatori della Case Western Reserve University, hanno analizzato le cartelle cliniche di oltre 1 milione di persone affette da diabete di tipo 2, considerato un fattore di rischio per l’Alzheimer, e hanno scoperto che coloro a cui era stato prescritto solo semaglutide avevano un rischio inferiore del 67 per cento di sviluppare la malattia durante un follow-up di tre anni rispetto a coloro che assumevano solo insulina. “Non è del tutto chiaro perché gli agonisti del GLP-1 sembrano rallentare o addirittura prevenire l’Alzheimer”, dicono Mencacci e Balestrieri. “Potrebbe dipendere ad esempio dal miglioramento della funzione metabolica nel cervello, che è la capacità dei neuroni di usare il glucosio per produrre energia. Le persone con Alzheimer – concludono – hanno delle compromissioni del metabolismo cerebrale, che possono contribuire al loro declino cognitivo. Altre possibili spiegazioni includono la riduzione dell’infiammazione da parte del semaglutide o il miglioramento dei fattori di rischio associati all’’Alzheimer, come il diabete di tipo 2”.
L'articolo “Chi prende l’Ozempic ha meno rischi di contrarre 42 malattie e di soffrire di ansia e depressione”: gli incredibili risultati del nuovo studio proviene da Il Fatto Quotidiano.