Chi è Samir Hulileh: l’imprenditore palestinese indicato per la leadership di Gaza dopo il conflitto
- Postato il 13 agosto 2025
- Di Panorama
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A sostenere il suo progetto c’è anche il controverso lobbista Ari Ben-Menashe residente in Canada e misteriosi donatori. Israele non commenta ma c’è chi crede che la diffusione del suo nome potrebbe essere stata orchestrata per comprometterne le possibilità. Non sarebbe né la prima né l’ultima volta che accade specie a queste latitudini.
Nonostante i combattimenti proseguano nella Striscia di Gaza, starebbe prendendo forma un piano per la fase successiva al conflitto, con al centro la figura di Samir Halilah, imprenditore palestinese che ha costruito la propria fortuna in Canada. Halilah è stato segretario generale del terzo governo dell’Autorità nazionale palestinese (2005-2006) guidato da Ahmed Qurei, scomparso lo scorso anno, e fino allo scorso marzo ha ricoperto la presidenza del Consiglio di amministrazione della Palestine Securities Exchange. Halilah, intervistato dall’agenzia palestinese Ma’an, vicina alle autorità di Ramallah, ha dichiarato che il suo nome avrebbe ricevuto anche l’approvazione di Hamas circostanza che di certo non è apprezzata a Gerusalemme. Il sito di notizie israeliano Ynet, citando fonti qualificate e «documenti presentati al Dipartimento di Giustizia», riferisce che si tratterebbe di un tentativo di introdurre a Gaza – sotto il controllo di Hamas dal 2007 – una figura sostenuta dalla Lega araba, accettabile sia per Israele sia per gli Stati Uniti, con l’obiettivo di avviare una transizione postbellica.Nell’intervista, Halilah ha precisato che la proposta di nominarlo governatore «è stata discussa all’interno della leadership palestinese ed è sul tavolo da un anno e mezzo» e che, soprattutto, «ha ricevuto il via libera di Hamas», un elemento che difficilmente troverà il favore di Israele.mL’agenzia Ma’an, oltre a confermare la candidatura, sostiene di disporre anche «dei dettagli di un accordo in fase di definizione» che includerebbe «la cessazione delle ostilità e il ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza». L’intesa prevederebbe inoltre «l’ingresso di contingenti arabi sotto supervisione statunitense» e la nomina di un governatore palestinese incaricato di «gestire le questioni civili, garantire la sicurezza e coordinare il processo di ricostruzione». Secondo Halilah, il progetto «stabilisce che l’amministrazione di Gaza sia posta sotto la supervisione di un comitato della Lega araba composto da sei membri – Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Autorità nazionale palestinese e Qatar – incaricati di gestire le attività civili e assicurare la sicurezza della Striscia». Sempre ieri è stata diffusa la notizia di un’iniziativa diplomatica egiziana che propone uno scambio integrale di ostaggi, accompagnato dalla richiesta a Hamas di deporre le armi e accettare il ritiro delle Forze di difesa israeliane sotto la supervisione congiunta di mediatori arabi, statunitensi e turchi.
Chi c’è dietro Samir Halilah
Sempre Yet scrive che a sostenere la candidatura di Hulileh vi è anche il controverso lobbista Ari Ben-Menashe, ex israeliano residente in Canada. Secondo lui, il progetto ha preso slancio dopo incontri negli Stati Uniti e contatti del candidato in Egitto. Economista di formazione e residente a Ramallah, Hulileh è considerato un volto di spicco della scena politica ed economica palestinese, con incarichi di alto livello nell’Autorità Nazionale Palestinese e una vasta rete di relazioni commerciali. La sua carriera comprende ruoli di primo piano: segretario generale del governo palestinese nel 2005, poi viceministro dell’Economia e del Commercio, presidente del Palestine Economic Policy Research Institute e del Palestine Trade Center, CEO della holding PADICO e presidente della Borsa palestinese. È ritenuto vicino al miliardario palestinese-americano Bashar al-Masri, promotore della città di Rawabi in Cisgiordania e noto per i suoi rapporti con l’amministrazione Trump. Secondo i registri statunitensi, Ben-Menashe si è accreditato come lobbista per Hulileh mesi fa, con l’obiettivo di promuovere la sua nomina.
L’idea alla base sarebbe affidare Gaza a una leadership palestinese sotto protezione USA e Lega Araba. Il piano, nato negli ultimi mesi dell’amministrazione Biden e accelerato con il ritorno di Trump, prevede anche la presenza di forze armate arabo-statunitensi nella Striscia, uno status speciale ONU, infrastrutture in Sinai, diritti di estrazione del gas al largo di Gaza e altre misure strategiche. Secondo Ynet Ben-Menashe, ex agente dell’intelligence israeliana di origini iraniane, vanta un passato a dir poco controverso: coinvolto nello scandalo Iran-Contras ( 1985-1986), assolto negli Stati Uniti, in seguito ha affermato di aver lavorato per il Mossad, dichiarazione smentita da Israele. Come lobbista, ha rappresentato figure come Robert Mugabe e governi militari di diversi Paesi africani e asiatici. Da Amman, Hulileh ha confermato di aver discusso il progetto con Ben-Menashe, spiegando di avergli versato 130.000 dollari su un contratto da 300.000. Dove prende tutti quesi soldi? Mistero. Per lui, il primo passo imprescindibile è un cessate il fuoco permanente. Si immagina come coordinatore della ricostruzione di Gaza, con l’obiettivo di far entrare fino a 1.000 camion di aiuti al giorno, aprire più valichi commerciali e ristabilire legge e ordine sotto un’amministrazione né legata a Hamas né all’Autorità Palestinese.Hulileh stima che la ricostruzione della Striscia richiederebbe 53 miliardi di dollari di investimenti, con contributi attesi dagli Stati del Golfo, ma vincolati a impegni concreti da Stati Uniti e Unione Europea. Ha inoltre notato segnali di apertura da parte di Israele verso una fine definitiva del conflitto, citando le parole dell’inviato di Trump, Steve Witkoff, secondo cui l’obiettivo è porre termine alla guerra e liberare tutti gli ostaggi in un’unica trattativa. L’iniziativa di Samir Halilah potrà davvero andare in porto? Molto dipenderà dalla posizione di Israele, e il fatto che il suo progetto risulti gradito ad Hamas non rappresenta certo la via più efficace per ottenere il via libera da Gerusalemme. Senza contare che la diffusione del suo nome potrebbe essere stata orchestrata per comprometterne le possibilità. Non sarebbe né la prima né l’ultima volta che accade specie a queste latitudini.